I biocarburanti provenienti da prodotti alimentari non potranno rappresentare più del 6% dell’energia usata nel settore dei trasporti nel 2020. A proporre questo tetto è stato il Parlamento europeo, con un voto nell’aula plenaria di Strasburgo mercoledì 11 settembre. L’obiettivo è quello di abbandonare progressivamente una politica che ha dimostrato diversi effetti negativi: far aumentare i prezzi delle colture da cui sono ricavati e diminuire la produzione alimentare, senza determinare, invece, i risultati sperati in termini di riduzione di CO2.

Meno biofuel di prima generazione, più biofuel di seconda generazione
La posizione del Parlamento, anche se è passata per pochi voti, è netta: i cosiddetti biocarburanti di prima generazione – quelli ricavati da prodotti alimentari come la colza, la palma, il mais – dovranno avere un ruolo meno significativo nella corsa al raggiungimento degli obiettivi di politica ambientale fissati per il 2020 (aumentare del 20% l’uso delle energie rinnovabili, ridurre del 20% la produzione di anidride carbonica, migliorare del 20% l’efficienza energetica).
La proposta è che contribuiscano per una percentuale massima del 6%. Un compromesso al ribasso, certo, rispetto al 5,5% in cui sperava la Commissione ambientale dell’Europarlamento, per non parlare di quel che chiedevano le associazioni ambientaliste ma, come ha sottolineato la deputata responsabile, la francese liberale Corinne Lepage, l’accordo altrimenti sarebbe stato impossibile.
Al contempo, si vogliono promuovere i carburanti più avanzati, di seconda generazione, ricavati ad esempio dalle alghe o dai rifiuti: gli europarlamentari propongono che vengano usati per almeno il 2,5% del totale.

Dal 2020 cambierà il calcolo delle emissioni di CO2
Un’altra proposta approvata dall’aula plenaria dell’Eurocamera è di includere il cosiddetto “fattore Iluc” nel calcolo delle emissioni prodotte dai carburanti in questione, a partire dal 2020. Così facendo, si dovrà tenere in conto anche la CO2 prodotta nel passaggio per trasformare un suolo coltivato a scopo alimentare verso fini energetici e anche quella prodotta per mettere a coltivazione altrettanta terra, per recuperare la produzione alimentare. Diversi studi hanno dimostrato che, tenendo in conto l’intero ciclo di vita del prodotto nel calcolo dell’anidride carbonica emessa, di fatto i biocarburanti non sarebbero necessariamente più verdi dei combustibili tradizionali.

I prossimi passi
A questo punto la palla passa nel campo del Consiglio dei ministri, dove si incontrano i responsabili dei governi nazionali. Per soli due voti, la relatrice non ha ottenuto il mandato per negoziare un accordo in prima lettura col Consiglio. Una circostanza di cui Lepage si è detta dispiaciuta: “questo ritardo – ha detto, spiegando che così difficilmente si potrà concludere l’accordo entro la legislatura in corso –  non giova a nessuno, neanche alle industrie che si vedono private di un orizzonte certo per quanto riguarda gli indirizzi politici”.