Come ogni anno è iniziato il periodo, che va dal primo novembre al 31 dicembre, per fare la denuncia della consistenza degli apiari presso la Banca dati dell'Anagrafe apistica nazionale, la cosiddetta Bda.

La denuncia è obbligatoria per tutti coloro che possiedono anche un solo alveare, anche per hobby, o per l'autoconsumo del miele, o per altri motivi, ad esempio per fini didattici.

La denuncia serve a far conoscere alle autorità competenti, cioè al ministero della Salute e al Mipaaft, il numero degli alveari allevati in Italia, la loro posizione, la sottospecie di ape allevata, il tipo di conduzione, cioè convenzionale o biologico, destinato alla commercializzazione o per autoconsumo.

La denuncia deve essere fatta dal proprietario degli alveari, se non diversamente specificato, come nel caso della Toscana, dove, con la nuova legge sull'apicoltura, è previsto che sia il conduttore dell'apiario, cioè chi effettivamente lo gestisce anche se non è il proprietario, ad effettuare la denuncia.

La denuncia può essere fatta autonomamente, tramite il portare della Bda una volta registrati al sito, o tramite le associazioni apistiche, che in molti casi sbrigano la pratica anche gratuitamente.

La mancata segnalazione può portare ad una multa da mille a 4mila euro.

E da quest'anno c'è anche una novità. Oltre a dichiarare il numero degli alveari, la loro posizione, la sottospecie e il tipo di conduzione, gli apicoltori dovranno indicare se possiedono una mieleria, un locale per l'estrazione e o il confezionamento del miele.

Una novità apparsa a metà novembre e che ha portato alle proteste di alcune associazioni apistiche, prima tra tutte la Fai, Federazione degli apicoltori italiani, che ha scritto ai ministeri competenti contestando il fatto che la novità non sia stata preventivamente comunicata né tanto meno concordata con le rappresentanze del mondo apistico.

Un comportamento, quello di richiedere nuovi adempimenti senza preavviso, che secondo la Fai può portare a scoraggiare ad effettuare la denuncia, aumentando o non facendo diminuire il numero di coloro che non dichiarano i propri alveari, una realtà che Fai stima a circa il 30% del patrimonio apistico nazionale.