Non deve perciò né stupire, né allarmare che la percentuale di campioni "privi di residui" stia calando nel tempo. In realtà, di residui ce n'erano anche prima, magari anche di più di ora, ma semplicemente le macchine non erano in grado di leggerli.
Proseguendo quindi nell'analisi del report Efsa, emerge come solo il 3% sia risultato irregolare, vuoi per dei limiti eccedenti quelli di legge, casi questi pari all'1,6%, vuoi per altri tipi di irregolarità, come per esempio la presenza di molecole non registrate specificatamente sulla coltura analizzata. Interessante infine il raffronto con le produzioni provenienti da Paesi terzi, in cui la percentuale d'irregolarità corrisponde al 6,5%, a dimostrazione che l'Europa è il continente più virtuoso al mondo in tal senso.
Soddisfatto José Tarazona, responsabile dell’Unità Pesticidi dell’Efsa, secondo il quale "Gli alti tassi di conformità registrati per il 2014 sono in linea con quelli degli anni precedenti, il che significa che l'Unione europea continua a proteggere i consumatori controllando la presenza di residui di pesticidi negli alimenti. Il nostro rapporto annuale è un lavoro importante basato sui dati che riceviamo dagli Stati membri. Non sarebbe possibile senza l'impegno e la competenza dei nostri partner europei, che ringraziamo per il loro contributo".
Scendendo poi nello specifico, il 98,8% dei prodotti biologici erano o privi di residui o li contenevano nei limiti di legge. Ancora, nel 91,8% dei campioni di alimenti per l’infanzia non sono stati rinvenuti residui quantificabili. In pratica, in più di nove campioni su dieci non sono state trovate tracce di agrofarmaci, a dimostrazione che quando gli agricoltori vengono adeguatamente remunerati per i salti mortali cui sono chiamati, i risultati si vedono.
Forse, se anche l'ortofrutta "per adulti" fosse remunerata in modo ragionevole, il tema residui finirebbe nel dimenticatoio molto in fretta. Invece, nelle pubblicità televisive di note catene di grande distribuzione alimentare si vedono mele Golden offerte a 99 centesimi al chilo. Impossibile immaginare quanto di questa cifra ridicola sarà rimasto nelle tasche dei melicoltori. Dura pensare quindi che un agricoltore possa sobbarcarsi tutti gli oneri professionali necessari a fornire ortofrutta a residuo zero, se poi viene pagato con una sorta di elemosina.
Che i consumatori meditino magari su tale punto, perché se prima si pretende, poi si deve anche pagare per ciò che si è preteso.
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Fonte: Agronotizie