La cronaca ci ha abituato a considerare il clima non più come qualcosa di prevedibile, ma piuttosto come una variabile insondabile con cui fare i conti. Spesso le stagioni ci riservano sorprese, con temperature e precipitazioni fuori media, mentre i fenomeni estremi si fanno sempre più frequenti. Questi cambiamenti portano conseguenze nefaste, soprattutto per il settore agricolo. L'Ipcc stima che le anomalie climatiche potranno provocare una riduzione della produttività agricola, da qui al 2050, compresa tra il 9% e il 21%.

Ecco perché ad Expo 2015, il cui motto è 'Nutrire il Pianta, energia per la vita', non si è potuto non parlare di come affrontare questi cambiamenti per assicurare ad una umanità in crescita costante il cibo necessario a sopravvivere. Una risposta alla sfida dei cambiamenti climatici sembra arrivare dall'agricoltura biologica che, secondo diversi studi, avrebbe il pregio di emettere in atmosfera meno gas ad effetto serra di quella tradizionale e di avere percentuali più alte di sequestro della Co2.

L'agricoltura contribuisce per l'11-12 per cento alle emissioni globali di gas serra”, ha spiegato Lorenzo Ciccarese, ricercatore dell'Ispra, durante il convegno organizzato al Parco della Biodiversità ad Expo da Action Network - 'Il biologico nutrirà il pianeta'. “L'agricoltura biologica riduce del 40% le emissioni di gas serra rispetto a quella tradizionale e può quindi essere un valido aiuto per contrastare i cambiamenti climatici”.

Il settore primario produce grandi quantità di anidride carbonica, di metano e di protossido d'azoto, tutti gas ad effetto serra. Secondo la Fao, a livello globale, le emissioni agricole sono pari a 5,3 miliardi di tonnellate, pari all'11,5% del totale, mentre in Italia ci si ferma al 7%. Grazie all'esclusione di prodotti chimici di sintesi e all'uso ottimale di pratiche agronomiche, il biologico può ridurre le emissioni con percentuali che variano molto da cultura a cultura, ma che in media si attestano sul 40%.

Senza contare il sequestro della Co2 nel suolo.
La coltivazione dell'ulivo ha un impatto ambientale pari a zero”, racconta Eduardo Aguilera, ricercatore all'Università di Siviglia. “Questo perché le emissioni ridotte generate dalla coltivazione biologica vengono compensate dal naturale assorbimento delle piante”.
In media un ettaro sequestra 0,5 tonnellate di Co2 l'anno. Considerando che in Italia gli ettari coltivati a biologico sono 1,3 milioni, si stima che l'anidride carbonica assorbita sia pari a più di 500 mila tonnellate l'anno.

A questo bisogna aggiungere il risparmio energetico. Secondo il Rodale Institute l'agricoltura biologica usa il 45% in meno di energia. Basta un numero per farsi una idea: un agricoltore impiega in media 231 litri di gasolio per coltivare un ettaro di terreno in maniera tradizionale, mentre gliene bastano 121 nel biologico.

Per l'Italia questa è una sfida importante visto che si trova in prima linea nell'affrontare i cambiamenti climatici e che già soffre di fenomeni di desertificazione. Non si può dire lo stesso di altri Paesi Ue, quelli non mediterranei, dove i cambiamenti climatici fanno meno paura. Tuttavia “l'Unione Europea ha stabilito che entro il 2030 si dovranno ridurre le emissioni del 40% rispetto ai livelli del 2005”, spiega Eric Gall, Ifoam Eu policy manager.
Da Bruxelles assegneranno target individuali ad ogni Paese, ma in media la Commissione europea stima che il settore agricolo dovrà ridurre del 28% le sue emissioni”. Dal biologico potrebbe arrivare un aiuto importante.

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