Cancellate nel 2015, delle quote latte quasi non si parlava più.
Di loro erano rimaste le rate delle multe ancora da pagare e i contenziosi aperti da quegli allevatori non persuasi della correttezza nell'applicazione delle norme comunitarie.

A rimettere in gioco tutta la materia ci ha pensato la Corte di Giustizia europea, contestando all'Italia alcuni criteri di ridistribuzione delle quote ai singoli allevatori.
Prima ancora, la giudice Paola Di Nicola (si veda l'approfondimento di AgroNotizie) nell'archiviare il procedimento penale contro ignoti per vari reati legati alla gestione delle quote latte, aveva usato parole pesanti.
Eccone alcune: "I dati posti a fondamento delle quote latte in Italia non sono veritieri". Continuando poi che: "la falsità dei dati è nota a tutte le autorità amministrative e politiche, rimaste consapevolmente inerti per 20 anni".


La Commissione "sparita"

Eravamo in giugno e gli esattori erano pronti a bussare alle porte degli allevamenti per chiedere il pagamento delle multe ancora esigibili.

Così si decise di fermare la macchina delle riscossioni e rimettere il tutto nelle mani di una commissione ministeriale di verifica, istituita dall'allora sottosegretario all'Agricoltura, Franco Manzato.
Il lavoro di questa commissione avrebbe dovuto concludersi nel dicembre di questo anno.

Nel frattempo gli esattori sarebbero rimasti fermi. Ma di lì a poco c'è stato un cambio della guardia al Governo, passato dal "Conte uno" al Conte due" e della Commissione ora non c'è più traccia.


Risposte evasive

Allo stesso Manzato, che dai banchi dell'opposizione interroga il Governo su cosa ne sarà dell'intera vicenda, arriva una risposta che contraddice la sentenza della Corte europea.
"L'Italia - si legge nel testo della risposta - ha svolto mere operazioni di 'compensazioni annuali', non ascrivibili in alcun modo ad illegittime 'riattribuzioni' di quote."

Queste dichiarazioni e lo scioglimento della Commissione di verifica sembrano andare nella stessa direzione: lasciare le cose come stanno.
Anche se poi la risposta del Governo si conclude lasciando aperto uno spiraglio, dove si assicura l'impegno ad affrontare il problema una volta chiarito definitivamente il quadro giuridico.
Non che ci sia molto altro da chiarire, però.


Restano i dubbi

Restano intanto gravi incertezze. In Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Piemonte si è deciso di bloccare le riscossioni delle multe che risalgono al 2014/2015, altrimenti in pagamento a dicembre.
Ma altrove cosa accadrà?
C'è poi il capitolo delle multe pagate a rate, la cui entità potrebbe essere messa in dubbio dagli esiti delle sentenze.


Rifare i conti

Che sia fatta chiarezza lo chiede a gran voce Cia, la confederazione italiana agricoltori. Che riconosce di essersi sempre espressa per il rispetto delle norme, confidando nelle regole del Paese.
Ma ora chiede che "lo Stato si assuma le sue responsabilità e torni anche a trattare con la Commissione Ue".

Lo Stato italiano, queste le conclusioni di Cia, deve rifare i conti sia con riferimento agli allevatori che hanno pagato mensilmente il prelievo, sia per quelli che non l'hanno mai fatto.
 

Un appello

Alla Cia va riconosciuto il "coraggio" di aver preso posizione sulle nuove evidenze di questa intricata materia.
Una soluzione dovrà attraversare molti ostacoli, a Roma come a Bruxelles.
Dove sarebbe opportuno presentarsi con una voce unica. Mettendo insieme a quella di Cia, le voci di Coldiretti e di Confagricoltura.
Provateci, ne vale la pena.