Eravamo rimasti soli con il Lussemburgo: tutti gli altri Paesi europei avevano infatti depositato da tempo i propri “Pan” presso la Ue. Come al solito, l’Italia rimedia cartellini gialli e poi si deve inventare qualcosa per non incorrere in sanzioni peggiori. Alla fine, per essere schietti,  l’Italia ha quindi dichiarato conclusi i lavori sul Pan - Piano d’azione nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari anche se consapevole che ci vorranno rivisitazioni successive per tararci in modo adeguato sui dettagli. Ma beccarci una sanzione dopo tutto il tempo che avevamo avuto a disposizione  sarebbe stato alquanto avvilente.

Del resto, questa situazione non deve stupire: mentre all’estero molti Paesi se la sono cavata con documenti di poche pagine, stabilendo solo regole generali di buon senso, l’Italia ha dovuto metabolizzare oltre duemila osservazioni, sottoposte dai vari stakeholder durante la discussione fra Stato, Regioni e Province autonome. Per quanto sia apprezzabile la voglia di partecipare, forse il numero delle osservazioni sarebbe stato meglio fosse più limitato. Anche perché non sono pochi gli addetti ai lavori che hanno commentato in modo abbastanza caustico sulla reale utilità di almeno la metà di queste. Sia come sia, il 2014 vedrà la nascita del nuovo Pan. Ma solo in pochi gioiscono al proposito: corsi, adempimenti, tarature delle macchine e figure consulenziali obbligatorie, hanno fatto salire le previsioni di spesa degli operatori professionali agricoli senza poter contare su alcuna compensazione monetaria per tali sforzi. "Usi sostenibili" si, quindi, ma sulle spalle dell'agricoltura e basta.

Nel corso del convegno organizzato dalla Regione Lombardia, Beniamino Cavagna, del Servizio fitosanitario lombardo, ha quindi esposto i punti salienti dell'applicazione in Italia della Direttiva nota come "Usi sostenibili".

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La “Usi sostenibili”, e quindi anche il suo strumento operativo, il Pan, si rifanno al principio di precauzione e nella loro applicazione dovranno essere armonizzati con le disposizioni fissate dalle politiche sullo sviluppo rurale.
Obiettivi del Pan sono la riduzione dei rischi e degli impatti derivanti dall’uso di agrofarmaci, ma anche la promozione della difesa integrata e biologica e dei mezzi "alternativi". Menzione a parte merita la protezione degli operatori professionali e della popolazione limitrofa ai campi coltivati, fronti sui quali è posta buona parte dell'attenzione dei Normatori. Completano infine l’elenco dei buoni propositi le solite puntualizzazioni sulla tutela dei consumatori, delle acque e della biodiversità.
Sono 23 le diverse figure che concorrono a prendere decisioni circa il Pan: 14 sono ministeriali, solo nove regionali. Un assetto che poco soddisfa le periferie tecniche, le quali avrebbero gradito poter contare di più.
Il Pan avrà durata di cinque anni, poi verrà nuovamente valutato ed eventualmente modificato. La prima trasmissione del nuovo piano dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2016.
I “topics” del Pan vertono sulla formazione degli operatori professionali, sui controlli delle attrezzature, sulle corrette procedure di manipolazione e di stoccaggio dei prodotti, come pure sulla difesa fitosanitaria a basso apporto di prodotti. Molto ci si aspetta anche dalle attività di ricerca e di sperimentazione a supporto del piano di formazione.
 
Dal 26 novembre 2013 avrebbe dovuto essere anche istituito il sistema di formazione obbligatoria certificata, ma anche in questo caso ancora non ci siamo coi tempi. La formazione obbligatoria, intesa come corsi di base più successivi aggiornamenti, riguarda operatori professionali, tecnici, imprenditori e lavoratori autonomi. Vi è poi la figura del consulente, soggetto che dovrà operare a supporto degli operatori stessi. Questa sarà invece quella basata sull’acquisizione di un “adeguato livello” di conoscenza in materia di prodotti fitosanitari e di difesa. Sono incompatibili in tal senso i rapporti con le realtà commerciali/industriali del settore. Quindi è passata la linea più ortodossa che prevedeva l'ostracismo per chi abbia la "colpa"  di aver collaborato con l’industria.
Sia come sia, l’abilitazione avrà anch’essa durata quinquennale e poi verrà rinnovata previa partecipazione a specifici corsi di aggiornamento, i quali avranno validità su tutto il territorio nazionale. I corsi sono previsti della durata di 25 ore e la presenza non potrà essere inferiore al 90%.
Non sono obbligati a seguire i corsi i soggetti che abbiano precedenti attestati di corsi di formazione riconosciuti da Regioni e Province autonome e che svolgono da almeno due anni il ruolo di consulente tecnico in materia di difesa fitosanitaria.
Col Pan, finalmente, si potranno ripristinare anche i rilasci di nuovi patentini, rimasti anch’essi in un limbo normativo.
 
Delicato appare il tema delle aree sensibili, ovvero quelle che insistono in vicinanza di autostrade, ferrovie e abitati, prevedendo eventuali limitazioni e sostituzioni con preparati meno pericolosi. A tal proposito vi sarebbe l’intenzione di condensare le proposte circa le nuove misure da adottare in un unico documento da fare approvare poi da Stato-Regioni. Il cronometro dirà quindi se nei processi decisionali siamo migliorati oppure no.
Circa i prodotti da sostenere sul lungo periodo vi era in origine una forte spinta verso i quelli utilizzati attualmente nel Bio, operando la selezione focalizzando anche sulle frasi di rischio. Un argomento spinoso, questo, perché già oggi in diversi disciplinari alcuni prodotti possono essere utilizzati e altri no, anche a parità di frasi di rischio: esempio dell’iprodione, ammesso su pero per irrorazioni alla chioma, ma non in serra su pomodoro per drip-irrigation.
È quindi opinione di chi scrive che, per quanto le frasi di rischio esprimano una criticità, ogni prodotto dovrebbe essere valutato in funzione dei reali rischi, ovvero delle reali esposizioni, anziché bocciato o promosso  solo in funzione di quanto riportato in etichetta. Vi sono infatti strumenti tecnicamente preziosi che restano in panchina anziché giocare da titolari, a tutto detrimento delle strategie di difesa e di quelle antiresistenza. E visti gli scenari futuri, gravidi di ulteriori restrizioni degli strumenti a disposizione, sarebbe bene correggere questa tendenza.
 
La difesa integrata, infine, sarà obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2014, anche se sarà forse un po’ ostico spiegare agli agricoltori quali differenze intercorrano fra questa e la difesa integrata di tipo volontario, ovvero quella che rispecchia i dettami delle attuali misure agroambientali. In sintesi, verrà operata la selezione dei prodotti da utilizzare solo per chi segua la difesa integrata volontaria e non per chi segua la difesa di tipo obbligatorio.
I nuovi criteri della Lotta integrata verteranno dal 2014 sull’uso di varietà resistenti, di materiale di moltiplicazione sano e certificato, su organismi utili, sul monitoraggio delle avversità, sui sistemi di previsione, sulle soglie e sui metodi di lotta alternativa, al fine di generare minor impatto sugli ecosistemi e ottemperare anche alle strategie anti-resistenza.
Nulla di straordinario quindi rispetto ai Psr precedenti, almeno da un punto di vista concettuale. Unica novità, gli agricoltori dovranno far parte di una rete di monitoraggio e contare su previsioni meteo locali, come pure tenere il registro dei trattamenti. E meno male, verrebbe da dire, perché il Quaderno di campagna è stato reso obbligatorio per Legge da anni, sebbene l'assenza iniziale di sanzioni l'abbia fatto prendere sottogamba dai più. Associazioni di categoria incluse. Esempio di come in Italia, in assenza di sanzioni e controlli, l’iniziativa dei singoli non venga mai incentivata quanto invece meriterebbe. Ora forse qualcosa cambierà, finalmente. Anche perché l’annotazione delle operazioni di campo è il primo gradino per assicurare la tracciabilità delle produzioni, altro tema alquanto caro a chi parla spesso di filiera e di consumatori, ma poi magari "dimentica" che per soddisfare certe richieste servono anche gli strumenti più adeguati.
 
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