In ballo ci sono i 33,5 miliardi che Bruxelles ha destinato all'Italia per l'attuazione della Politica Agricola Comune (Pac) dei prossimi cinque anni, quelli che vanno dal 2023 al 2027.

In altre parole 7,3 miliardi di euro l'anno, che per circa il 12% (più di 875 milioni di euro) saranno destinati alle pratiche agricole "sostenibili", finalizzate a perseguire gli obiettivi della strategia Farm to Fork, che a dispetto delle molte criticità che la contraddistinguono continua a essere uno fra gli obiettivi sui quali Bruxelles non intende demordere.

 

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Il "Piano Strategico"

A questo fine ogni Nazione della Ue ha predisposto un "Piano Strategico per la Pac" che nel caso dell'Italia prevede cinque Ecoschemi, che vanno dagli allevamenti all'olivicoltura di interesse paesaggistico.

Solo rispettando gli obblighi previsti dai rispettivi Ecoschemi (quello per la zootecnia è il numero uno) si potrà accedere ai sostegni comunitari, fra i quali rientrano pagamenti diretti e pagamenti annuali.

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I soldi per gli allevamenti

Agli allevamenti va la fetta più rilevante (41,50%) delle risorse, per un importo annuale di oltre 363 milioni di euro, a condizione che vengano rispettate talune regole in tema di benessere animale, di cui abbiamo parlato nel podcast di seguito, e di oculato impiego dei farmaci veterinari.

Queste "condizionalità" sono precisate dal recente Decreto del Ministero dell'Agricoltura con il quale si indicano gli obblighi da assolvere.

 

Ascolta l'intervento di Roberto Bandieri, agronomo e fondatore di RuralSet, Maddalena Zucali, professoressa dell'Università degli Studi di Milano, e Claudio Ioriatti, ricercatore della Fondazione Edmund Mach.
Puoi trovare tutti i podcast della playlist "Con i Piedi in Campo" in questa pagina

 

Competenze certificate

Nel caso del benessere animale per beneficiare dei sostegni si devono possedere adeguate capacità e competenze professionali, avendo peraltro cura che gli animali siano accuditi da un numero sufficiente di addetti, anche loro adeguatamente preparati.

Ma come valutare la presenza di questi requisiti? È lo stesso Decreto a dare risposta, specificando che un titolo di studio di livello universitario o di scuola superiore in ambito agrario o veterinario possono essere un requisito sufficiente.

Se non si ha una laurea, si può ricorrere a un certificato di partecipazione a un idoneo corso di formazione.

 

Allevare, mestiere difficile

Per chi non possiede questi requisiti non resta che esibire la richiesta di partecipazione a un idoneo percorso formativo, che andrà seguito per almeno dodici mesi.

Laurea e corso di formazione possono essere sostituiti dall'esperienza (ovviamente verificabile) maturata per almeno dieci anni in un allevamento di bovini o di sette anni per bufalini e ovicaprini o cinque anni nel caso dei suini.

Una conferma che allevare è un mestiere difficile e che richiede doti e preparazioni non comuni, che anche questa normativa sembra riconoscere.

 

Certificare è meglio

Per accedere ai sostegni in regime di "condizionalità" esiste però anche una via privilegiata e per alcuni versi più premiante: l'adesione dell'azienda zootecnica al sistema Classyfarm o ancora al Sistema Qualità Nazionale Benessere Animale (Sqnba).

In questi casi la formazione degli addetti è desunta dalle check list di autocontrollo e di controllo ufficiale.

 

La partecipazione a questi programmi è su base volontaria e averne collegato la partecipazione all'erogazione dei sostegni previsti dall'Ecoschema uno sarà motivo di maggior adesione a questi programmi, che non mancherà di offrire interessanti opportunità.

La certificazione potrà essere valorizzata nell'etichetta dei prodotti finali, consentendo ad esempio che un prodotto generico come la carne possa uscire dalla sua attuale condizione di anonimato. I prezzi di mercato potrebbero avvantaggiarsene.

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