Il regime delle quote latte è stato applicato in Italia fra errori e irregolarità.
Pochi giorni fa lo ha denunciato a chiare lettere il Gip del Tribunale di Roma. Ora è il turno della Corte di Giustizia europea a confermarlo, sebbene con motivazioni diverse.

Del primo episodio, dove la giudice Paola Di Nicola ha denunciato come i dati sulla produzione di latte si poggiassero su "autodichiarazioni spesso false e su un sistema di calcolo errato", già si è detto su AgroNotizie.
Ora dalla Corte di giustizia europea arriva un'altra "bomba", destinata a gettare ulteriore scompiglio su tutta la vicenda.

In estrema sintesi, la Corte contesta all'Italia il mancato rispetto delle regole sulla riassegnazione delle quote agli allevatori, privilegiando alcune categorie a scapito di altre. Così agli errori di calcolo si sarebbero aggiunti altri errori, questa volta di metodo.


I dettagli

Per comprendere cosa stia accadendo è necessario qualche dettaglio in più.
Il regime delle quote latte (che da aprile del 2015 non è più in vigore) prevedeva che le quote inutilizzate venissero redistribuite fra gli allevatori.

Compito svolto da Agea seguendo criteri di preferenza stabiliti da una norma nazionale (legge 118/1999), con la quale si dava precedenza, ad esempio, alle aziende in aree difficili, come quelle montane.
Una regola apparentemente di buon senso, ma non prevista dai regolamenti europei, almeno in una prima fase, quella che va dal 1992 al 2003.
Undici anni durante i quali i regolamenti comunitari stabilivano che la riassegnazione delle quote avvenisse secondo criteri di proporzionalità, senza alcuna preferenza.


Il contenzioso

Un dettaglio di non poco conto, che l'azienda agricola Barausse ha fatto valere nel contenzioso avviato contro Agea, che le avrebbe negato la redistribuzione delle quote latte, non rientrando questa stalla vicentina in nessuna delle categorie previste dalle norme italiane.
Le multe comminate all'azienda Barausse per il superamento della propria quota individuale di riferimento non avrebbero pertanto beneficiato di alcuna agevolazione.

In una prima fase il contenzioso fra l'azienda Barausse e Agea ha avuto come teatro il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio e il contendere si è concentrato sul periodo dal primo aprile 2000 al 31 marzo 2001. Insoddisfatti della risposta negativa del Tar, si è fatto appello al Consiglio di Stato, dove la vicenda è approdata per un ulteriore approfondimento.
A sua volta il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento per sottoporlo alla Corte europea.


La parola alla Corte

La risposta, per meglio dire la sentenza, è arrivata il 27 giugno ed è destinata a far molto discutere.
In pratica la Corte europea ha confermato che la riassegnazione delle quote inutilizzate, come prevede il regolamento del 1992, debba avvenire in modo "proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore".

Questo criterio di proporzionalità, si legge ancora nel documento, è l'unico applicabile.
Solo dal 2003, con il Regolamento 1788/2003, gli Stati membri hanno avuto l'autorizzazione a procedere alla riassegnazione delle quote in base a criteri decisi dagli stessi Stati e dunque diversi da quello proporzionale.


Ora tocca all'Italia

Va precisato che la risposta della Corte non risolve il contenzioso, ma si limita a indicare al giudice nazionale quale sia il "metro" da utilizzare per dare una risposta conforme alla decisione della Corte.

Per leggere la parola "fine", se mai sarà scritta per questa lunghissima vicenda, bisogna dunque attendere ancora e i tempi della Giustizia, si sa, non sono rapidi.


Ricontare tutto?

Nel frattempo proviamo a ipotizzare qualche possibile scenario e fra questi vi è quello di un riconteggio di tutte le multe comminate agli allevatori fra il 1992 e il 2003, undici anni durante i quali migliaia di aziende hanno cessato l'attività, magari anche a causa delle stesse multe.

A complicare il quadro c'è poi il grande capitolo della compravendita delle stesse quote latte da parte di chi tentava di mettere la propria stalla al riparo dalle multe.
Facile immaginare che in molti abbiano acquistato più quote di quante realmente necessarie se la riassegnazione fosse avvenuta seguendo i criteri di proporzionalità sanciti dai regolamenti comunitari.
Insomma un lavoro enorme, forse più complesso della stessa applicazione del regime delle quote latte.
 

Fermate gli esattori

Dunque non se ne farà nulla? La "tentazione" potrebbe proprio essere questa, ma difficile da mettere in pratica.
Tanti allevatori si dicono pronti a far valere i propri diritti ricorrendo alla magistratura, che non potrà ignorare né la sentenza della Corte europea, né le pesanti accuse contenute nell'ordinanza di archiviazione della Gip Paola Di Nicola.

Prematuro dire come si concluderà questo nuovo episodio della "saga" delle quote latte, ma già ora se ne può osservare un primo effetto.
Dall'assessore all'Agricoltura del Veneto, Giuseppe Pan, si è levato un appello per fermare gli esattori dell'Agenzia delle entrate, che dal 15 luglio dovrebbero presentare le cartelle agli allevatori che ancora devono pagare le multe. Un appello che è facile immaginare sarà accolto.