Mentre il mercato avicolo continua a segnare spunti al rialzo, con prezzi in crescita in particolare per polli e tacchini, i conigli continuano ad arretrare pesantemente.
Il confronto fra il prezzo medio di giugno rispetto a quello di maggio segna una flessione prossima al 20%, fermandosi ad appena 1,5 euro al chilo di peso vivo.

Una caduta improvvisa avvenuta all'inizio di maggio e continuata per tutto il mese di giugno, interrottasi solo con l'inizio del mese di luglio.
E poco conta che i prezzi siano comunque rimasti al di sopra dei livelli registrati nello stesso periodo dello scorso anno.
Flessioni così improvvise e profonde possono celare scenari di speculazione ai danni degli allevatori, utilizzando l'arma delle importazioni per saturare il mercato e condizionare i prezzi.

 

Evidente la repentina caduta dei prezzi avvenuta fra maggio e giugno (Fonte Ismea)


Il coniglio alla Camera

E' partendo da queste ipotesi che il problema del mercato cunicolo è approdato in Commissione Agricoltura della Camera, dove il tema è stato dibattuto partendo dall'esame delle criticità del settore.

Fra gli elementi di debolezza si è evidenziata la polverizzazione e la scarsa organizzazione del comparto, si spiega così la bassa competitività dei nostri allevamenti.
Una condizione che nel tempo ha portato alla chiusura di un numero rilevante di aziende e di macelli.

Per fronteggiare questa situazione già nel 2010 aveva preso il via un "Piano cunicolo", in gran parte disatteso sino ad oggi, con l'eccezione dell'istituzione della Commissione unica nazionale dei conigli vivi (Cun), con la finalità di formulare tendenze di mercato e prezzi in maniera trasparente, superando i limiti delle borse merci locali.
 

Il "Piano" disatteso

Fra le iniziative del "Piano cunicolo" quella di istituire un'etichettatura d'origine obbligatoria della carne di coniglio, al pari di quelle bovine e suine e di altre specie animali.
Mentre per le altre carni l'obbligo è stato introdotto da vari regolamenti comunitari, per i conigli questo obbligo è rimasto lettera morta.

Un'etichetta con l'indicazione dell'origine avrebbe consentito un acquisto consapevole delle carni di coniglio, evitando che importazioni da altri paesi europei e non, a prezzi irrisori, potesse influenzare i prezzi di mercato come avvenuto negli ultimi mesi.
 

Un'etichetta per il coniglio

Partendo da queste considerazioni, la Commissione Agricoltura della Camera si è espressa per un impegno del Governo ad attivarsi in sede europea per ottenere l'obbligo di indicare quale sia il paese di allevamento e macellazione sia per i conigli interi sia porzionati e anche per i prodotti trasformati a base di queste carni.

Per evitare poi speculazioni di mercato si chiedono iniziative per un controllo sui movimenti di import export di queste carni, anche per contrastare fenomeni di agropirateria, con prodotti falsamente indicati come "made in Italy".
Il "pacchetto" di interventi proposto per il settore cunicolo si conclude con l'invito ad incentivare metodi di allevamento con una forte attenzione al benessere animale, cosa che potrebbe valorizzare ulteriormente il prodotto nazionale rispetto a quello di importazione.
 

Il rischio

Per il momento solo buoni propositi, in gran parte già formulati nel "piano cunicolo" di quasi dieci anni fa, ma poi rimasti sulla carta.

Per ricordarsene è stato necessario che giungesse improvvisa una pesante crisi dei prezzi.
Nella prima settimana di luglio i prezzi hanno però interrotto la fase di discesa ed è iniziata una fase di recupero.

Ora si spera che questo miglioramento delle condizioni di mercato non faccia dimenticare i problemi strutturali del settore, che altrimenti si ripresenteranno immutati alla prossima crisi.