Si è discusso molto in questi ultimi tempi sull'opportunità di una Pac specifica per l'apicoltura, magari con aiuti diretti agli apicoltori, anche per affrontare un periodo di crisi produttiva che sta segnando pesantemente il settore da alcuni anni.

Su questo argomento oggi c'è anche la posizione di Miele in Cooperativa, la nuova realtà associativa del mondo apistico italiano, che nella sua assemblea tenuta in occasione di Apimell a Piacenza, ha maturato una sua proposta.

Per conoscerla, abbiamo intervistato il presidente Riccardo Babini.

La Pac dovrebbe occuparsi di più dell'apicoltura e se sì come?
"Dopo una lunga battaglia, combattuta dal mondo apistico unito, con l'emanazione della legge quadro sull'apicoltura, la legge 313/2004, il nostro settore è diventato comparto agricolo a tutti gli effetti. È conseguenziale, dunque, che, come avviene per tutti gli ambiti agricoli, il quadro dei sostegni venga definito all'interno della Pac.

Per l'apicoltura questo sta succedendo solo oggi, con un evidente ritardo. Credo che in tal senso abbia contribuito anche la nostra azione politica. Noi, infatti, da quando si è iniziato a parlare di nuova Pac abbiamo spinto l'acceleratore sul tema degli aiuti agli apicoltori. Lo abbiamo fatto secondo il nostro modo di agire. Senza annunci roboanti o campagne social. Abbiamo studiato il dossier, abbiamo ascoltato la nostra base, abbiamo elaborato la nostra proposta, ne abbiamo verificato la 'ricevibilità', e solo dopo, alla fine, l'abbiamo formalmente presentata".

Quali sono gli aspetti principali del settore su cui la Pac potrebbe essere utile?
"L'apicoltura ha bisogno della Pac perché la sua competitività è stata messa in crisi da fattori esterni al suo mondo. I cambiamenti climatici, l'inquinamento ambientale, l'antropizzazione dei pascoli nettariferi, la globalizzazione delle merci ma non delle regole, sono tutti fattori che hanno destabilizzato il nostro settore, mettendo in crisi la capacità di competere delle nostre imprese.

La Pac deve essere uno strumento per bilanciare, almeno in parte, le conseguenze che noi subiamo quotidianamente, senza averne alcuna responsabilità. La nostra apicoltura ha potenzialità enormi, fatte di un territorio straordinario e di una elevata professionalità degli operatori. La nostra competitività, però, è compromessa, come detto, da fattori non a noi imputabili, che il decisore politico, se davvero intende riconoscere il ruolo ecosistemico del nostro settore, ha il dovere di contrastare. Né più, né meno di come avviene per altri settori".

C'è un forte dibattito sull'opportunità di avere dei contributi diretti ad alveare, cioè che gli apicoltori ricevano un contributo per ogni alveare che detengono, quale è la vostra posizione?
"È la madre di tutte le battaglie. Noi lo diciamo con chiarezza, senza lasciare spazio alcuno al fraintendimento. Per noi la risposta apistica nella Pac è solo l'aiuto ad alveare. Altre azioni, come l'ecoschema impollinatori piuttosto che azioni di mitigazione del rischio - come da esempio le polizze assicurative - sono strumenti collaterali, importanti ma non centrali per il livello degli effetti che possono produrre sul sistema apistico nazionale. Mi piace ricordare che questa nostra posizione, fino a non più di qualche mese fa, era assolutamente isolata. Oggi, finalmente, è condivisa un po' da tutti. Vuol dire che il nostro essere stati pionieri, è servito alla causa comune".

A livello politico, Miele in Cooperativa ha fatto o pensa di fare proposte per una Pac all'apicoltura? E quali?
"Certo che sì. Noi abbiamo presentato un documento molto articolato che ricomprende tutti gli aspetti della piena integrazione del comparto apistico nella Politica Agricola Comune. Il focus, però, come detto, è l'aiuto ad alveare, da inserire nel Piano Strategico Nazionale - Secondo Pilastro - Misure del Psr ad attuazione regionale.

Nello specifico abbiamo chiesto, nell'ambito delle misure agroclimatiche e ambientali, l'inserimento di un premio per gli apicoltori che prendono l'impegno di presidiare permanentemente un determinato territorio. Dove il territorio viene declinato come area apisticamente omogenea".

Qualcosa di simile a quello che è già stato fatto col Psr in Calabria?
"No. Intanto va precisato che la misura attivata in Calabria è stata pensata per rispondere a specifiche esigenze di carattere straordinario. Noi invece abbiamo costruito la nostra proposta come intervento strutturale per il comparto. Lo abbiamo fatto con uno sguardo al futuro, al modello di apicoltura che immaginiamo. Un modello che non prevede distinzioni pregiudizievoli tra chi adotta la tecnica del nomadismo e chi invece predilige scelte diverse. Questa opzione non la troviamo giustificata e tanto meno compatibile con gli obiettivi della misura. L'obiettivo della misura è garantire il presidio degli alveari sul territorio, a prescindere dalle scelte imprenditoriali dei singoli".

 

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Riccardo Babini, presidente di Miele in Cooperativa

 

Quindi nessuna differenza tra nomadisti e stanziali. Ma quale è la vostra posizione sul nomadismo?
"Noi siamo assolutamente convinti che il nomadismo è una tecnica utile all'apicoltura. Ma come tutte le tecniche produttive va ripensata, in considerazione dei cambiamenti di scenario che il comparto ha registrato. È una tecnica che va ripensata perché deve essere ricondotta in un'ottica di apicoltura sostenibile. Un'apicoltura dunque che sappia guardare al futuro, ad una visione nuova che non è compatibile, ad esempio, con una logica di apicoltura intensiva, spinta, direi 'quasi aggressiva'.

In questo contesto va ripensato il nomadismo. Per noi il nomadismo deve essere l'antitesi dell'ingolfamento di pochi areali particolarmente vocati (cosa che, ahimè, succede sempre più spesso, favorendo non pochi contrasti tra apicoltori), dello 'sfruttamento mordi e fuggi' del territorio. Deve essere esattamente il contrario. Deve essere lo strumento per ottimizzare l'utilizzazione delle risorse nettarifere di cui è ricco il nostro paese. Ma soprattutto deve aiutare a consolidare il rapporto api, apicoltori e ambiente.

Dunque sì al nomadismo finalizzato alle produzioni tipiche locali (come nel caso di spostamenti all'interno del territorio apisticamente omogeneo) piuttosto che per migliorare il benessere animale (nomadismo di sopravvivenza del periodo invernale, ad esempio). In questo modo, attraverso le proprie produzioni, i propri alveari, ogni apicoltore avrà modo di raccontare per davvero il territorio che ama, nel quale lavora, e per il quale contribuisce a preservarne la biodiversità e la vitalità vegetale. Nello stesso tempo si otterrà una migliore distribuzione sul territorio delle api e degli apicoltori, a beneficio di tutti".

Ma chi dovrebbero essere i beneficiari della Pac o comunque dei contributi alla apicoltura?
"Tutti gli apicoltori, nessuno escluso. Ovviamente, ognuno secondo le specificità che gli appartengono. Le misure dell'Ocm miele - Primo Pilastro, ad esempio, dovranno puntare molto sull'assistenza tecnica, sulla ricerca applicata e sulla promozione del miele. I benefici di queste azioni ricadranno su tutti gli apicoltori.

Quando parliamo invece di Psr, e, quindi, delle misure agroclimatiche e ambientali va da sé che i beneficiari diretti devono essere le imprese agricole e, nella fattispecie, le imprese apistiche. Noi riteniamo che gli apicoltori devono essere trattati alla stregua dei colleghi agricoltori. Dunque regole di accesso uguali. Nella passata programmazione le misure Pac del Primo e del Secondo Pilastro erano riservate agli imprenditori che rispettavano i requisiti del cosiddetto agricoltore attivo. Abbiamo notizie che poco cambierà nella nuova programmazione. Ecco, dunque, la nostra risposta. Il premio ad alveare andrà agli apicoltori che dimostreranno di avere i requisiti dell'agricoltore attivo (partita Iva, Camera di Commercio, fascicolo aziendale). Ovviamente non è previsto nessun legame obbligatorio con la presenza di terreni in fascicolo".

Attivare una azione del Psr però non rischia di essere riduttivo o disomogeneo? Potrebbero esserci contributi diversi da regione a regione, a seconda della disponibilità o della capacità delle regioni stesse di gestire i bandi.
"È la grande sfida della nuova Pac. L'aver introdotto il Piano Strategico Nazionale come strumento unico di programmazione mette in discussione l'assetto oramai consolidato della divisione dei compiti tra Stato e regioni in materia agricola. Siamo tutti curiosi di capire quali saranno gli effetti pratici di una scelta del genere. A rigor di logica, la regia unica, l'interlocuzione esclusiva del Mipaaf con la Commissione Europea dovrebbe andare proprio nella logica della maggiore armonizzazione anche delle misure dello sviluppo rurale che sono tradizionalmente a gestione regionale.

Su questo tema, però riteniamo utile evidenziare che lo sviluppo rurale per l'apicoltura non si deve esaurire con le misure di aiuto ad alveare. La cooperazione, gli investimenti nella ricerca, i piani di miglioramento aziendale, lo sviluppo delle Op devono vedere l'apicoltura inserita a pieno titolo. Sta a noi apicoltori organizzarci per giocarci le carte giuste al momento giusto".

Qualcuno paventa il pericolo di una corsa all'acquisto degli alveari con il solo scopo di prendere i contributi. È un pericolo concreto?
"Noi abbiamo fiducia nel genere umano. Allevare api non è facile e necessita impegno e competenza. Apicoltori non ci si improvvisa. Poi il ragionamento è sempre lo stesso. Noi ci dobbiamo impegnare a costruire risposte alle esigenze degli apicoltori. La lotta alle truffe ed ai truffatori spetta ad altri. È sicuro, però, che noi rinunciando al premio ad alveare non colpiremmo i truffatori, ma andremmo a penalizzare gli apicoltori seri che vogliono continuare ad essere apicoltori seri".

Siamo alle battute finali, quali messaggi vuole lanciare, uno ai politici ed uno agli apicoltori, alla luce anche del fatto che molte delle decisioni sulla Pac sono state fatte?
"Ai politici diciamo semplicemente che hanno l'opportunità, finalmente, di passare dalle parole ai fatti. Di trasformare tutti gli annunci sull'importanza delle api e degli apicoltori per l'intera società in atti concreti. Sostenete le api e gli apicoltori, inserendo gli aiuti ad alveare nella nuova Pac.

Ai colleghi apicoltori, invece, dico che oggi non è il tempo delle divisioni. Abbiamo un'opportunità che abbiamo il dovere di cogliere. Per noi ma soprattutto per le generazioni di apicoltori che ci succederanno. Lavoriamo insieme per creare le condizioni per costruire un'apicoltura del futuro più competitiva e più sostenibile. Ce la possiamo fare. Noi siamo pronti ad offrire il nostro contributo".