Dove sta andando il comparto ovino sardo ad un anno dalle manifestazioni di protesta per il prezzo del latte che scossero l’intera isola, prendendo di prepotenza un posto in prima pagina sui giornali nazionali? Sembra essere sostanzialmente tutto fermo, almeno a prima vista, ma qualcosa sottotraccia si muove. In questi giorni tiene banco il tema dell’anticipo della stagione irrigua, concessa dalla Regione Sardegna per le zone raggiunte da tale servizio. E’ un atto che ha un significato indiretto per il comparto ovino: in montagna e collina la siccità – ove le piogge primaverili dovessero tardare - è destinata nei prossimi mesi a far aumentare i costi delle aziende ovine e a ridurre la produzione lattiera, cosa che potrebbe ridare fiato alla protesta ora sopita.

Non a caso, l'assessora all'Agricoltura della Regione Sardegna, Gabriella Murgia, nel fine settimana appena decorso ha convocato il tavolo del latte ovicaprino, il primo dopo quello tenutosi lo scorso 29 novembre alla presenza della ministra alle Politiche agricole, Teresa Bellanova. Secondo i bene informati, si tratterà però di un appuntamento interlocutorio.
 

Il prezzo del latte che divide il movimento

A mantenere ora il silenzio è il prezzo del latte all’ovile, che secondo quanto rileva da fonti locali AgroNotizie è attestato tra gli 80 e gli 85 centesimi di euro, al netto di Iva. Un valore che è ben lontano dall’euro e più promesso da Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno e che volle gestire in prima persona la crisi, visto che ebbe notevoli ripercussioni sull’ordine pubblico dell’isola. Ma quello di oggi è pur sempre un prezzo che consente di coprire i costi operativi degli ovili, soldi che - uniti a quelli provenienti dal primo pilastro della Pac e dalle provvidenze a capo e superficie del Psr - consentono di tenere ferma la protesta: il movimento dei pastori si è sostanzialmente diviso sul se e come continuare l’azione di lotta.

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Asta fantasma ed eccedenze scomparse

Intanto, si sono perse le tracce dei 14 milioni di euro stanziati dalla legge 44/2019 per le emergenze in agricoltura, finalizzati a finanziare un’asta di Agea in favore degli indigenti, allo scopo di ritirare dal mercato il Pecorino romano Dop eccedentario sul mercato: il decreto ministeriale di attuazione è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 29 novembre 2019, ma a ben vedere il sito web di Agea, l’asta non è stata ancora esperita.

Fonti sarde di AgroNotizie del resto confermano che sull’isola ormai i magazzini di stagionatura non presentano più eccedenze da tempo. E c’è da crederci, atteso che l’annata produttiva passata si è conclusa a luglio 2019 con 26.939 tonnellate di Pecorino romano prodotto, il 21,2% in meno rispetto all’annata casearia 2017-2018, e che ormai tutto il formaggio dell’annata 2018-2019 ha superato i 5 mesi di stagionatura, necessari - da disciplinare - per poter essere commercializzato.
 

Pecorino romano Dop, prezzi cresciuti del 29,41% in un anno

Nel mentre, il prezzo del formaggio Dop, sul quale è calcolato il prezzo del latte ovino sardo, è attestato a 7 euro al chilogrammo sui valori minimi e 7,30 euro sui massimi in Borsa merci a Milano - franco magazzino di stagionatura e Iva esclusa - dal 20 gennaio scorso.

Secondo le rilevazioni del Clal, il prezzo medio in febbraio 2020 del Pecorino romano Dop è di 7,15 euro al chilogrammo e risulta incrementato del +29,41% rispetto al prezzo medio di febbraio 2019, quando si era al culmine della crisi, che avrebbe poi portato all’accordo dell’8 marzo successivo.
 

Prezzi oggi in linea con l'accordo dell'8 marzo 2019

Un accordo che, è bene ricordarlo, nel fissare una tabella di correlazione tra prezzo da corrispondere ai pastori per il latte all’ovile e prezzo del formaggio all’ingrosso, indicava che per pagare la materia prima 1,02 euro al litro occorreva raggiungere un prezzo medio ponderato del Pecorino romano Dop sulla piazza di Milano di 8,50 euro al chilogrammo, condizione ben lontana da quanto poi verificatosi. Ed il fatto che oggi il prezzo del pecorino a Milano sia coerente con il prezzo del latte pagato ai pastori è una ben magra consolazione, visti i numeri.
 

Le vie di uscita, politica ferma

Sul come uscire da questa situazione di stallo, in molti sono al lavoro. Sarebbe ferma la proposta di legge regionale presentata dal consigliere di maggioranza Giuseppe Talanas: prevede incentivi ai pastori - dai 50 a 70 euro per capo in lattazione - dietro l'impegno di un fermo temporaneo e parziale della produzione di latte, da operare sulle pecore di età compresa tra i 18 ed i 24 mesi - volto alla destagionalizzazione dei parti e quindi ad una produzione di latte e formaggi più uniforme nel tempo. Costo dell'operazione in tutta la Sardegna: 60 milioni di euro. La proposta, che mise in un certo imbarazzo l’assessora Murgia, dopo il vigoroso stop da parte delle organizzazioni agricole, è ora sotto la lente, perché potrebbe presentare dei vizi di incostituzionalità, oltre che rappresentare una forma di violazione delle regole del libero mercato, sancite dall’Unione europea sin dai Trattati di Roma.

Del resto, la politica - tanto a Cagliari quanto a Roma - aveva puntato molto sull’asta indigenti per far ripartire i prezzi del formaggio e giustificare un appoggio alla contrattazione per un prezzo più elevato del latte, cosa che per ora non sembra all’ordine del giorno.
 

Consorzio tutela pronto a giocare ruolo di primo piano

Questa situazione di impasse sembra offrire al Consorzio tutela del Pecorino romano Dop un’occasione per riprendersi la governance dell’intera filiera ovina. Perché sono ben due le carte che il presidente Salvatore Palitta può giocare: provare a tenere alta la tensione sull’approvazione da parte di Mipaaf e Ue delle modifiche al disciplinare di produzione del formaggio che introducono importanti innovazioni nel segno della diversificazione produttiva e della tutela della pecora sarda. E premere sul Mipaaf affinché consenta di introdurre regole più elastiche per rendere vincolante il Piano dell’offerta produttiva: l’ultimo, benché approvato in assemblea dal Consorzio di tutela, è stato poi via via sconfessato dalla singole aziende. Su tale piano Palitta ha anche altri temi di più lungo periodo da utilizzare su Roma, a cominciare dalla tracciabilità del latte ovino e altri provvedimenti, che furono oggetto del colloquio con la ministra Teresa Bellanova lo scorso 12 novembre.

Una situazione comunque complessa, che ha bisogno di tempi lunghi per essere dipanata, come pure le anticipazioni sulla vigilia del tavolo del latte lasciano presagire, sempre che la siccità non suoni la sveglia ed obblighi tutti a cambiare passo. Ma sarebbe di nuovo una accelerazione dei tempi dettata dall’emergenza e non da una serena e condivisa decisione di affrontare in maniera sistematica i problemi annosi che affliggono la filiera.