Aisa è l'acronimo di Associazione delle industrie per la salute animale.
Ad essa, aderente a Federchimica, afferiscono in sostanza le aziende che producono formulati a tutela della salute animale, sia nel settore da affezione, sia in quello da reddito. Per fare il punto su trend degli usi di antibiotici negli allevamenti Aisa ha quindi organizzato a Cremona uno specifico convegno in occasione dell'edizione 2018 della Fiera internazionale del bovino da latte.

"Uomo e animali - Un'unica salute", questo il titolo del convegno, ha visto la presenza del direttore del Dgsaf del ministero della Salute Silvio Borrello, il presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano Nicola BertinelliFranca Braga di Altroconsumo, il presidente di Sivar e veterinario Daniele Gallo, il direttore Area C Valpadana della Regione Lombardia Carlo Rusconi e la presidente di Aisa Arianna Bolla

Dal convegno, condotto in guisa di tavola rotonda, è emerso come l'Italia sia apripista in Europa per l'introduzione della prescrizione elettronica obbligatoria, anche per i farmaci veterinari. Il nuovo provvedimento del ministero della Salute, in vigore dal 1 gennaio 2019, prevede infatti la tracciabilità dei medicinali e delle terapie cui vengono sottoposti sia gli animali destinati alla catena alimentare, sia quelli da compagnia. Un controllo fondamentale soprattutto per gli antibiotici, di cui il nostro Paese è uno dei maggiori utilizzatori, sebbene i dati andrebbero meglio ponderati, in quanto quelli attuali non tengono debitamente conto delle dinamiche commerciali internazionali, quelle cioè che fanno sì che dei medicinali prodotti in Italia non è affatto detto che vengano utilizzati nel Belpaese.

In special modo la ricetta elettronica obbligatoria consentirà un controllo pressoché totale sull'andamento della produzione, della vendita, della distribuzione e dell'effettivo utilizzo dei medicinali. 

"Oltre alla possibilità di una tracciabilità completa del farmaco - ha sottolineato Arianna Bolla - avremo completa disponibilità di informazione sull'uso antibiotico, compreso il consumo per specie animale: particolare non da poco, perché a partire dalle caratteristiche del consumo per specie si potranno avviare maggiori controlli, più mirati, ma soprattutto maggiore formazione agli allevatori e ai veterinari. Tutte misure per allevare animali più sani".

Al convegno sono stati presentati dati emblematici su questo tema: negli ultimi sei anni il consumo di antibiotici somministrati agli animali è calato del 30%, portando un primo importante contributo alla lotta contro l'antibiotico resistenza. Questo grazie anche all'aumento dell'utilizzo delle profilassi vaccinali che riducono l'insorgenza della malattie negli animali. I dati delle rilevazioni Ciss (Ceesa international sales survey) evidenziano come in Italia, da dicembre 2013 a giugno 2018, le vendite di vaccini e sieri siano aumentate del 25%.
Inoltre il consumo di antibiotici dovrebbe ulteriormente calare, grazie a una crescente serie di misure adottate dalla Comunità europea, dai ministeri competenti, dalle associazioni di allevatori e veterinari, tra cui appunto la ricetta elettronica.


Un mercato sempre in calo

In base alle rilevazioni del ministero della Salute la vendita dei medicinali veterinari contenenti agenti antimicrobici ha registrato una diminuzione delle vendite totali nel 2016 pari all'8,4% rispetto al 2015. Una riduzione ancor più significativa se si considera il calo del 30% dal 2010 al 2016.

La diminuzione è associata ad un importante calo della classe delle polimixine -42% rispetto al 2015. Altri cali significativi riguardano le classi identificate dalla World health organization (Who) come Critically important antimicrobials – Antimicrobici di importanza critica (Cia), ovvero chinoloni - 26%, fluorochinoloni -20% e cefalosporine di 3a e 4a generazione -4%.
Si riscontra, infine, una contrazione dell'8% anche per le forme farmaceutiche autorizzate, come premiscele, polvere e soluzioni orali, impiegate principalmente per i trattamenti di gruppo.

Preoccupante peraltro il fatto che negli ultimi dieci anni non siano più giunti sul mercato nuovi antibiotici a differente meccanismo d'azione. Investire centinaia di milioni di dollari in una sostanza attiva di ampio consumo, come sono gli antibiotici, ma a basso prezzo alla vendita, lascia infatti margini molto bassi nelle casse delle industrie basate sulla ricerca, le quali sono quindi disincentivate dall'investire in tal senso.
Forse, un prolungamento di qualche anno della protezione brevettuale delle nuove molecole potrebbe spronare le multinazionali a investire nuovamente sugli antibiotici. Famiglia di prodotti, questa, molto battagliata dal punto di vista mediatico e sociale e oggetto di vere e proprie criminalizzazioni che certo non invogliano le case produttrici ad allocare ingenti somme di denaro in ricerca e sviluppo su un fronte così minato dall'allarmismo.

Se tale trend continuerà, i problemi della antibiotico resistenza rischiano solo di amplificarsi. Una eventualità, questa sì, molto allarmante, se si pensa che solo in Italia sono stati circa ottomila i morti per setticemia (dati 2014), in parte dovuti proprio ai fenomeni di resistenza. In Europa ammonterebbero a quasi 25mila i decessi annui per il mancato funzionamento degli antibiotici su ceppi batterici divenuti resistenti.
Una vera e propria strage, cui però stranamente non pare essere data la debita attenzione mediatica.
 

Antibiotici e residui nei cibi

Il tema della salute animale è inevitabilmente legato al benessere del consumatore, il quale molto spesso ha poca fiducia nei controlli, soprattutto se si parla di antibiotico residuo presente nella carne e nei formaggi.

"Il problema non è il residuo, come erroneamente si ritiene, ma l'antibiotico resistenza - riprende la presidente di Aisa - Il timore del residuo è frutto della disinformazione perché ogni farmaco, in medicina veterinaria, viene registrato effettuando studi sui tempi di attesa o sospensione, cioè sul tempo che deve intercorrere tra l'ultima somministrazione di un medicinale e il momento della macellazione dell'animale. In realtà i residui sono assolutamente innocui e in linea con gli standard di sicurezza previsti dalla normativa vigente" .

Un tema, quello dell'allarmismo sugli antibiotici, che ricorda molto da vicino quello sugli agrofarmaci applicati alle colture, anch'essi in calo da decenni e con residui sugli alimenti che risultano regolari per circa il 99%. Peccato quindi che la stampa generalista sia così poco attenta a tali processi virtuosi, preferendo dare spazio prevalentemente a notizie che restituiscono dell'agricoltura e della zootecnia un'immagine disastrosa e inquietante, con tutte le conseguenze reputazionali, mediatiche e politiche del caso.

"Il vero problema - ha concluso Arianna Bolla - è l'antibiotico resistenza, che si sviluppa negli esseri umani consumatori di carne: i medici ci dicono che sempre più spesso si imbattono in batteri resistenti. I più pericolosi, però, non arrivano dalla veterinaria. Andrebbe considerato il quadro nel suo complesso, cioè non solo l'utilizzo sugli animali, ma anche il consumo della popolazione. In questo senso ci sono direttive che allo stesso modo spingono verso una limitazione dell'utilizzo. Il settore veterinario, comunque, sta facendo la sua parte".

Quando anche i media generalisti faranno finalmente la loro, di parte, forse di tutto quanto sopra verrà fornita un'immagine corretta ed equilibrata a favore di cittadini e consumatori.