Si è tenuto ieri a Cagliari il tavolo per la vertenza del latte ovino sardo convocato dall’assessora all'Agricoltura della Regione Sardegna, Gabriella Murgia, ma nulla è trapelato sull’esito dell’incontro, al quale erano stati convocati anche i trasformatori. Intanto, secondo quanto riporta una nota stampa del Centro studi agricoli Tore Piana di Cagliari, vige sempre maggiore confusione sul Piano di regolazione dell’offerta del Pecorino romano 2019-2022 votato il 30 luglio scorso dal Consorzio di tutela e bocciato da molte cooperative di trasformazione. Intanto i prezzi del formaggio a denominazione a Milano continuano a restare fermi.
 

Prezzo fermo da due sedute

I prezzi del formaggio Pecorino romano Dop alla Borsa merci di Milano il 16 settembre 2019 restano stabili e attestati ancora a 6,60 euro al chilogrammo sui minimi e 6,90 euro sui minimi, come nelle due precedenti sedute del 2 e del 9 settembre.
Milano è la piazza scelta dall’accordo dell’8 marzo come più indicativa del prezzo del formaggio al quale - per consolidata consuetudine - si aggancia il valore del latte ovino, che resta così ancora inchiodato su valori modesti, rispetto a quelli necessari a garantire un conguaglio ai pastori. Mentre non si registra ancora alcun atto formale e pubblico da parte di Agea volto ad indire l'asta necessaria al ritiro dal mercato del Pecorino romano in eccedenza, da destinare alla razione alimentare degli indigenti, operazione sulla quale sono pronti 14 milioni di euro.
 

Prezzi medi oggi ancora sotto i 6,50 euro

Allo stato, il prezzo medio 2019 del Pecorino romano sulla piazza di Milano è attestato, secondo i calcoli del Clal, a 6,21 euro al chilo, mentre su base di campagna (novembre 2018 – ad oggi) il prezzo medio calcolato da AgroNotizie è fermo a 6,12 euro al chilo. A questi valori – ove fossero trasmutati in prezzi medi ponderati - corrisponderebbero prezzi complessivi del latte ovino di poco superiori a 72 centesimi al litro ed inferiori a 76 centesimi. In pratica quasi non vi sarebbe il pagamento di un conguaglio attesi i prezzi dell'acconto: 72 centesimi per il latte di febbraio e 74 centesimi per i mesi successivi.
 

Sempre meno tempo per portare a casa il conguaglio

C’è a questo punto veramente poco tempo per portare i prezzi del pecorino a livelli tanto alti da poter obbligare i caseifici a pagare un congruo conguaglio sul prezzo del latte all’ovile da corrispondere ai pastori sardi a novembre, secondo l’accordo dell’8 marzo scorso. Si è infatti ancora ben lontani dall’obiettivo di un prezzo complessivo da 1,02 euro al litro al netto di Iva. Questo perché per raggiungere questo valore del latte, occorre avere per abbastanza tempo un prezzo di mercato del Pecorino romano sufficientemente elevato, e tale da formare una media ponderata a fine ottobre di ben 8,50 euro al chilogrammo.

Non solo, più tempo passa con prezzi del Pecorino romano ancora bassi, e prezzi sempre più elevati dovrebbero conseguirsi nelle successive rimanenti sedute di Borsa merci a Milano per avvicinare il valore medio ponderato del formaggio a quello tale da assicurare un conguaglio consistente sul prezzo di acconto. I prezzi di acconto corrisposti - 72 centesimi sul latte di febbraio scorso e 74 centesimi sui mesi successivi – fanno sì che il conguaglio dovrebbe aggirarsi tra i 30 ed i 32 centesimi per raggiungere l’obiettivo di 1,02 euro al litro: cosa che ormai appare sempre più come un vero e proprio miraggio.
 

Il Centro studi agricoli Tore Piana chiede incontro con l’assessora

Intanto lo scorso 14 settembre il Centro studi agricoli Tore Piana, con una nota ha chiesto un incontro urgente all’assessora Murgia per la questione prezzi ed espresso pubblicamente “preoccupazione per come si sta gestendo la vertenza sul prezzo del latte di pecora in Sardegna, in modo particolare sulla discussione e approvazione del nuovo piano dell’offerta del pecorino romano proposto dall’assemblea del Consorzio di tutela Pecorino romano Dop”.
Questo perché “risultano ad oggi numerose le assemblee delle cooperative che stanno bocciando la proposta del piano e fra queste la più grossa in Sardegna, la Cao di Oristano. Un no nuovo, poiché il presidente della Cao nell’assemblea del Consorzio aveva votato a favore. Un no che si aggiunge a quello delle cooperative Mores, Oschiri, Bonorva, Nurri e Villanova Monteleone già espresso in quella sede e ora ribadito.

Il Piano era stato già oggetto di rilievi da parte dell'assessore Murgia, perché troppo tenero con chi sforerà le quote di produzione assegnate ai caseifici. Quote per altro non predeterminate dal Piano, che non fissa neppure un tetto complessivo, entrambi gli elementi sono rinviati ad una successiva decisione del Consorzio di tutela, sulla base dei criteri proposti nel Piano: la produzione dei singoli caseifici negli ultimi tre anni.

Secondo il Csa e’ “un grave errore bocciare di netto il piano proposto, sarebbe più utile emendare gli articoli contestati e approvarne il piano con le modifiche, perché oggi non c’è più il tempo per prepararne uno nuovo e procedere alle votazioni previste”.