Da un lato va ammirata. Non foss’altro che per la costanza di utilizzare sempre le medesime argomentazioni, arricchendole per giunta con terminologie che denotano un livello di conoscenza del biotech per lo meno opinabile. È Vandana Shiva, pasionaria anti-ogm e accanita sostenitrice del biologico.
Questa volta il suo attacco agli ogm viene sferrato dalle pagine web de “La Stampa”, quotidiano per il quale Shiva cura un blog battezzato “Madre Terra”. Un suo contributo del 19 aprile scorso ha riaperto (come se mai fosse stato chiuso) il dibattito sugli ogm quali responsabili dei peggiori mali del Mondo. Già definiti altrove come “sterili”, cosa che non sono affatto, questa volta gli ogm vengono descritti come organismi nei quali sarebbero stati inseriti “geni tossici” per consentire alle solite multinazionali di brevettare la vita e di tenere in pugno l’Umanità. Pure viene accusata Monsanto, la quale starebbe “cercando disperatamente di scollegare l’epidemia di suicidi degli agricoltori in India dal suo controllo crescente della fornitura di sementi di cotone”.
Al di là dell’accusa di essere “tossici”, appioppata a dei poveri geni già presenti in Natura e composti anch'essi di basi puriniche e pirimidiniche come tutti gli altri, sarà bene condividere una volta ancora i fatti e i numeri che smentirebbero le accuse in tema di suicidi in India, fornendo magari un quadro più oggettivo e meno ideologizzato di quella immane tragedia.
 Il caso “cotone gm” e suicidi indiani è peraltro molto più complesso di quanto sembri e di quanto semplicisticamente lo si voglia far sembrare, quindi merita una trattazione suddivisa per argomento.
In questa prima puntata si riassumerà ciò che ha significato in termini economici e produttivi l’inserimento dei cotoni Bt nei redditi degli agricoltori che li hanno adottati, nella seconda e ultima puntata si analizzeranno le statistiche legate specificatamente ai suicidi.
Come si vedrà in entrambe le puntate, i numeri sono numeri, con buona pace di Vandana Shiva e di chi ne moltiplica le affermazioni.
 

Storia del cotone gm in India

 
Introdotto in India agli inizi degli Anni 2000, il cotone resistente agli insetti è cresciuto lentamente e nel 2004 le sue superfici rappresentavano solo il 5% del totale. Le pesanti “fee” imposte da Monsanto lo rendevano molto caro e se da un lato massimizzavano gli utili per la multinazionale, dall’altro ne zavorravano l’espansione in termini di superfici coltivate. Dato però che i benefici agronomici e produttivi erano tangibili e  importanti, il Governo indiano pressò Monsanto fino a ottenere un taglio deciso delle suddette “fee”. Divenuti in tal modo molto più convenienti, gli ibridi gm di cotone mostrarono una solenne impennata commerciale: in soli due anni, dal 2004 al 2006, la percentuale salì al 40%, arrivando a circa due terzi della superficie nel 2007 e superando l’80% nel 2008. La crescita del cotone gm ha quindi rallentato su base tendenziale, pur superando oggi il 90%.
Chi tuona quindi contro i brevetti, magari mediti anche su questo: non appena un ogm diventa più accessibile quanto a prezzi, dilaga in modo esponenziale. Quindi, delle due l'una: o i brevetti sono cosa buona perché rallentano l'espansione degli ogm, oppure sono un male perché "strangolano gli agricoltori". L'importante è decidersi...
 

Benefici produttivi ed economici

 
Per capire le ragioni di tale successo si devono analizzare i trend produttivi mostrati dal cotone nel tempo. Dai 120 chili per ettaro degli Anni 60 si passò ai circa 300 degli Anni 90, grazie all’uso di sementi selezionate, sebbene non ancora transgeniche, ma anche di fertilizzanti e insetticidi. L’avversità più temibile per il cotone è infatti il “Pink Bollworm”, ovvero la Pectinophora gossypiella, un lepidottero le cui larve crescono a spese delle capsule fruttigene, cioè quelle in cui si sviluppano le fibre utilizzate per scopi tessili. Infestazioni pesanti di Pectinophora obbligano quindi all’uso reiterato di insetticidi, i quali spesso sono pure di vecchia concezione e alquanto tossici. Non deve quindi stupire se dall’introduzione del cotone gm, resistente alla Pectinophora, le produzioni per ettaro siano aumentate fino a superare nel 2007 il valore record di 500 chili per ettaro. Ovvero un incremento di quasi il 70% rispetto agli anni precedenti. Un dato che potrebbe già spiegare da solo il successo del cotone gm presso i produttori indiani, con buona pace di chi sostiene che gli Ogm non producono di più delle varietà convenzionali. Magari non è così per tutti, ma per alcuni lo è di certo.
Anche secondo il “World development report”, redatto dalla Banca Mondiale nel 2008, il cotone Bt ha influito positivamente sui redditi dei Paesi che lo hanno adottato: le rese in chilogrammi sarebbero aumentate del 19% in Cina, del 26% in India, dell’11% in Messico e di ben il 65% in Sudafrica. I profitti economici sarebbero schizzati invece del 340% in Cina, del 47% in India, del 12% in Messico e del 198% in Sudafrica.
 

Il calo degli insetticidi

 
Nel medesimo report vennero raccolti dati molto positivi anche sul fronte degli agrofarmaci utilizzati. Per lo meno, positivi per l’ambiente e per le tasche degli agricoltori, un po’ meno per le società che li vendono. Il loro uso, sempre secondo World Bank, sarebbe infatti diminuito del 67% in Cina, del 73% in India, del 77% in Messico e del 58% in Sudafrica. Questo ovviamente in chilogrammi, non in valore economico del mercato. Perché un brutto vizio dei detrattori degli Ogm è proprio quello di giocare con le unità di misura. Per dimostrare che non è vero che gli Ogm resistenti agli insetti fanno usare meno insetticidi, adottano gli andamenti delle vendite espressi in valuta. Il recente business mondiale degli insetticidi è infatti salito in valore monetario, sebbene sia diminuito in “peso”. In altre parole, vi è una profonda differenza fra volume di denaro speso e quantità utilizzate: il primo è in continua ascesa, le seconde sono in continuo calo. Anche grazie agli Ogm, come volevasi dimostrare.

La progressione del fenomeno, ovviamente, si è mostrata variabile a seconda dell’annata, perché l’adozione di varietà di cotone resistenti al “Pink Bollworm” non risolve altre problematiche di campo come per esempio gli afidi, come pure non sono state costanti le infestazioni di lepidotteri. Ciò non di meno, nel 2002 l’uso di agrofarmaci sarebbe stato di oltre 10,5 kg/ha nel convenzionale, contro soli 5 kg/ha su cotone Bt. Annata sfortunata invece il 2004, quando i consumi di prodotti per la difesa si differenziarono solo di 1,5 kg/ha fra campi gm e non. Notevole invece la differenza nel 2008, quando nel convenzionale furono usati piu` di 6 kg/ha contro i soli 1,75 kg/ha dei campi gm. Una riduzione di oltre il 70% che lascia poco spazio a eventuali polemiche.

Salute degli agricoltori


Oltre agli effetti benefici su portafoglio e ambiente, il calo nell’uso degli insetticidi ha portato note positive anche sulla salute degli agricoltori: su cotone convenzionale, data la tossicità dei prodotti comunemente utilizzati in India, si registrano infatti fino a cinque ricoveri all’anno per intossicazioni acute verificatesi durante i trattamenti. I casi limite di cinque ricoveri sono ovviamente rari, ma evidenziano quanto l’approccio alla difesa delle colture sia ben lungi dall’essere “moderno”. Secondo alcuni studi su campioni ristretti di agricoltori, a quattro intossicazioni ci arrivano oltre 50 contadini convenzionali, contro lo zero fatto registrare fra i produttori di cotone Bt. A tre intossicazioni ci arriva quasi una settantina di agricoltori non Bt, contro una decina fra i Bt. Proporzioni analoghe si contano anche nelle categorie con due e una sola intossicazione. Per inverso, nel campione analizzato sono quasi 400 gli agricoltori Bt che non hanno riportato alcuna intossicazione, contro circa 140 fra i convenzionali. Oltre a risparmiare denaro i produttori di cotone gm si sono cioè evitati reiterati ricorsi alle cure mediche. Altro dato che non ammette repliche.
 

Conclusioni

 
  1. Il cotone gm si è espanso solo dopo che il Governo indiano ha ottenuto l’abbassamento delle “fee” imposte da Monsanto
  2. Ha innalzato le produttività per ettaro in modo sensibile
  3. Ha abbattuto in modo altrettanto sensibile l’uso di insetticidi
  4. Ha preservato la salute di ambiente e agricoltori
 
Ma allora perché mai, se ha portato così tanti benefici, il cotone gm avrebbe causato migliaia di suicidi fra chi ha deciso di coltivarlo?
Il mistero s'infittisce
 
(fine prima puntata….)

Riferimenti:
 
.: Ifipri (International Food Policy Research Institute): Bt Cotton and Farmer Suicides in India - Reviewing the Evidence. Report-2008

.: Ifipri (International Food Policy Research Institute): Accidental Deaths and Suicides in India Report-2010

.: National Crime Record Bureau Ministry of Home Affair - Report 2010

.: Approved Package of practices for Cotton: Maharashtra State

.: Banca Mondiale: World Develpment Report 2008