Api e impollinatori in generale sono sempre più al centro dell'interesse scientifico e ultimamente anche mediatico.

Un interesse dovuto al rischio concreto di una riduzione di questi insetti che comprendono migliaia di specie in particolare di coleotteri, lepidotteri, imenotteri e tra questi ovviamente le api, non solo quelle da miele, ma tutte le specie della superfamiglia Apoidea, che conta oltre 30mila specie diverse.

L'allarme per la riduzione del numero e della biodiversità degli insetti pronubi è stata lanciata anche dalla Fao, in particolare per i pronubi selvatici (cioè quelli non allevati come le api da miele e i bombi per l'impollinazione).

Una riduzione che in certi casi è già stata documentata tra gli altri anche dal progetto di ricerca europeo Step (Status e trend in european pollinator), dovuta alla perdita di habitat, all'inquinamento, all'uso scorretto dei fitofarmaci e agli effetti dei cambiamenti climatici.

In vista della nuova programmazione della Pac post 2020 l'Ong Beelife - Coordinamento apistico europeo, che ha tra i suoi obiettivi la salvaguardia degli impollinatori e della biodiversità - ha pubblicato una proposta per indirizzare alcune misure alla tutela degli insetti pronubi.

E noi abbiamo intervistato Francesco Panella, apicoltore professionale e presidente di Beelife, per farci spiegare nel dettaglio questa proposta.

Presidente, la nuova Pac nei suoi obiettivi dichiarati mette esplicitamente la tutela ambientale e la difesa del paesaggio e della biodiversità, perché avete sentito il bisogno di fare una proposta mirata sugli impollinatori?
"Nel recente passato alcuni agricoltori hanno percepito, e sovente trattato, gli apicoltori come rompiscatole. Credo dunque valga la pena di ripercorrere come e perché questa piccola categoria rurale sia saltata agli onori della cronaca e…della storia agricola italiana ed europea odierne. Dalla fine degli anni novanta in poi, apicoltori e loro associazioni sono stati costretti a denunciare e a dare voce a quanto vivevano in campo. Un declino crescente delle api, che ha suscitato diffuso allarme nell'opinione pubblica, sia quale segnale d'allarme dell'inarrestabile degrado della biodiversità agraria e sia per le molteplici e varie prove scientifiche d'inaccettabili impatti da pratiche agronomiche e da molecole biocide.

Le risposte di buona parte dei soggetti agricoli (istituzioni, categorie produttive, politici, associazionismo, ricerca, professioni, media specializzati ecc…), consueti a lavare i panni sporchi fra agricoli, sono state perlopiù di nervoso rifiuto.
Ovviamente è immediatamente scesa anche in campo la potenza di fuoco comunicazionale delle multinazionali della chimica, con loro relativa schiera di ricercatori ed enti scientifici variamente subalterni.

Multinazionali, buona parte della stampa agricola e vari soggetti agricoli, hanno con stizza proposto disparate e convergenti argomentazioni di ripulsa di ogni evidenza sia di campo, sia scientifica. Vale la pena, ritengo, ricordarne alcune:
• negare, negare e poi ancora negare l'esistenza di qualsivoglia problematica originata da pratiche agronomiche, con in più la pretesa di addossare l'onere della prova agli stessi apicoltori vittime di morie;
• imputare il declino delle api a questa o a quella nuova patologia, oppure all'improvvisa sopravvenuta incapacità degli stessi apicoltori;
• proporre l'equazione: legale = innocuo. Accompagnata dalle rassicurazioni d'affidabilità totale e garantita delle procedure precauzionali autorizzative di molecole e preparati, quale incontestabile impossibilità di qualsiasi effetto imprevisto su forme di vita non target (a fronte peraltro della periodica e continua ecatombe di principi attivi, per evidenze - post autorizzazione - di plurimi e gravissimi effetti imprevisti per la stessa…salute umana!);
• diffondere ossessivamente elenchi, anzi litanie (come a suo tempo per tabacco, amianto ecc…) di più o meno fondate o fantasiose cause multifattoriali per nascondere e non far considerare gli impatti da metodi e scelte agricole (sono ovviamente tanti i fattori che interagiscono nei fenomeni ambientali, ma…quelli determinanti che si possono cambiare con facilità sono ed erano identificabili…sempre che lo si voglia, e a meno che non si debbano difendere grandi interessi e profitti extra-agricoli);
• continui e ricattatori aut aut, presentazione di ogni scelta produttiva messa in discussione, quale insostituibile e senza possibili alternative. Paventando e descrivendo, nel caso di provvedimenti precauzionali, certi scenari catastrofici per economia, occupazione e - ovviamente - per il contrasto alla fame nel mondo;
• ridurre il tutto a necessaria e scontata conciliazione tra diversi settori agricoli…con ovvia prevalenza per quelli economicamente più sostanziosi: non si possono certo trasferire colture perenni, si allontanino gli alveari!.

Fortunatamente queste miopi e controproducenti reazioni non sono state le uniche in ambito agricolo. Scienziati, entomologi, responsabili ed enti pubblici, agricoltori e parte delle loro rappresentanze, soprattutto apicoltori e alcune loro rappresentanze, sono stati capaci di impegnarsi in un complesso confronto e percorso di accertamenti sia scientifici e sia di campo.
L'agricoltura non è, infatti, sommatoria di comparti, l'agricoltura è una, un insieme imprescindibile cui ogni specializzazione e competenza può e deve contribuire alla fertilità e vitalità feconda dei campi. Siamo così giunti, con danni incalcolabili ad api e apicoltori, e addossandoci grandi investimenti per ottenere accertamenti scientifici, per condividere le acquisizioni e trasmetterle a istituzioni e opinione pubblica, per la prima volta nella storia allo stop, seppur ancora incompleto, della più importante famiglia di insetticidi al mondo.
Con una novità di valenza storica: il primo alt a molecole, non più e non solo per scoperta tardiva di gravi effetti sulla salute dell'uomo, bensì per comprovati e intollerabili effetti per la salute di api, impollinatori e ambiente.

Nel frattempo la scienza ha documentato il crescente - inarrestabile? - declino non solo delle api ma di molti impollinatori, degli insetti, di gran parte delle specie viventi nei nostri campi.
Abbiamo ragione di contare che si pervenga presto a superare le ancora pervicaci resistenze (di multinazionali in coppia con gli Stati membri della Ue) alla indispensabile riforma delle procedure autorizzative di molecole e preparati (come proposto da Efsa stessa), per una valutazione preventiva davvero precauzionale che includa anche gli effetti subletali e cronici, come da recente decisione e pressoché unanime richiesta del Parlamento europeo.

Api e apicoltori hanno quindi assai contribuito e intendono perseverare a contribuire, a questo importante e storico progresso d'approccio ambientale  dell'agricoltura europea contemporanea"
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La vostra proposta prevede di usare delle misure che faranno parte della nuova Pac, come la condizionalità, le misure agro-climatiche-ambientali, l'incentivazione dell'assistenza tecnica, indirizzandole alla tutela degli impollinatori, in che modo?
"Nel nostro ambiente agricolo nazionale non vi è sufficiente informazionedibattito sul Green deal e sugli innovativi orientamenti della Pac dopo il 2020. Se si confermerà un forte indirizzo green d'insieme delle politiche Ue, chi sarà più soggetto a cambiamenti radicali? La nuova politica alimentare dell'Ue, Farm to Fork (F2F), ha dichiarato la commissaria europea per la Salute, Stella Kyriakides, conterrà azioni legislative e non legislative al fine di migliorare la sostenibilità della catena alimentare e avrà obiettivi specifici per la riduzione del rischio e dell'uso di agrofarmaci. 'Vi sono importanti preoccupazioni dei cittadini e la Commissione intende presentare obiettivi e azioni realistici', ha precisato.

Va cioè preso atto che se l'agricoltura da un lato è la prima destinataria delle risorse Ue, dall'altro è il settore che meglio e prima può utilizzare queste risorse per migliorare in un percorso verso una vera sostenibilità. Se a questo aggiungiamo la perdita di peso politico e la sempre minore 'simpatia' che raccoglie nella pubblica opinione, capiamo perché oggi incidano sempre più le scelte degli altri e diversi player dell'agroalimentare. Glifosate free e - 70% di limiti residuali, dovrebbero far riflettere! Sovente ad esempio, oramai decide e determina di più la Gdo che non l'insieme delle organizzazioni agricole e dei governi nazionali! Il primo obiettivo, evocato più volte da Kyriakides, prevede la riduzione dell'uso di agrofarmaci da qui al 2030. Per la Commissione sarà 'obbligatorio e con una chiara base giuridica'. Se si passerà dalla declamazione reiterata di obiettivi - senza alcuno strumento di controllo d'effettiva attuazione - a obiettivi da trasformare finalmente… in fatti, realizzare nei vari ambiti della Pac misure concrete per impollinatori e api può essere uno dei terreni di confronto per ottenere e per dimostrare sostanzioso ed effettivo progresso. Certo un approccio complessivo implica, per la scelta delle modalità di produzione, passare dal consueto, semplificante e primitivo confronto delle medie produttive, alla considerazione dell'insieme degli impatti nel tempo delle proprie attività, inclusi quelli di medio e lungo periodo su ambiente e vita.

Tre misure incluse nella condizionalità rafforzata possono svolgere un ruolo specifico per incentivare la presenza di api, impollinatori e biodiversità nei campi: GAEC-1 Prati permanenti, GAEC 8-Rotazione delle colture (in sostituzione della diversificazione delle colture) e GAEC 9-Aree non produttive (nuova - e pessima - definizione delle ex aree di interesse ecologico). Un'attenzione particolare dovrebbe essere dedicata alle colture importanti per gli impollinatori poiché è necessario un flusso continuo di nettare e di polline nel territorio durante tutto l'anno per sopravvivenza e sviluppo di insetti e api. Ovviamente tutte le misure che moltiplicano le risorse nutrizionali e dell'habitat per la biodiversità devono essere attuate parallelamente a una riduzione dell'uso di agrofarmaci. Insomma una logica che non socializzi i costi e privatizzi i rendimenti! Un salto in primo luogo di mentalità e culturale, e che anche grazie gli impollinatori potrebbe verificare concretamente se e quanti progressi si stanno realizzando"
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Francesco Panella
Francesco Panella e il logo di Beelife

Tra le novità della nuova Pac ci sarà un nuovo strumento: i cosiddetti eco-schemi su cui si poggerà gran parte dei contributi ambientali per le aziende agricole. Voi ne avete proposto uno ad hoc per gli impollinatori, può spiegarcelo?
"Progressiva e costante perdita di fertilità dei terreni, contaminazione pervasiva agricola delle acque di superficie e profonde, declino di tutte le specie viventi nei campi d'Italia, sono dati di fatto non solo accertati e incontestabili, ma sempre più comunicati e condivisi. E' ora che il mondo agricolo se ne faccia carico, non c'è più tempo da perdere. Un fenomeno in atto rende bene l'idea di quanto sia indispensabile ricollocare le nostre pratiche nel ciclo della vita naturale: come si fa a sostenere d'essere sostenibili e poi sempre più privilegiare cultivar (come nel caso di girasole, colza, orticole e fruttiferi…) con fiori che sono…contronatura? Sono sì organi riproduttivi della pianta, ma…non svolgono più la funzione relazionale e sinergica del vivente per cui si sono sviluppati nel ciclo naturale della vita nei milioni di anni: non secernono più nulla per gli impollinatori! Uno degli strumenti di possibile crescita e di progresso è perseguire nuove logiche e nuove misure mirate alla sopravvivenza di uno dei fattori di produzione indispensabili: gli insetti.

Proponiamo una logica d'insieme, accompagnata da vari esempi indicativi, in entrambi i pilastri e in molteplici misure. Gli eco-schemi rappresentano un'opportunità unica per gli Stati membri di investire, incentivare e premiare gli agricoltori per l'incremento delle prestazioni ambientali e climatiche, oltre i requisiti obbligatori della nuova condizionalità rafforzata. Questa nuova misura, che dovrebbe rappresentare il 30% dei pagamenti diretti nella Pac, è un'opportunità per pensare e operare oltre le consuetudini e di attuare nuovi piani di azione per una relazione vincente (win win) tra agricoltura e natura. È obbligatorio per gli Stati membri progettare e proporre uno o più eco-schemi. Prevedono un impegno annuale un anno alla volta tale da renderli flessibili e attraenti per gli agricoltori. Il dato di cui farsi carico è che gli impollinatori oggi non trovano risorse o habitat per svilupparsi e periscono. La logica in progress è che si ricostruiscano, per quanto possibile, un patchwork e una rete di risorse a livello paesaggistico affinché la disponibilità delle risorse possa essere garantita tutto l'anno. Proponiamo la progettazione e realizzazione di pacchetti, secondo i vari contesti territoriali e culturali, che includano un insieme di pratiche modellate diversamente per le colture annuali e per le perenni, quali ad esempio:
• una o più colture interessanti per gli impollinatori in almeno il 10% della superficie agricola ogni anno;
• diversificazione colturale e varietale per fornire risorse agli impollinatori, con comprovata capacità mellifera e pollinifera, e con periodi di fioritura prolungati;
• riservare una percentuale significativa di superficie a elementi paesaggistici (siepi, alberi, strisce di fiori, stagni, muri in pietra, prati ecc…);
• coinvolgimento degli attori del territorio;
• formazione continua per agricoltori e cittadinanza sull'importanza degli insetti;
• uso sostenibile dei fitofarmaci.

Se come contiamo sarà valutata e considerata questa opportunità, vi saranno ampi spazi per costruire insieme con gli agricoltori un modo di produrre compatibile con tutte le forme viventi e utili: insetti, vermi e microbi. Compatibile cioè con il ciclo della vita, della fertilità e della capacità produttiva agricola stessa"
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Un aspetto molto interessante dell'eco-schema impollinatori sono i contratti tra agricoltori e apicoltori, un modo concreto per superare la frattura che è avvenuta in questi anni tra il settore apistico e il comparto delle produzioni vegetali, pensa che sarà adottato su larga scala?
"Come ho già detto credo che il nostro stimolo sia stato tutt'altro che teso alla contrapposizione e frattura, pertanto credo vada riconosciuto finalmente il percorso di confronto che ha contribuito a una faticosa presa d'atto scientifica e culturale. Che contiamo giunga a compiersi e a concretizzarsi in modifiche sostanziali delle procedure per autorizzazioni di molecole e preparati e in innovazione vera delle pratiche agronomiche.

Siamo parte integrante e indispensabile del mondo agricolo e rurale e se da un lato chiediamo norme applicate, verificate e anche finalmente controllate in campo, dall'altro siamo consapevoli dello sforzo e degli investimenti che comportano, in un ambito produttivo agricolo con margini sempre più risicati. Per affrontare tali sfide e vincerle è importante attivare anche misure di incentivo, premiali per chi saprà e vorrà misurarsi con la necessaria ma non semplice riforma delle logiche e delle tecniche produttive agronomiche. Avanziamo proposte di premialità economica che hanno un solo valore esemplare e che dovranno essere meglio determinate territorialmente. Ciò che ci interessa sottolineare è che possono riguardare i vari soggetti coinvolgibili ma che sono prioritariamente da indirizzare ai coltivatori"
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Nell'eco-schema c'è anche la proposta di fare una certificazione bee-friendly per le colture, di cosa si tratta?
"Non vogliamo certo si ripercorra il pessimo esempio di chi si fregia di api e coccinelle, perpetuando tecniche agronomiche con chilogrammi/ettari di agrofarmaci che invece ne procurano il declino. Molte sono le colture di possibile e particolare interesse per gli impollinatori oltre alle frutticole e alle orticole, ad esempio: colza, girasole, lino, veccia, camelina, grano saraceno, mais, legumi come erba medica, varie tipologie di trifoglio, piante aromatiche, phacelia, girasole, senape, ravanello, legumi, veccia, pisello tuberoso, ecc... Una nuovissima certificazione dovrebbe attestarne la selezione anche per la quantità di polline/nettare prodotta e il periodo di fioritura.

Proponiamo si costruiscano con gli agricoltori e loro organizzazioni, strumenti di comunicazione e di valorizzazione che testimonino i percorsi di miglioramento, verificati e attestati dalla sopravvivenza e diffusione dell'insieme degli impollinatori nei loro campi. Una misura della sostenibilità, non asserita e postulata senza conforto alcuno, anzi contraddetta platealmente dai dati Ispra sulle acque, dal crollo delle popolazioni di insetti e di uccelli di campo, dalla incessante perdita di fertilità dei campi, ma comprovata dalla floridità e varietà degli impollinatori. Il nostro è tutt'altro che sogno poetico e romantico: un'agricoltura variegata senza eccessive estensioni in monocoltura, con il ritorno all'acquisizione scientifica delle pratiche delle rotazioni, delle consociazioni, delle successioni, fiorita con tutta la sua tavolozza di colori, con volo e canti d'uccelli, con brusio del vivente e ronzio d'insetti. Questa è l'unica agricoltura, è l'agricoltura del futuro, fertile anche nel e per il domani"
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Tra i punti dell'eco-schema c'è ovviamente la riduzione dell'uso dei fitofarmaci, la promozione della agricoltura biologica e integrata e anche, dell'agricoltura di precisione. Forse è la prima volta che un'organizzazione apistica e ambientalista riconosce l'importanza di questo nuovo modo di fare agricoltura, come proponete di valorizzarla?
"Stimo e ho collaborato con associazioni ambientaliste ma la nostra è una realtà associativa preminentemente agricola e rurale. Confidiamo certo nell'evoluzione delle conoscenze, delle tecniche e delle capacità umane. Grandi sono le opportunità e le potenzialità che oggi si prospettano, e che possono consentire nuovi orizzonti per capire se e come operare. Gran parte delle nostre pratiche agricole odierne sono invece determinate dalla paura, dal timore di perdere i raccolti, dall'arrivo di sempre nuove forme di vita aliene, con spandimento sistematico di medicine che sono tutt'altro che preventive, ma il più delle volte inutilmente distruttive. Un primo passo indispensabile è l'affermazione chiara di priorità della sostenibilità ambientale rispetto a quella economica per le aziende agricole, altrimenti non ci schioderemo mai dalla strada che ci ha portato al cul de sac. Grazie all'innovazione potremo realizzare tale esigenza primaria e riuscire a darle pure consistenza e sostenibilità economica. Da un lato i sostegni assicurativi possano e debbano contribuire a cercare di garantire il reddito, dall'altro le nuove tecnologie e una radicale innovazione possono aprire nuove prospettive per il ripristino della fertilità, con: articolazione e differenziazione delle colture rispetto alle caratteristiche e varietà dei terreni, ricostruzione e mantenimento della fertilità dei suoli, nuove interessantissime consociazioni e successioni colturali.

Se l'innovazione concentrerà i suoi potenziali e gli investimenti sul riequilibrio dei cicli naturali, piuttosto che con gli input esterni, si potranno realizzare grandi traguardi. Gli importanti risultati e successi del bio, pur così poco sostenuto e incentivato in Italia, mi pare indichino le opportunità…tutte da percorrere. Chi invece si azzarda a definire innovativo lo spandimento regolare e reiterato di diserbanti (scientificamente accertati, più degli insetticidi, quali fattore primario di declino degli insetti) ha più di che sufficienti elementi di conoscenza per sapere che in tali approcci vi è tutt'altro che progresso e futuro. Se e quando si applicheranno davvero e concretamente i principi della lotta integrata (oggi generalmente distorti, disattesi se non totalmente falsati), innovando con pratiche che potranno avvalersi di nuove e promettenti logiche e tecnologie, si apriranno finalmente enormi prospettive di progresso"
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L'eco-schema impollinatori prevedrebbe, in modo obbligatorio, di fare trattamenti antiparassitari pericolosi per gli impollinatori dopo il tramonto per evitare di trattare durante le ore di attività dei pronubi. Per aziende anche di medie dimensioni può voler dire lavorare anche tutta la notte... e il principio attivo poi, anche se poco persistente, sarebbe efficace il giorno dopo alla ripresa dell'attività degli insetti. Non basterebbero le normali precauzioni come non trattare in fioritura, evitare le giornate di vento e sfalciare le fioriture spontanee?
"Le precauzioni sono importanti, peccato siano solo raccomandazioni di cui nessuno controlla l'applicazione. Precauzioni che oltretutto, anche se e quando praticate, sovente sono insufficienti. Solo una minima parte, infatti, delle sostanze attive colpiscono il target e generano invece effetti deleteri e diffusi sull'insieme del vivente. Lo stesso postulato per cui basterebbe intralciare la cosiddetta deriva, è basato su un grave falso ideologico di approccio: se si spande una sostanza attiva questa in un modo o nell'altro resta, si trasforma e permane nell'ambiente. Come per le medicine se si vuole davvero ridurre il danno, vanno considerate le modalità ottimali di somministrazione. Il trattamento serale è un'interessante precauzione poiché riduce almeno in parte l'impatto immediato delle molecole. Tant'è che è stato proposto e considerato seriamente in un paese come la Francia. Anche in Italia nel caso di trattamenti con piretro, abbiamo potuto verificarne un'apprezzabile riduzione d'impatto.

Sono ben consapevole delle difficoltà e del costo che implica un trattamento serale/notturno, nel contempo so anche che se si è coscienti che ciò che si usa è arma pericolosa, si porta la responsabilità di dover realizzare tutto il possibile per ridurne le controindicazioni, e attivare tutte le precauzioni, per tutto e per tutti….umani inclusi!"

Frontespizio del documento di Beelife
Il frontespizio del documento pubblicato da Beelife per una Pac per gli impollinatori

Un altro punto dell'eco-schema, questa volta facoltativo, è la possibilità per l'agricoltore di far parte di un'associazione di conservazione che può partecipare a sondaggi sulla biodiversità per accedere agli aiuti. Ma un agricoltore può lavorare bene senza dover essere affiliato a nessuno e i sondaggi possono essere fatti da enti di ricerca pubblici. Questa proposta potrebbe sembrare più che altro un aiuto alle associazioni più che agli agricoltori o agli impollinatori, non le sembra?
"Tanti già oggi singolarmente lavorano bene, la nostra è però una proposta di percorsi collettivi. La diffusione e crescita importante di movimenti locali sempre più ostili alle odierne metodiche di coltivazione e di trattamenti, e quindi all'agricoltura tutta (per limitarsi a qualche esempio: Alto Adige, Trentino, Prosecco, Friuli e Tuscia) sono segnali che dovrebbero ben altrimenti essere colti in tutta la loro rilevanza e valenza. Ciò che noi auspichiamo è invece un ritorno al protagonismo di campo degli agricoltori e alla collaborazione e condivisione tra gli agricoltori (fra cui a testa alta annoveriamo anche noi apicoltori) e con gli abitanti delle campagne.

L'associazionismo cui ci riferiamo può essere propaggine di associazioni di vario tipo, o essere a carattere strettamente locale, ma per essere sostenuto dalla Pac, deve essere rurale e territoriale, per insieme ottenere, sfruttare e godere di un ambiente sano e fertile. Un rilancio di una dimensione collettiva del e nel territorio, di là di approcci ideologici, è possibile. La radicata diffusione del volontariato è una dei più bei aspetti del nostro paese, o no? Perché non cercare di realizzarlo anche per contribuire a costruire un ambiente, produttivo d'eccellenze, bello, ricco di vita e…sano e salubre?"


Un punto molto interessante della vostra proposta è quello di valutare l'efficacia delle politiche agricole a vantaggio dei pronubi valutando gli effetti sugli insetti stessi e introducendo l'indice impollinatori, come funzionerebbe?
"Prelevando periodicamente (una volta il mese) e analizzando le matrici dell'alveare si ha un eccezionale strumento per verificare la diffusione e la permanenza di sostanze attive di contaminanti nell'ambiente, con una misura di buona parte dell'esposizione e dei possibili effetti sull'entomofauna. Le api con i milioni di micro prelievi di diverse matrici (acqua, nettare, polline, resine, polveri ecc…) in una vasta area, con la loro peluria co-evoluta per intercettare polveri, con le ottime condizioni di stabile conservazione della loro dimora, sono un'eccezionale centralina di rilevazione.

Monitorando le api e la loro esposizione, quali testimoni e campioni in un ampio territorio si possono accertare e capire molti dati di gran rilievo per capire condizioni per presenza, varietà, sopravvivenza e capacità produttiva e riproduttiva degli impollinatori. In Piemonte con Aspromiele, da tre anni, abbiamo attivato un progetto di monitoraggio tramite le api, che le propongo di approfondire e far conoscere ai suoi lettori. I risultati sono da un lato preoccupanti ma nel contempo assai promettenti. Forniscono dati predittivi su cosa e come misurarsi per cambiare in meglio. Infatti, sia il Servizio fitosanitario regionale che soprattutto diverse realtà agricole territoriali ne stanno apprezzando i risultati e con loro lo stiamo implementando"
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La vostra proposta è quella di tutelare tutti gli impollinatori, che comprendono migliaia di specie, ma dal documento pubblicato l'indicatore impollinatori è quasi tutto basato sugli effetti sulle api da miele, non rischia di essere riduttivo?
"Quando grazie alle api si sono prima sospesi e poi eliminati i concianti e gli insetticidi sistemici abbiamo ottenuto e verificato effetti positivi non certo solo per le api. Addirittura in limitati ambienti si sono riviste libellule e lucciole. Cominciamo a lavorare sulle e con le api, è facile e fattibile con spesa veramente limitata, se poi scopriremo, o saranno proposti, altri metodi (altrettanto economici e funzionali) per cercare di capire le conseguenze di ciò che facciamo…ben vengano!"

La cosa che salta agli occhi della vostra proposta è che prevede aiuti economici solo per gli agricoltori, un aspetto indubbiamente molto elegante considerando che è stata fatta da un coordinamento di apicoltori. Ma visto che le api da miele sono comunque importantissimi impollinatori, anzi il loro valore economico è soprattutto quello dato dalla loro attività pronuba, perché non prevedere degli aiuti anche per gli apicoltori?
"Abbiamo già minuscole misure di sostegno al settore, pare confermate nella nuova Pac. Abbiamo la fortuna di non aver dipeso e non dover dipendere dal sostegno e dagli incentivi pubblici. Produciamo prodotti con opportunità di mercato. Basterebbero politiche mirate su alcuni vitali aspetti, in primo luogo per difendere consumatori e produttori europei dall'invasione di miele adulterato di importazione asiatica.

Con la presidenza del gruppo miele del Copa-Cogeca, cui ho contribuito fino a novembre 2019, abbiamo elaborato un'analisi della grave situazione attuale, e una piattaforma con tutte le misure di cui necessita il comparto. Questo documento è stato dibattuto e recentemente è stato fatto proprio dal presidium di tutta l'organizzazione europea degli agricoltori. Valuti se proporlo ai suoi lettori, contiene un insieme di misure, attività e proposte articolate e relativamente poco costose, da cui dipende la sopravvivenza o meno dell'apicoltura produttiva della Ue e… dell'impollinazione di gran parte d'Europa"
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La proposta di Beelife per la Pac è stata presentata ufficialmente? E a quale istituzione europea?
"Certo, la stiamo presentando e proponendo in tutti gli ambiti europei, nazionali e regionali che abbiano tempo e voglia di considerarla. Proprio in questi giorni erano fissati specifici incontri a Bruxelles, sfortunatamente causa coronavirus non ho potuto muovermi, ma gli incontri con gli uffici dei commissari sia dell'Agricoltura e sia per il Green deal europeo sono stati realizzati dalla nostra Noa Simon Delso di Beelife, che vive in Belgio. Potrò tenerla aggiornata se crede, per ora sono in grado di riportare che gli uffici comunitari hanno programmato uno sforzo per integrare e rendere coerenti le linee strategiche di: Farm to Fork, Biodiversità e Pac".

Pensa che ci siano buone probabilità che questa proposta venga accolta?
"Credo sia di tutt'altro interesse, indicatività e predittività rispetto ad altri strumenti considerati, quali ad esempio l'analisi del fegato dei cinghiali. Ovunque ci viene riconosciuto che è una proposta ragionevole, praticabile e aspetto di non poco conto: poco costosa rispetto alla ricchezza di informazioni che può fornire. La difficoltà sta sia nella disabitudine a concepire e realizzare nuove logiche e strumenti mirati a misurare impatti e risultati e sia nella farraginosità della Pac. Nonostante una certa quale indolenza sia istituzionale e sia di parte delle rappresentanze agricole, il nuovo avanza e s'impone ed è ben meglio che sia costruito e gestito dagli agricoltori, piuttosto che imposto e calato dall'alto e dall'esterno.

Ho quindi fiducia e speranza che le api possano divenire metro e misura che dimostri i progressi del percorso per la crescente sostenibilità della nostra agricoltura.
Potrebbe tra l'altro essere un eccezionale valore comunicazionale per valorizzare ancor più la specificità ed eccellenza alimentare italiana nel mondo"
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