Nel panorama dell'allevamento delle api regine è stata fondata recentemente Aissa, l'Associazione italiana per la selezione e la salvaguardia di Apis mellifera, che alcuni mesi fa ha anche realizzato e reso pubblico il suo sito internet.

Per conoscere meglio questa realtà e le sue posizioni anche all'interno del dibattito sulla selezione e la tutela delle api da miele abbiamo intervistato il presidente Elio Bonfanti.

Signor Bonfanti, quando è nata Aissa e da chi è composto il suo direttivo?
"Aissa si è costituita ufficialmente a Firenze nel luglio del 2019. Il suo consiglio direttivo è composto da apicoltori e allevatori di regine e selezionatori che gestiscono la propria attività in diverse regioni d'Italia, rappresentando così tutto il nostro paese. Sul nostro sito web può trovare tutte le informazioni dettagliate e l'elenco completo dei membri del consiglio".

Perché avete sentito l'esigenza di fare una nuova associazione di allevatori di api regine?
"Per il crescente vuoto culturale che abbiamo percepito con molta chiarezza negli scorsi anni. È stata sempre più evidente la mancanza di un solido retroterra scientifico in questo campo. Allevare api regine non è solo la tecnica del traslarvo o della inseminazione strumentale. Allevare regine di qualità significa affiancare all’allevamento un lavoro di selezione secondo un preciso schema. Il confronto con altre realtà apistiche di altri paesi evidenzia un gap molto ampio da recuperare".

Quanti soci ha oggi Aissa e come sono distribuiti sul territorio nazionale?
"I soci sono ad oggi 113 e le mostro qui un grafico a torta che ne illustra la distribuzione sul territorio nazionale. Ogni socio paga cento euro di iscrizione annuale. Abbiamo anche tre soci francesi".

Distribuzione dei soci Aissa
Il grafico della distribuzione geografica dei soci di Aissa

Dal punto di vista della selezione quali sono i caratteri su cui volete lavorare, e con quali tecniche?
"Ogni allevatore/selezionatore deve fare la selezione per i caratteri che ritiene più funzionali alla sua realtà ed ai bisogni del mercato. Miele, sciamatura, docilità e più recentemente comportamento igienico e Vsh (comportamento igienico specificamente orientato alla rimozione di varroe riproduttive) sono caratteri su cui notiamo un’estesa attenzione da parte delle aziende. Ma in prospettiva, con i cambiamenti climatici in corso, dovremmo fare serie riflessioni per definire obiettivi di più lungo respiro. Colonie con api più longeve, che non trasformino tutto il raccolto in covata e con una diapausa invernale più lunga potrebbero essere meglio in grado di sopportare gli sbalzi stagionali che vediamo tutti gli anni e che compromettono gravemente la produzione".

Nel sito dite di promuovere la ricerca e lo sviluppo di aree vincolate, in cui poter fare fecondazioni naturali, ma su quali basi giuridiche potere garantire che un sito sia isolato e vincolato e non possa arrivare liberamente qualche altro apicoltore in zona con le sue api e i suoi fuchi?
"Si tratta di un punto estremamente importante e qualificante della attività di Aissa. I più avveduti ne avevano già piena consapevolezza da tempo, ma proprio recentemente la letteratura scientifica sta rimarcando con forza l'importanza dell'uso di aree vincolate per fecondare le vergini con fuchi di certa origine se si vuole fare della selezione efficiente e, aggiungo io, per fare della seria conservazione genetica.

Come Aissa abbiamo un progetto molto importante in Sardegna, in cui il sindaco di Carloforte ha vincolato con un'ordinanza l'intera isola di San Pietro come area di accoppiamento per vergini che richiedano la fecondazione con fuchi di certa genetica ligustica. Ma come lei dice l'aspetto giuridico è fondamentale: il vincolo di un'area rientra nella sensibilità e nella libertà di un sindaco e di una giunta comunale in questo momento. A Carloforte abbiamo trovato attenzione e sensibilità. E devo dire che abbiamo in corso altre esperienze analogamente fortunate.

Aissa ha particolarmente a cuore questo aspetto e ci stiamo muovendo non solo a livello di ordinanze comunali, ma sensibilizzando anche le regioni in modo che si possa arrivare ad una legislazione più ampia che tiene conto di tutti gli aspetti delicati, con criteri condivisi. Abbiamo dato disponibilità a tutte le amministrazioni regionali per partecipare ad un confronto tecnico/scientifico a tale proposito.

Il principio fondante della nostra visione su questo tema, in linea con le pratiche in atto nella maggioranza dei paesi europei, consiste nel concepire le aree dedicate alle fecondazioni in isolamento senza arrecare alcun danno all'apicoltura produttiva: non si tratta di voler promuovere una proliferazione di aree vincolate sparse su tutto il territorio, con conseguente limitazione del nomadismo e della libertà degli altri apicoltori, ma piuttosto di individuare aree non vocate alla produzione di miele o prive di alveari a causa di una logistica troppo impegnativa (anguste valli alpine e appenniniche, isole, zone di monocoltura non nettarifera ecc.). Solo in questo modo riteniamo sia possibile dare un vero impulso all'utilizzo delle stazioni di fecondazione isolate, che altrimenti rischiano di diventare oggetto di sterili divisioni e conflitti, di cui l'apicoltura italiana crediamo non abbia davvero più bisogno
".

Elio Bonfanti
Elio Bonfanti, presidente Aissa

 

Il vostro nome parla di salvaguardia di Apis mellifera, cosa intendete per salvaguardia e come intendete realizzarla?
"Apis mellifera è una specie che si distribuisce su un ampio territorio in cui si sono evolute numerose e diverse varietà. Fino a qualche decennio fa ogni apicoltore allevava la sua varietà locale e le vergini si accoppiavano coi fuchi della zona sempre della stessa varietà (ecotipo locale). Nessun problema quindi per la salvaguardia e la conservazione della biodiversità. Ma quel mondo è terminato da tempo e non si possono spostare all'indietro le lancette dell'orologio. Negli ultimi decenni le imprese apistiche si sono sviluppate e diffuse, fanno selezione, producono linee migliorate geneticamente sia sotto il profilo sanitario che più strettamente produttivo, che evidentemente si diffondono tra gli apicoltori per le migliori capacità performanti e spesso per un minor impatto dei problemi sanitari.

Ad esempio la carnica fa selezione da più di cento anni usando proprio le aree vincolate di cui si diceva prima. Pensi che in Germania l'area più antica tuttora in funzione risale al 1911! E sempre in Germania, da un paio di decenni, usano sistemi di selezione molto avanzati, gli indici di selezione, che stanno dando risultati sbalorditivi. Poi c'è l'esempio della Buckfast. Qui l’approccio è stato diverso. Il Frate Adam ha condotto in Inghilterra un paziente lavoro di meticciamento e selezione: ha preso le migliori caratteristiche di molte varietà di
Apis mellifera e le ha riunite in un nuovo tipo genetico stabile e molto performante. È un esempio straordinario di creazione di nuova biodiversità. Qualcuno si scandalizza sentendo parlare di creazione di nuova biodiversità, ma tutte le varietà di animali e piante addomesticate e allevate dall'uomo sono esempi lampanti di nuova biodiversità.

Però è chiaro che la competizione di Buckfast e carnica rischia di spiazzare le vecchie varietà locali che infatti sono in regresso in tutta Europa, proprio a causa di un mancato lavoro selettivo protratto per decenni. Ora, pensare che si possa tornare ad un'epoca passata e che si possa impedire agli apicoltori di comprare e allevare api di una genetica che ritengono più adatta al loro ambiente e alla loro azienda a colpi di normative regionali è del tutto illusorio e utopistico, oltre che discutibile sul piano etico. Se l'approccio, che ahimé vedo spesso ripetuto, è quello basato solo su divieti e barriere, allora c'è davvero di che preoccuparsi.

In Italia abbiamo ligustica e sicula. Cosa davvero si fa per queste due varietà a parte porre dei veti? Come Aissa abbiamo il modello San Pietro, abbiamo un modello di regolamento per la gestione di un'area di accoppiamento, presentiamo e divulghiamo queste idee in convegni e riunioni di apicoltori, siamo a disposizione di chiunque voglia avviare progetti di conservazione/selezione senza pregiudizi ideologici. La stessa ligustica, per la vastità del suo areale di diffusione e la solidità della sua variabilità genetica, si presterebbe ad essere declinata, se solo si perseguisse con attenzione il modello dell'area di accoppiamento, in sotto varietà regionali che darebbero ampio spazio a narrazioni interessantissime per allargare le opportunità commerciali dei produttori".


Nel vostro sito dichiarate che i soci Aissa sono liberi di allevare la varietà di Apis mellifera che preferiscono, anche se con una attenzione privilegiata per gli ecotipi nazionali. E poche righe sotto c'è scritto che Aissa sviluppa strumenti per conservare la biodiversità esistente, per contrastare l'erosione genetica dovuta alla globalizzazione. Non rischia di essere contraddittorio? L'erosione genetica delle sottospecie autoctone italiane è dovuta proprio all'uso libero (o incontrollato) di sottospecie o razze non autoctone.
"Non c'è nessuna contraddizione: in apicoltura esistono gli strumenti per fare conservazione senza ledere la libertà altrui, e si tratta di strumenti consolidati ed in uso in tutta Europa. Riteniamo sia fuorviante ed autoritario pensare di impedire ad un apicoltore di allevare le api del tipo genetico che ha scelto per la sua attività di allevamento. In primis non esiste una legislazione che lo vieta e questa libertà deve essere garantita a chiunque come lo è per ogni altra forma di allevamento.

Per chiarirle il punto le faccio un esempio: se io allevo Buckfast, i fuchi prodotti dalle mie regine possono fecondare le vergini del mio vicino che alleva ligustiche. Questo è un dato di fatto e il rischio di una progressiva erosione genetica esiste, ma è proprio qui che diventa cruciale il consolidamento in Italia di una robusta cultura del controllo del momento riproduttivo attraverso le aree di accoppiamento, ma anche attraverso la diffusione dell'inseminazione strumentale o delle fecondazioni in controstagionalità. Se il mio vicino che alleva ligustiche avesse a disposizione un'area di accoppiamento dove fecondare le sue vergini non avrebbe motivo di preoccuparsi dei fuchi che circolano nell'ambiente e non avrebbe motivo di costruire una narrazione che criminalizza l'allevatore di Buckfast.

Naturalmente il discorso è simmetrico: in un'analoga area di accoppiamento anche l'allevatore Buckfast potrebbe beneficiare di fuchi Buckfast senza interferenze di fuchi ligustica. Inoltre, controllando l'accoppiamento, sia io che il mio vicino possiamo selezionare le nostre api sia per via materna, e questo già si fa, ma anche per quella paterna. Questo fatto importantissimo, che è stato ampiamente dimostrato su basi scientifiche, genererebbe quel miglioramento genetico che solo con la via materna è virtualmente assente o limitatissimo. Insomma con Aissa vorremmo che gli apicoltori italiani che legittimamente vogliono allevare la ligustica, si attrezzino con gli strumenti giusti per fare qualcosa per il bene di questo tipo genetico anziché combattere contro quelli che ne allevano un altro. Abbiamo davanti sfide titaniche come apicoltori, dalla varroa ai mieli cinesi. Ma perché invece di guerre non proviamo a ragionare su una selezione efficiente per mitigare ad esempio i danni da cambiamento climatico?".


Questo che proponete è vero, ma è fattibile solo da apicoltori che abbiamo le possibilità organizzative o logistiche per farlo. In molti temono che in questo modo solo pochi potranno fare selezione e gli altri rischino di diventare dipendenti da allevatori specializzati per avere buone regine, non potendole selezionare in azienda, dal momento che nell'ambiente rimangono fuchi con una grandissima variabilità genetica. Altri vedono in questo anche un rischio per la biodiversità naturale, dal momento che le sottospecie autoctone rimarrebbero solo nelle aree isolate o controllate da allevatori di regine e non più diffuse sul territorio. Aissa come si pone di fronte a queste critiche?
"Il tema è complesso ed è necessario procedere con ordine: la selezione è un'attività che richiede una notevole esperienza di campo e competenze scientifiche spesso coadiuvate da enti scientifici o associazioni tecniche dedicate. Inoltre l'attività selettiva è un processo che dura nel tempo: servono molti anni di lavoro per raggiungere risultati apprezzabili, mantenuti e progressivamente migliorati.

Tutto questo implica dei costi così elevati che difficilmente un'azienda apistica, anche di spessore, possa cimentarsi in questa attività in modo indipendente ed autonomo, senza la collaborazione con altre aziende, istituti scientifici, associazioni e soprattutto senza che vi sia una diffusa cultura della selezione nel tessuto sociale apistico.

Lo stato dell'arte nel nostro paese riflette chiaramente queste difficoltà: le aziende specializzate nell'allevamento di regine e nel miglioramento genetico che sono in grado di vendere madri selezionate si possono contare sulle dita di una mano.

Questa carenza nel lavoro selettivo ha portato l'Italia a scontare un notevole ritardo rispetto al resto d'Europa nella qualità dell'allevamento e del materiale genetico, cosa che ha ovviamente incentivato l'acquisto di regine dall'estero, dove un lavoro coordinato e costante nel tempo ha permesso di costruire una cultura della selezione diffusa e consolidata.

Tutto questo è avvenuto ed avviene ancora oggi, a prescindere da Aissa.

Il nostro sforzo va nella direzione di diffondere anche in Italia quegli strumenti basilari per poter colmare il nostro ritardo culturale ed operativo: in primis l'utilizzo di stazioni di fecondazione isolate e dell'inseminazione strumentale. Così come succede in Austria, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, ecc.. È possibile che tutti gli apicoltori, comprese le piccole aziende e gli hobbisti, effettuino un lavoro di selezione in proprio frequentando specifiche stazioni di accoppiamento, pubbliche o private, dove possono beneficiare di linee maschili selezionate appartenenti al proprio tipo genetico prescelto.

È importante comprendere che non vi è nessuna dipendenza da presunti 'monopolisti' della genetica, ma anzi la diffusione di un modello cooperativo ed orizzontale che dà la possibilità a tutti di lavorare sulla qualità del materiale genetico allevato.

Le sottospecie autoctone dovrebbero beneficiare dell'utilizzo di stazioni isolate dedicate, migliorandone il livello selettivo e dunque diventando molto più attrattive per l'utilizzo da parte di molti apicoltori professionisti e non. Fare affidamento sulle libere fecondazioni in ambiente non può essere una strategia sostenibile per conservare la biodiversità né tantomeno per fare miglioramento genetico: il controllo degli accoppiamenti è l'unico strumento che permette di salvaguardare la biodiversità esistente e di lavorare selettivamente sulle popolazioni di interesse, senza peraltro creare barriere protezionistiche pericolose per tutto il settore.

Per avere un'idea di come sarebbe possibile lavorare basterebbe visitare qualche stazione isolata di montagna gestita dall'Aca in Austria o dalla GdeB in Germania: anche piccoli apicoltori hobbisti portano ogni anno qualche nucleo per la fecondazione con fuchi selezionati da istituti apistici o selezionatori professionali, gestendo poi in proprio la scelta delle madri riproduttrici per l'anno seguente.

Ci rendiamo conto che serve uno sforzo tecnico ed organizzativo notevole per realizzare tutto ciò: in questo senso l'apicoltura italiana è chiamata a fare un salto di qualità e molte aziende professionali già da anni si sono attivate in questo senso, acquisendo competenze ed esperienza per selezionare in proprio il materiale più adatto al proprio ambiente, in continua mutazione, e alla propria gestione aziendale, anch'essa in costante trasformazione a causa delle problematiche che tutti conosciamo.

Piuttosto che alimentare uno scontro inconcludente tra sostenitori di tipi genetici diversi, occorre semplicemente darsi gli strumenti per poter lavorare seriamente e nel rispetto reciproco. Credo che andando in questa direzione gli apicoltori e le apicoltrici del nostro paese abbiano delle grandi potenzialità da sviluppare, senza alzare steccati ma lavorando insieme per un'apicoltura migliore.

Mentre tutta Europa discute di tolleranza genetica alla varroa, in Italia siamo ancora a dibattere se è opportuno o meno controllare gli accoppiamenti...Mi sembra il medioevo.


Dal punto di vista scientifico avete collaborazioni in atto con università o enti di ricerca?
"Certamente. Abbiamo la fortuna di disporre del tempo e dell'attenzione del Prof. Pagnacco che ha lavorato per una vita sulla selezione di tutte le specie domestiche e che ha certamente uno sguardo molto lungo sui nostri problemi. Attraverso di lui abbiamo interazioni frequentissime col dipartimento di Medicina Veterinaria della statale di Milano e con un istituto del Cnr".

Quale è il vostro rapporto con l'Albo nazionale degli allevatori di api regine?
"Purtroppo dal mio osservatorio credo di poter dire che l'Albo ha avuto sino ad oggi un impatto molto limitato, rispetto al suo potenziale, sulla selezione e la conservazione della ligustica mentre per  la sicula abbiamo visto iniziative di conservazione interessanti. Oggi vediamo progetti ed energie nuove anche da quella direzione. Ne siamo contenti ma soprattutto pronti e disponibili ad ogni possibile collaborazione mettendo a disposizione anche le nostre competenze soprattutto in campo selettivo e conservativo. Siamo contenti di avere all'interno dei soci Aissa iscritti all'Albo nazionale.

Sarebbe necessario però che venisse appieno compreso il fatto che l'apicoltura dà da vivere a migliaia di imprese e che quindi deve essere considerata un fatto zootecnico più che entomologico".


Aissa dichiara di aderire a Unaapi, una delle principali associazioni di apicoltori italiane. Ma i soci Unaapi si riconoscono negli obbiettivi e nella filosofia di Aissa?
"Questo andrebbe chiesto a loro. Noi proponiamo idee e fatti operativi concreti e siamo pronti a discutere di tutto su base scientifica e non ideologica. Siamo consapevoli che in Italia il dibattito apistico su questi temi è spesso viziato da visioni protezionistiche e dalla criminalizzazione dell'apicoltura professionale. Tuttavia sappiamo anche che nel nostro paese ci sono molti apicoltori preparati che negli anni hanno coltivato, discretamente e lavorando sodo, una solida competenza nel controllo degli accoppiamenti e nella selezione.

Siamo ben convinti delle nostre idee e confidiamo nel tempo, che è sempre galantuomo".