Chi scrive è un carnivoro. Amo la carne (al sangue) e non ho mai amato i sostituti vegetali che si trovano al supermercato. Niente polpette di ceci, bistecca di seitan o polpettone di tofu. Per questo quando mi hanno parlato di un hamburger 100% vegetale identico a quello di manzo mi sono incuriosito e ho deciso di provarlo. Si chiama Impossible burger ed è fatto solo con proteine di origine vegetale e una sostanza, chiamata heme, che è ciò che fa sapere di carne... la carne.

In un bar di San Francisco abbiamo assaggiato l'Impossible burger e nonostante lo scetticismo iniziale il giudizio dopo il primo morso è stato positivo. A parte il prezzo (17 dollari!) la consistenza e il sapore sono molto simili all'originale. Accoppiato con ketchup, insalata e cheddar trovare differenze è quasi impossibile. Il burger sa di carne e ha l'aspetto della carne. Ma non ha mai visto una mucca.
 

Il segreto è nell'heme, una molecola che serve alla vita degli animali, ma che fa anche impazzire le papille gustative degli amanti della carne. L'heme si trova in tutti gli esseri viventi, anche nelle piante, ma in concentrazioni ridottissime. Gli scienziati di Impossible Food hanno preso il gene responsabile della produzione di questa molecola dalla soia e lo hanno inserito in un lievito (come quelli per fare il vino). Il risultato della fermentazione? Heme ad un prezzo accettabile con il quale creare i burger.



Certo, la domanda viene spontanea: perché mangiare un finto burger quando posso mangiare quello vero? Il motivo è che la popolazione mondiale è in crescita, la terra coltivabile è limitata e gli allevamenti hanno un impatto negativo sull'ambiente.

Gli australiani e gli statunitensi mangiano più di 100 chili di carne procapite all'anno. Seguono gli israeliani, gli argentini e gli uruguaiani con 90. Più giù brasiliani, neozelandesi, cileni e canadesi. I cinesi mangiano poco più di 50 chili di carne a testa all'anno, ma sono un miliardo e mezzo e sembrano voler raggiungere gli standard americani.

"Vogliamo utilizzare la scienza per dare un'alternativa altrettanto gustosa a chi vuole mangiare carne senza danneggiare il pianeta", spiega ad AgroNotizie Patrick Brown, ceo di Impossible Food, durante il World Agri-Tech Innovation Summit di San Francisco (di cui AgroNotizie è partner). "Alle persone non interessa che un burger provenga da una mucca, l'importante è che sia buono. E anzi per molti consumatori gli allevamenti intensivi sono negativi per il benessere degli animali e per l'ambiente".

Nessuno tocchi la Fiorentina e l'ossobuco, ma la 'carne' vegetale può trovare un vasto mercato in tutta l'industria che produce burger, wurstel, piatti pronti surgelati di cui nel mondo si fa grande consumo. Le alternative vegetali non si fermano certo alla carne. Hampton Creek ha creato nel 2013 Just Mayo, una maionese senza uova dal sapore quasi identico a quella originale. I ricercatori di Hampton Creek hanno studiato 1.500 proteine di origine vegetale per trovare quella che, emulsionata con l'olio, si comporta come l'uovo.

La ricerca di sostituti alla carne va oltre le proteine vegetali. Il 5 agosto del 2013 Mark Post, professore dell'Università di Maastricht, cucinò e mangiò durante una conferenza stampa a Londra il primo burger 'cresciuto' in provetta. Un panino costato 250mila dollari e anni di studi, ma che dimostrò che coltivare tessuti muscolari animali in laboratorio è possibile.

"Con quel lavoro abbiamo aperto la strada ad una rivoluzione nel settore", racconta ad AgroNotizie lo stesso Post che ha fondato Mosa Meat con l'obiettivo di portare sulle tavole dei consumatori la carne 'sintetica'. "Ci vorranno ancora 3-4 anni prima della commercializzazione, ma abbiamo fatto passi da gigante. Se all'inizio per far crescere le cellule avevamo bisogno di nutrienti di origine animale, oggi non più. Il costo di produzione è ancora elevato, ma è destinato a calare".

Sull'agricoltura cellulare si stanno buttando in molti. Memphis Meat ha raccolto 17 milioni di dollari da investitori del calibro Bill Gates e Richard Branson. Mentre l'israeliana SuperMeat, che vuole produrre pollo, ha incassato 230mila dollari in una campagna di crowdfunding e ad inizio anno ha ricevuto un investimento da 3 milioni di dollari.



Finless Food è una startup che invece vuole produrre pesce attraverso l'agricoltura cellulare. "Il nostro pesce non solo è sostenibile per i mari, ma è anche privo di metalli pesanti e altri inquinanti presenti negli oceani", spiega ad AgroNotizie Michael Selden, ceo di Finless Food.

Se l'agricoltura cellulare ha come obiettivo far crescere tessuti in vitro, è anche possibile utilizzare la fermentazione per produrre le proteine di uova e latte. Perfect Day, di cui abbiamo parlato in questo articolo, utilizza lieviti geneticamente modificati per produrre caseina, lattoglobulina e lattoalbumina, le proteine alla base del latte vaccino. Clara Food invece sfrutta gli stessi microrganismi per produrre albume e tuorlo d'uovo. Mentre Geltor ha come obbiettivo sintetizzare collagene (la base della gelatina, con cui si fanno anche i famosi orsetti gommosi).

La tecnica della fermentazione è complessa, ma così riassumibile: i ricercatori estraggono dagli animali i geni responsabili della produzione delle proteine di interesse (dalla caseina all'albumina) e li inseriscono nei lieviti. Questi microrganismi prolificano in bioreattori consumando carboidrati di origine vegetale e come sottoprodotto producono le proteine desiderate. Un po' come fanno i lieviti saccaromiceti che consumano gli zuccheri del mosto producendo alcool etilico.

Nei nostri supermercati vedremo presto questi prodotti? La risposta è negativa. La ricerca deve fare ancora passi in avanti e anche la legislazione dovrà cambiare per permetterne la commercializzazione. Ma molte aziende stanno investendo su questi temi ed è bene essere preparati sia come consumatori che come agricoltori.

"Nel rapporto con il consumatore alla fine è tutta una questione di onestà. Non siamo contrari a prescindere a queste tecnologie, ma dobbiamo essere trasparenti con il consumatore", spiega Craig Wilson, vicepresidente di Costco, la seconda catena di supermercati più grande al mondo. "L'ultima parola l'avranno sempre le famiglie che fanno la spesa".

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