Zuppa di meduse, frittelle di bruchi e bistecca di alghe? La popolazione del mondo è in costante aumento e per sfamare tutti ora si guarda anche a specie che fino ad oggi non rientravano nella nostra dieta tradizionale. Ma in futuro mangeremo davvero insetti e alghe? Improbabile. Piuttosto si utilizzeranno per integrare altri alimenti oppure come mangimi nella zootecnia.

Di queste nuove fonti di nutrimento si è parlato durante un evento organizzato dal Cnr ad Expo 2015 dal titolo "Nuovi cibi tra ricerca, sostenibilità e innovazione". Il focus è stato su tre settori: quello delle microalghe, delle meduse e degli insetti.

Attualmente sono quasi duemila le specie di insetti (soprattutto coleotteri, lepidotteri e imenotteri) già consumate dall'uomo, soprattutto in Asia e in Africa. Ma cavallette e mosche potrebbero presto entrare anche nella nostra dieta e i vantaggi sarebbero enormi. Basti pensare che la capacità di conversione nutrizionale rispetto ad un bovino è quadrupla. Significa che una mucca deve mangiare otto chili di mangime per produrre un chilo di carne, mentre un insetto, grazie al fatto di essere a sangue freddo, solo due.

Gli insetti inoltre hanno bisogno di meno acqua per crescere e possono essere alimentati con gli scarti della lavorazione di prodotti vegetali, con i liquami o i rifiuti umidi domestici. Risentono meno degli stress idrici e forniscono a chi li mangia proteine di alta qualità e micronutrienti. Certo, c'è il problema culturale, ma in molti sono convinti che sia solo questione di tempo.

Intanto il campo di applicazione più immediato è quello zootecnico.
L'idea è quella di integrare i mangimi tradizionali con farine di insetti”, spiega Francesco Gai, ricercatore del Cnr. “Nell'acquacoltura e in zootecnia sono una risorsa importante, soprattutto visto il sovrasfruttamento dei suoli e dei mari da cui provengono cereali e farine di pesce”.
Ma quali insetti allevare per l'alimentazione animale? I più promettenti sono la mosca soldato nera (Hermetia illucens), la comune mosca domestica e il baco della farina (Tenebrio molitor).
 
Se invece di una cavalletta si preferisce qualcos'altro ci sono sempre le microalghe.
Hanno un alto contenuto proteico, che raggiunge il 70% del peso a secco”, spiega Graziella Chini Zittelli, del Cnr. “Contengono poi sali minerali e vitamine e soprattutto tanti pigmenti, come i carotenoidi, che sono antiossidanti naturali e che quindi possono andare ad arricchire i cibi di proprietà nutraceutiche”.

La sostenibilità ambientale della cultura delle microalghe è elevata. Gli impianti possono essere installati su terreni non fertili, inoltre questi organismi vivono in acqua salata e non concorrono quindi a sfruttare una risorsa come l'acqua dolce, già sotto pressione. Assimilando Co2 per crescere le microalghe possono "digerire" i fumi di alcune tipologie di industrie, riducendo l'effetto serra.

Dal mare arriva anche un'altra tipologia di alimento: le meduse. Il loro numero è costantemente in aumento in quasi tutti i mari del globo. Anche se le cause di questa proliferazione non sono ancora certe, quel che è sicuro è che sono un problema per l'industria del turismo, per la pesca e per le altre attività costiere.

Le meduse sono costituite al 90-95% di acqua, ma la restante parte è proteica, con forte attività antiossidante. Alcune meduse hanno persino dei composti bioattivi antitumorali”, spiega Antonella Leone, ricercatrice del Cnr. “Sono poi ricche di collagene, una proteina con speciali aminoacidi con proprietà antiossidanti, cosmetiche e farmacologiche”. In Cina e Giappone sono già usate: una volta eliminata la parte urticante vengono mangiate in zuppe, come sushi o essiccate.

L'unico ostacolo oltre alla barriera culturale è la legislazione europea (regolamento 258/97) che prevede un iter molto lungo per autorizzare il commercio dei novel food.
 

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