Luciana Bigliazzi, per tutti “la dottoressa Bigliazzi”, insieme alla sorella Lucia è la consulente per biblioteca e archivio dell’Accademia dei Georgofili, incaricata delle ricerche storiche e della cura del materiale librario della più antica Accademia di agricoltura del mondo.
In pratica, e sia detto con ammirazione, è un database vivente delle migliaia di volumi custoditi nella Torre de’ Pulci, nel cuore di Firenze. Competenza e passione.

Fra i ricordi indelebili, purtroppo, Luciana Bigliazzi custodisce per sempre quello del 27 maggio del 1993.
Sono passati 20 anni dall’attentato mafioso di via dei Georgofili (allora via de’ Pulci), che spaventò l’Italia, indignò il mondo, sventrò parte dell’Accademia (che ha la sua sede accanto agli Uffizi dagli anni Trenta), mise in ginocchio Firenze. E uccise cinque persone. Quarantotto i feriti.

Era l’1:04 del 27 maggio, quando l’autobomba esplose. Morirono i coniugi Fabrizio Nencioni (39 anni) e Angela Fiume (36 anni, lei era custode all’Accademia) con le loro figlie Nadia (9 anni) e Caterina (50 giorni di vita) e lo studente Dario Capolicchio di Sarzana (22 anni); 48 persone rimasero ferite.

“Io e mia sorella Lucia eravamo qui a fare il nostro lavoro. Ci fermammo fino a sera. La nostra finestra, allora, dava sulla strada via de’ Pulci, oggi via dei Georgofili, dove è stato parcheggiato il Fiorino. Il giorno dopo, mentre mi recavo al lavoro, scoprii che era saltata in aria la torre. Accorsi. C’era una voragine tremenda, solo alla sera potemmo saltare il cordone”.
Dal dramma alla solidarietà, Luciana Bigliazzi guida “su tappeti di vetro, per l’esplosione dei vetri”, i vigili del fuoco. “Accorsero moltissimi volontari – racconta con gli occhi lucidi – tanto che dovemmo organizzare dei turni e dei gruppi, perché eravamo in troppi”.
Fra i volontari, alcuni “angeli del fango”, che contribuirono a salvare il patrimonio artistico di Firenze in seguito all’alluvione della città nel 1966. Ma anche moltissimi giovani.
Luciana e Lucia Bigliazzi ebbero un ruolo determinante nel salvataggio delle migliaia di volumi dell’Accademia.


Luciana Bigliazzi
“Sapevamo dov’erano, come muoverci. E riuscimmo ad orientare i volontari della protezione civile, i vigili del fuoco, mettendo così in salvo il patrimonio bibliografico e documentario, che fu trasportato con ceste messe a disposizione da una dita privata che aveva provveduto, poco tempo prima, al trasloco dell’Archivio di Stato”.
Per il ricovero dei libri, o di ciò che ne restava, venne messa a disposizione la biblioteca magliabechiana, oltre il piazzale degli Uffici.
“I volontari fecero una catena di braccia per agevolare il trasferimento dei libri”. Intervenne anche il ministero dei Beni culturali, che istituì una commissione per dirigere le operazioni, sotto la guida di Carla Guiducci Bonanni.
“In cinque giorni – ricorda la dottoressa Bigliazzi avremmo potuto riaprire al pubblico la biblioteca”. Nel contempo i documenti dell’archivio erano stati tutti controllati, depositati all’Archivio di Stato e divennero oggetto di consultazione.
“Ci furono aiuti di ogni tipo: la Fai si fece promotrice di una raccolta di fondi, con la quale vennero acquistati libri antichi, la Unicoop di Firenze promosse ai centri commerciali la diffusione di 7-8 tavole provenienti dall’Hortus eystettensis, il poligrafico della Zecca dello Stato stanziò dei fondi per realizzare le gigantografie di foto che riproducevano i libri rovinati dalla bomba, venne realizzato un piccolo pieghevole e una mostra intitolata Libri violentati, con le foto di Angelo Faiazza”.
Fu una vera e propria riscossa globale. Le opere che andarono perse, non moltissime, in verità, vennero ripianate dalle donazioni.
Ma la città, entro i confini delimitati da Palazzo Vecchio, il Lungarno, i Georgofili, gli Uffici, sembravano un corpo estraneo, surreali. Uno choc indescrivibile. “Per un mese ebbi la sensazione di dormire su una voragine. Era un’altra città”.
Tre anni dopo, l’Accademia dei Georgofili ritornò a vivere nella Torre de’ Pulci.

Il presidente dell’Accademia dei Georgofili
Al momento dell’intervista abbiamo incontrato anche il presidente dell’Accademia dei Georgofili, il professor  Franco Scaramuzzi. L’attentato di 20 anni è una pagina della quale preferirebbe non parlare, per il dolore, ancora vivo, che suscita. Con fervore, il professore raccomanda di “trasmettere quello che accadde alle generazioni future, perché non dimentichino quanto accaduto e come si reagì”.
Evitiamo di porgli domande sull’argomento, ma riportiamo una frase che lo stesso Scaramuzzi pronunciò l’11 marzo del 1996, quando l’Accademia, dopo tre anni di restauri, poté riaprire i battenti, alla presenza del Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro.
“Non potrà andare perso mai il ricordo e il rimpianto per le cinque vittime di tanta barbarie. I Georgofili continuano a guardare al futuro dell’agricoltura, dell’ambiente, alla gestione del territorio con un orizzonte sempre più ampio e sempre più complesso, all’interno del quale c’è l’uomo, con tutti i suoi limiti. Il ricordo di questa esperienza aiuti a crescere i giovani in una dimensione umana migliore”.

Le manifestazioni del 20° anniversario
Per non dimenticare la triste ricorrenza, l’Accademia dei Georgofili ha organizzato una mostra fotografica, un’esposizione di acquerelli di Luciano Guarnieri (realizzati nei giorni successivi all’attentato dinamitardo), una proiezione di filmati.
All’esterno della Torre de’ Pulci sarà allestito un addobbo floreale, realizzato dalla Società Toscana di Orticoltura. La mattina del 27 maggio, alle ore 9, nella chiesa di San Carlo (via de’ Calzaiuoli) si celebrerà una santa messa in suffragio delle vittime.