Il 2016 è sulla strada per diventare l'anno più caldo della storia del pianeta. E' quanto sostiene l'agenzia meteorologica delle Nazioni Unite (Wmo). Infatti, nella classifica degli anni più caldi a livello mondiale, - secondo la Coldiretti - era in testa fino ad ora il 2015, davanti al 2014 e al 2010 che è seguito dal 2013, dal 2005 e poi a pari merito dal 1998 e dal 2009. A seguire il 2012 e poi il 2003, il 2006 e il 2007 a pari merito.

Gli effetti del cambiamento si avvertono anche in Italia dove il 2015 si è classificato come l'anno più caldo della storia, da quando esistono i rilevamenti; mentre nell'ottobre appena trascorso le temperature sono state ben 0,6 gradi superiori alla media di riferimento secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr.
A preoccupare è anche il repentino capovolgersi del tempo con i cambiamenti climatici in atto, che in Italia si manifestano con ripetuti sfasamenti stagionali ed eventi estremi, anche con il rapido passaggio dalla siccità all'alluvione, precipitazioni brevi e violente accompagnate anche da grandine.
Pesanti gli effetti sull'agricoltura italiana che negli ultimi dieci anni - sostiene la Coldiretti - ha subìto danni per 14 miliardi di euro.

A causa dei cambiamenti climatici, nel tempo si è verificato anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture, come l'olivo che è arrivato alle Alpi. E' infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l'ultima frontiera Nord dell'olio d'oliva italiano.
Negli ultimi dieci anni - spiega la Coldiretti - la coltivazione dell'ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30mila metri quadrati di terreno.
Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee.

Il riscaldamento provoca anche - precisa la Coldiretti - il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l'affinamento dei formaggi o l'invecchiamento dei vini.
Una situazione che di fatto - continua la Coldiretti - mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani.

Il vino italiano - conclude la Coldiretti - è aumentato di un grado negli ultimi trenta anni, ma il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l'alto, con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d'Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.

Ma non solo spostamenti della zona di coltivazione tradizionale di determinate colture, perché in Italia, a causa del surriscaldamento, sono arrivate anche le prime coltivazioni di banane e avocado.

Purtroppo però sono anche arrivati nuovi parassiti che stanno attaccando le produzioni nazionali, dalla Xylella degli ulivi al cinipide galligeno che ha decimato le castagne, dal punteruolo rosso che ha fatto strage di decine di migliaia di palme, alla Tristeza degli agrumi. E molti altri come testimonia la recente invasione nel Nord Italia della "cimice marmorata asiatica".