Ogni anno in Europa circa trentamila persone perdono la vita a causa dell'antibiotico resistenza, o Amr, come viene definita ricorrendo all'acronimo del suo nome inglese (Antimicrobial resistance). Colpa della crescita di ceppi batterici verso i quali gli antibiotici hanno perso la loro efficacia, un fenomeno in crescita e motivo di grandi preoccupazioni.
E' la conseguenza di un uso eccessivo e improprio di questi farmaci. Se non si interviene rapidamente in un futuro nemmeno troppo lontano potrebbe diventare impossibile o molto difficile curare malattie oggi banali.
Il problema è dibattuto da tempo, sia in campo animale sia in medicina umana e le soluzioni sino ad oggi proposte si muovono lungo due direttrici: messa a punto di nuove molecole antibatteriche (strada lunga e difficile) e riduzione dell'uso di antibiotici, negli animali come nell'uomo.
 

La terza via

A queste due soluzioni ora se ne aggiunge una terza, complementare alle altre.
Si tratta del progetto "Reflua", sostenuto dalla regione Lombardia, che vede come capofila la cooperativa suinicola Assocom ed ha come guida scientifica Ilaria Braschi dell'università di Bologna.
Il progetto ha un approccio inusuale e originale nei confronti dell'antibiotico resistenza, affrontata seguendo il ciclo degli antimicrobici dopo il loro impiego e dunque nelle deiezioni degli animali, in questo caso dei suini.
 

Causa ed effetto

La presenza di antibiotici nei reflui dei suini, come ha spiegato a un recente incontro Ilaria Braschi, può indurre fenomeni di AMR nei batteri presenti nel suolo, interessando poi le coltivazioni e per trasferirsi infine alle acque.
Per le prove sono state prese in esame tre diverse situazioni aziendali: con impianto di depurazione, con solo vasconi di stoccaggio e infine con impianto per la produzione di biogas.
 

Tecniche di abbattimento

Le analisi si sono concentrate sui reflui provenienti dai reparti di svezzamento, dove l'impiego di antibiotici è più frequente.
E' stata così confermata la presenza nei reflui suini di alcune molecole antimicrobiche, come pure la presenza di ceppi batterici resistenti.

Le ricerche hanno esaminato alcune tecnologie in grado di contrastare questi fenomeni e la scelta è caduta sull'impiego degli ultravioletti, dei biofumiganti e dell'acqua ossigenata (reattivo di Fenton).
Quest'ultimo è il metodo che ha fornito i migliori risultati, consentendo al contempo un deciso abbattimento nella emissione di odori.
Ulteriori accertamenti hanno confermato che questi trattamenti non interferiscono con le caratteristiche dei reflui, lasciando immutato il loro potere fertilizzante.
 

One health

La lotta all'antibiotico resistenza si arricchisce così di un nuovo capitolo, che si affianca alla riduzione dell'impiego degli antimicrobici, da tempo attuato negli allevamenti.
I risultati ottenuti in campo animale suggeriscono peraltro di seguire la stessa via anche nel caso degli ospedali, dove la presenza degli antibiotici nelle acque reflue è certamente significativo e può a sua volta essere motivo di aumento della resistenza batterica.
Adottare analoghe tecniche in campo ospedaliero si inserisce idealmente nella strategia che va sotto la definizione di One health, dove la medicina dell'uomo e quella degli animali si muovono in sintonia e con i medesimi obiettivi.