Un primo effetto delle minacce statunitensi di aumentare i dazi all'import di alcuni nostri grandi formaggi, come Grana Padano e Parmigiano Reggiano, lo si è già visto sul prezzo del latte spot.

In anticipo rispetto al trend annuale che vede un calo nell'ultima parte dell'anno, i prezzi hanno già iniziato a flettere.
Lo si nota bene nel grafico che segue, con gli ultimi dati riportati da Assolatte.

Una conseguenza dell'analogo comportamento del prezzo dei nostri grana Dop.
Il Parmigiano Reggiano è sceso a 8,20-8,30 euro al chilo per le stagionature a 13-14 mesi, in controtendenza rispetto a quanto accadeva 12 mesi prima.
Situazione analoga per il Grana Padano, anch'esso in flessione, mentre a ottobre dello scorso anno aveva innescato una corsa al rialzo che sembrava inarrestabile.
 

Andamento del prezzo del latte spot negli ultimi tre anni (Fonte: © Assolatte)

I mercati sembrano così scontare in anticipo gli effetti dell'innalzamento dei dazi Usa, dal quale si teme una caduta dei consumi statunitensi.
Meno esportazioni si traduce in una maggiore pressione del prodotto sul mercato interno e il risultato non può che essere una flessione dei prezzi.

Un quadro ulteriormente complicato dall'approssimarsi della brexit e aggravato dall'embargo russo, che "ingessano" i mercati di esportazione.
La sorte del latte non può essere slegata da quella dei formaggi, tanto più che i meccanismi di formazione del prezzo sono oggi indicizzati e dunque legati all'andamento delle quotazioni dei principali prodotti caseari.
 

Le scelte dell'industria

Il nuovo scenario non è certo sfuggito alle industrie di trasformazione che subito sono corse ai ripari disdettando i contratti in essere con gli allevatori.
Una "mossa" che prelude alla volontà di ridiscutere i meccanismi di indicizzazione del prezzo che nei mesi scorsi ha portato il prezzo oltre i 41 centesimi al litro.

Gli allevatori devono dunque prepararsi a subire un taglio dei prezzi?
I margini di tempo per una trattativa con le industrie in vista del nuovo accordo interprofessionale ci sono ed è meglio giungere all'appuntamento ben preparati.
Non resta allora che dare un'occhiata a cosa accade sui mercati internazionali.
 

Frena il latte europeo

Dalle analisi sul mercato lattiero caseario europeo realizzate dalla Commissione europea, si nota che in luglio, questo il dato più recente disponibile, il prezzo medio del latte nella Ue continuava la sua corsa verso l'alto, collocandosi a 33,5 euro al quintale con un aumento dello 0,3% rispetto al mese precedente.

Dati più recenti, ma non "ufficiali", indicano il prezzo medio di settembre a 33,78 euro, dunque ancora in aumento, ma per la prima volta nel 2019 con una flessione rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Un segnale del quale tenere conto.
 
 

Il latte nel mondo

Per completare il quadro occorre allargare lo sguardo agli altri protagonisti del mercato internazionale del latte.
Anche in questo caso ci vengono in aiuto le analisi della Commissione europea, dalle quali si vede che a fine settembre il latte in polvere scremato e intero ha segnato spunti al rialzo, in particolare negli Usa.

Un dato che sembra contraddire le tensioni sui mercati cinesi alle prese con la peste suina africana. Milioni gli animali morti e abbattuti, cosa che ha portato a ridurre le esigenze di import di alimenti e fra questi figura anche il latte in polvere a uso zootecnico.

Nelle prossime settimane, dunque, si potrebbe assistere a un'inversione di tendenza anche per questi prodotti. Se si avvererà questa previsione, anche il prezzo del latte potrebbe risentirne.
 

 

Il mercato dell'energia

Nemmeno un'analisi sull'andamento dei prodotti energetici (che hanno una correlazione positiva con il prezzo del latte), riesce a dare qualche indicazione in più su quale strada prenderà il mercato lattiero caseario.

Come si nota dal grafico che segue, il prezzo del petrolio, a dispetto delle tante incertezze sullo scacchiere mondiale, ha da inizio anno un andamento che gli "esperti" definiscono di "lateralità", ovvero con pochi spunti verso l'alto e verso il basso.

Intanto continua a crescere l'apprezzamento del dollaro sull'euro, che si traduce in un aiuto al nostro export, ma anche in una penalizzazione per le importazioni e il pensiero corre alle materie prime per l'alimentazione degli animali.
Un aumento del costo dei mangimi potrebbe erodere la redditività degli allevamenti, già aggredita dalle tensioni verso il basso del prezzo del latte.
 

 

Ci sarà meno latte?

In aiuto degli allevatori potrebbe allora arrivare la caduta della produzione di latte che si verifica nei mesi autunnali, come ben evidenzia il grafico che segue.

Tutto lascia presumere che la stessa tendenza si ripresenti anche nell'ultima parte del 2019.
Una minore quantità di latte presente sui mercati potrebbe arginare la caduta dei prezzi che gli altri segnali del mercato lasciano immaginare.
Non resta che osservare i segnali che i mercati daranno nelle prossime settimane.
 

 
Compito difficile quello delle previsioni di mercato.
Un aiuto può venire dall'esame delle tendenze in atto. Ma occorre conoscere i "numeri del latte" e in tempi di mercati globali lo sguardo deve allargarsi a livello internazionale.
Le fonti non mancano e AgroNotizie le raccoglie per dare ai lettori gli strumenti per orientarsi.