Nel 2016 l’export dell’industria italiana del pomodoro e dei suoi derivati ha toccato il valore di 1,6 miliardi di euro, confermandosi uno dei punti di forza dell’agroalimentare italiano. Secondo i dati dell’Anicav, Associazione nazionale degli industriali delle conserve alimentari vegetali, circa il 60% della produzione è stata destinata ai mercati esteri, in particolare verso Germania e Regno Unito, mentre solo il 40%, circa 2 milioni di tonnellate, è stato consumato dal mercato interno.

Il primo paese di sbocco del prodotto italiano è, come già anticipato, la Germania, con 400mila tonnellate di prodotto importate, per un valore di 285 milioni di euro e una quota del 20%. Seguono Regno Unito (15%), Francia (7,3%) e Stati Uniti (6%). Fra i prodotti più apprezzati all’estero, il pelato intero e non intero continua ad essere la linea più richiesta, con quasi 1,3 milioni di tonnellate (+5,3%), nonostante la riduzione in valore del 2,4% rispetto al 2015. Cresce l’export dei pelati sul mercato asiatico, con un netto +5,85%. Fra i derivati, performance molto positiva (+5,5% in volume) per la passata, con un valore sostanzialmente stabile.

I mercati esteri rappresentano un’importante area di crescita per il nostro comparto – sottolinea Antonio Ferraioli, presidente di Anicav – ciò sta a significare che anche in tempi di crisi i consumatori scelgono la qualità. In un settore export oriented come il nostro, le esportazioni riescono ancora a bilanciare la stagnazione dei consumi interni”.

E’ determinante che le nostre imprese continuino a presidiare e cercare di ampliare la presenza nei mercati esteri puntando su una forte azione di comunicazione e valorizzazione delle produzioni di qualità – suggerisce il direttore di Anicav Giovanni De Angelisoggi più che mai è necessario spingere sulla promozione di quegli elementi che stanno alla base delle nostre eccellenze: qualità, tradizione, genuinità, forte legame tra prodotto e territorio, in una parola, tipicità. Ciò senza tralasciare la necessità di contrastare, sui mercati internazionali, il fenomeno dell’Italian sounding, che danneggia i nostri prodotti e ci toglie risorse economiche”.