Il settore avicolo è impegnato nel fronteggiare un'insostenibile impennata dei costi produzione. 
I primi segnali si erano già visti sul finire delle scorso anno, con la fiammata dei prezzi della bolletta energetica e delle materie prime destinate all'alimentazione animale.
Una sfida per tutto il comparto agroalimentare, già alle prese con la riduzione della domanda da parte della ristorazione collettiva.


Grazie alla forte integrazione verticale della quale gode il settore avicolo, è stato possibile “allineare” la produzione ai mutamenti della domanda, evitando eccessive fluttuazioni dei prezzi delle carni avicole.
E' accaduto a livello europeo con una riduzione della produzione, più accentuata nella prima metà del 2021, per poi recuperare in concomitanza con l'allentarsi dell'emergenza sanitaria e le progressive riaperture del canale Horeca (hotel, ristoranti e catering).


Costi in aumento

Le speranze di una normalizzazione dei mercati sono però svanite con l'aprirsi del conflitto in Ucraina e i prezzi delle materie prime hanno continuato la loro corsa anche in questi primi mesi del 2022.
L'indice Ismea (istituto di servizi per i mercati agroalimentari) valuta nel 40% l'aumento dei costi della razione alimentare, voce che pesa almeno per il 60% sui bilanci delle aziende avicole.
Maggiori costi che solo in parte possono essere scaricati sul prezzo finale della carne e delle uova.
L'aumento del prezzo della carne (+15%) registrato nel primo trimestre di quest'anno, non è stato privo di conseguenze, considerando che in questo stesso periodo il consumo ha mostrato qualche segno di cedimento.


Le cause

Le ragioni della fiammata dei prezzi delle materie prime vanno cercate in fenomeni congiunturali antecedenti al conflitto in Ucraina, le cui produzioni di grano e mais sono marginali rispetto al mercato mondiale.
Il peso della produzione ucraina di mais sul mercato mondiale, infatti, è in percentuali di poco superiori allo zero e dunque di poca o nessuna influenza sull'andamento di questo mercato. 


A far partire la rincorsa dei prezzi sono state le politiche di accaparramento dei principali cereali da parte della Cina, cosa che ha modificato i normali equilibri di mercato.
Lo ha evidenziato Fabio del Bravo illustrando lo studio Ismea presentato al convegno che ha aperto il Poultry Forum, appuntamento che ha riunito a Rimini dal 4 al 6 maggio il “gohta” dell'avicoltura internazionale.


Le prospettive

L'avicoltura rimane uno dei settori più colpiti dalla crescita dei costi di produzione, giunta per di più in un momento di contrazione dei consumi di carni avicole.
Battuta d'arresto anche per il consumo di uova, dopo l'exploit nelle fasi più acute dell'emergenza sanitaria.
Il calo registrato del 2021 si colloca a meno 10% sia in volume sia in valore.
Una tendenza che sta proseguendo anche in questi primi mesi del 2022.
Se però si cambia il punto di osservazione, come suggerisce il direttore di Assoavi, Stefano Gagliardi, il dato sul consumo delle uova appare in tutt'altra luce.
Se nel valutare l'evoluzione dei consumi di uova si esclude Il 2020, anno che ha registrato un'impennata degli acquisti domestici in seguito al lockdown, si scopre che il confronto fra 2021 e il 2019 indica un consumo di uova in leggera crescita.


Le strategie

Numeri che nell'insieme offrono un quadro rassicurante del settore avicolo, che continua a mantenere un primato nelle preferenze degli italiani, sempre più favorevoli ad acquistare prodotti “made in Italy, come confermano numerosi sondaggi.
Il settore avicolo, forte di un livello di autosufficienza pari al 108,8%, è in grado di rispondere a questa richiesta di prodotti di origine italiana.


Ma nonostante questi buoni risultati, afferma Lara Sanfrancesco, direttore di Unaitalia, associazione che riunisce gran parte degli operatori di questa filiera, non bisogna dimenticare che l'avicoltura è uno dei settori che più risente della concomitanza fra aumento dei costi e contrazione dei consumi in termini di volumi acquistati.
I margini delle aziende sono a rischio e con essi anche l'autosufficienza che il settore può vantare.

Un vantaggio competitivo che andrebbe salvaguardato con accorte politiche di sostegno, assecondando le preferenze di un consumatore sempre più attento all'origine di ciò che acquista.