Il Pecorino romano Dop - stagionatura di 5 mesi e oltre da produttore - e alle condizioni di “franco magazzino di stagionatura”, e Iva esclusa, ieri alla Borsa merci di Milano ha spuntato prezzi di 7,00 euro al chilogrammo sui minimi e 7,30 euro sui massimi, confermando per la quarta volta consecutiva gli stessi valori espressi per la prima volta nella seduta del 20 gennaio 2020 in fase di rialzo.

In quella giornata il formaggio Dop sardo realizzò infatti un’ulteriore crescita di 10 centesimi al chilogrammo, pari all’1,4% in più rispetto alla precedente seduta del 13 gennaio, quando aveva messo a segno il primo rialzo da 10 centesimi, dopo sei sedute di stasi.
Il 13 gennaio 2019 alla Borsa merci di Milano, il Pecorino romano Dop aveva spuntato prezzi di 6,90 euro al chilogrammo sui minimi e 7,20 euro sui massimi, realizzando una crescita di 10 centesimi al chilogrammo, l’1,44% in più rispetto ai prezzi medi di dicembre 2019.

Secondo il Clal, il Pecorino romano, il cui prezzo è tradizionalmente la base di calcolo di quello del latte ovino sardo, ha oggi un valore medio di 7,15 euro al chilogrammo: superiore a quello di febbraio 2019 del 29,41%, quando il prezzo medio era attestato ad appena 5,53 euro al chilo. Rispetto a gennaio 2020, il prezzo medio del tipico formaggio sardo è aumentato solo del 0,47%, ma solo per l’effetto di trascinamento degli ultimi due rincari di gennaio e dicembre 2019 sulla media mensile di febbraio. E la corsa verso il livello medio raggiunto a febbraio 2018 - euro 7,70 al chilo – sembra allungarsi.
 

Niente l'effetto "scampato pericolo" dazi Usa

Sul fronte dei prezzi del formaggio non si è ancora verificato l’auspicato incremento, salutato come imminente sin da sabato scorso da molti osservatori, quando si è avuta la notizia che il Pecorino romano è stato escluso dalla seconda ondata di dazi Usa, voluti dal presidente Donald Trump come rivalsa per il caso Airbus. E’ possibile che l’informazione non abbia ancora avuto il tempo di rassicurare il mercato Usa, che assorbe una fetta importante dell’export di Pecorino romano.

Ma forse a frenare il mercato contribuiscono anche ben altre ipoteche che comunque pesano sul comparto ovino sardo – come pure già analizzato da AgroNotizie - determinandolo a razionalizzare la domanda, per evitare di provocare i corrispondenti periodici rincari. Anche perché, a mancare tutt’oggi, è un Piano dell’offerta produttiva di formaggio vincolate per i caseifici. Informazione questa che potrebbe essere parimenti letta dai mercati come un elemento di incertezza sui quantitativi da produrre e quindi dei possibili prezzi conseguenti in funzione degli innalzamenti dei volumi domandati.

Non a caso, l’assessora all’Agricoltura della Regione Sardegna, Gabriella Murgia aveva annunciato al Tavolo del latte ovicaprino della scorsa settimana il suo progetto di legge per mettere in sicurezza la filiera ovina sarda in un sistema di mercato vincolato a tracciabilità e certezza dei rapporti, sotto il controllo e monitoraggio del futuro Ente sardo per la pastorizia.