È allo studio da tempo il progetto di un sistema volontario di certificazione sul benessere degli animali, che si può interpretare come una superiore garanzia di qualità dei prodotti di origine animale.

Lo avevamo già anticipato nel febbraio del 2021 parlando del Sqnba, sigla misteriosa e cacofonica che sta per "Sistema Nazionale qualità Benessere Animale".

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A distanza di quasi due anni il percorso non è ancora completato, ma qualche passo avanti lo si è fatto.

È recente infatti la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto del Ministero per le Politiche Agricole (ancora non c'era il nuovo nome del Dicastero Agricolo) con il quale si prevede lo sviluppo di un sistema di requisiti legati al benessere animale, finalizzato a valorizzare il maggiore impegno degli allevatori e degli altri attori della filiera delle produzioni animali.

 

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Attenti al mercato

La parte più difficile è quella del mercato, al quale è demandato il compito di riconoscere attraverso il prezzo un "premio" alle migliori condizioni di allevamento.

La promessa è quella di una etichetta (al momento in fase di studio) che con la sigla "Sqn Benessere Animale" o con la più ermetica sigla "Sqnba" convinca il consumatore a spendere qualcosa in più.

 

Cosa non facile da sempre e in particolare in questa difficile congiuntura. Potrebbe aiutare intanto cercare sigle meno cacofoniche.

Per gli allevatori una scommessa sul futuro, che potrebbe tuttavia avere buone possibilità di successo se si pensa alla Pac e ai suoi obiettivi ambientali.

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Un lasciapassare per la Pac

Grazie a questa certificazione gli allevamenti potrebbero più facilmente (o persino automaticamente) rientrare negli ecoschemi della Pac, che nella parte dedicata alla zootecnia prevede una dotazione finanziaria di 65 milioni.

Tradotto in aiuti per il singolo allevamento si può indicativamente calcolare un importo di circa 240 euro per capo bovino che salgono a 300 euro nel caso dei suini.

 

Tanto meglio se poi il mercato sarà disposto a riconoscere a sua volta un prezzo più elevato per queste produzioni certificate


Il consumo

Sotto il profilo economico sembrerebbero dunque esserci le premesse a una favorevole adesione al progetto da parte degli allevatori.

Più tiepida potrebbe essere l'accoglienza degli altri protagonisti della filiera, che non sempre hanno risposto con favore analoghe iniziative portate avanti dalle organizzazioni degli allevatori.

Ma anche per loro potrebbero esserci vantaggi, pensando a come sta evolvendo la sensibilità dei consumatori sui temi dell'ambiente e del benessere animale.

 

Campagne di promozione sui prodotti certificati potrebbero comunque convincere anche i più indecisi.


L'ente di certificazione

C'è però ancora molta strada da fare per arrivare all'operatività del sistema.

Della definizione di un logo già si è detto, ma forse è la cosa meno complessa.

 

Nel frattempo è necessario individuare un ente certificatore, che risponda ai requisiti previsti nel Decreto pubblicato a fine novembre.

Chi si candiderà a svolgere questo compito dovrà soddisfare i requisiti previsti dalla normativa e superare l'esame del Comitato Tecnico Scientifico che si sta formando.

 

Ascolta l'intervento di Roberto Bandieri, agronomo e fondatore di RuralSet, Maddalena Zucali, professoressa dell'Università degli Studi di Milano e Claudio Ioriatti, ricercatore della Fondazione Edmund Mach.

Puoi trovare tutti i podcast della playlist "Con i Piedi in Campo" in questa pagina


Classyfarm, un'opportunità

Il completamento del progetto benessere animale trova un punto di forza in Classyfarm, dove confluiscono, anche in questo caso su base volontaria, i dati grazie ai quali gli allevamenti possono essere catalogati in base alla rispondenza ai prerequisiti di salute degli animali e rispetto del loro benessere.

 

Sarà questa con molta probabilità la base sulla quale definire il disciplinare che fisserà le condizioni tecniche e manageriali da rispettare per le produzioni certificate. 


Funzionerà?

Avrà successo questo progetto? Le premesse potrebbero esserci, anche se molto dipenderà da come sarà accompagnato nel suo procedere verso la parte finale della filiera.

Si può dare per certa una quota di consumatori disposti a spendere qualcosa in più di fronte a un'offerta di qualità certificata. Purché gli stessi consumatori ne siano informati e a condizione che la distribuzione organizzata non giochi contro.

 

Alle catene distributive piace molto il sottocosto e non è questo il caso. Forse è proprio nella distribuzione lo scoglio più duro da superare.


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