"Risulta assente il principio in base al quale i soggetti che raccolgono i dati nelle aziende siano distinti dai soggetti che li elaborano ai fini del miglioramento genetico in campo zootecnico".
E' uno dei passaggi che si leggono nella documentazione che accompagna lo schema di decreto legislativo sulla disciplina della riproduzione animale.
Interpretando dal politichese, significa che il lavoro svolto sino ad oggi dall'Associazione italiana allevatori (Aia) presto sarà "fuorilegge".

Una rivoluzione che prende le mosse da una normativa, la 154 del 2016, che si occupa di semplificazione e sicurezza alimentare e nelle cui pieghe (il legislatore italiano non perderà mai questa abitudine di mescolare le "carte") si parla di assistenza tecnica agli allevatori e di riproduzione animale.
 

I polli di Renzo

Dunque la "miccia" della rivoluzione zootecnica era stata accesa già due anni fa, ma era passata in sordina, senza che in troppi vi facessero caso.

Anzi, in questo lungo intervallo sono continuate le scaramucce fra Coldiretti e Confagricoltura, mai in accordo sulla gestione di Aia.

Come non ricordarsi del Manzoni e dei suoi Promessi Sposi, con la magistrale descrizione dei capponi di Renzo, intenti a beccarsi mentre si avvicinavano alla padella... Ben lo sanno a Cremona, dove la locale Associazione provinciale allevatori è ancora commissariata.
 

In principio fu la Ue

Ma torniamo alla "rivoluzione" che attende il mondo della selezione zootecnica, che prende le mosse dal regolamento comunitario del giugno 2016 (1012/2016), con il quale sono state uniformate le norme in tema di selezione zootecnica e di commerci fra i paesi membri.

In base a questo regolamento qualunque associazione di allevatori può essere riconosciuta come ente selezionatore e farsi approvare uno o più programmi genetici. Ma non potrà, come visto, provvedere in prima persona alla raccolta dei dati necessari ai fini selettivi.

Altro requisito necessario è che alla stessa associazione aderiscano direttamente gli allevatori.
Oggi, ricordiamolo, Aia è una associazione di secondo e terzo grado, alla quale sono iscritte le associazioni socie (distinte per territorialità o per specie animale di riferimento), che a loro volta raccolgono l'adesione dei produttori.
 

Il decreto legislativo

Con l'aggiornamento normativo in procinto di essere adottato, non sarà più possibile stabilire a priori quale associazione possa gestire i programmi genetici, come invece faceva la legge numero 30 del 1991, che sino ad oggi ha regolamentato questa materia.

Spetterà tuttavia al ministero per le Politiche agricole il riconoscimento delle associazioni che si proporranno come ente selezionatore e che al contempo diverranno responsabili del relativo libro genealogico.

Questi nuovi enti potranno poi aggregarsi in comparti produttivi ben definiti, ad esempio bovini da carne o bovini da latte, suini, bufalini e via di questo passo.

I controlli funzionali, sino ad oggi svolti da Aia, verranno affidati a un "Comitato nazionale zootecnico". I dati raccolti confluiranno nella "Banca dati unica", già esistente e gestita da Aia, per essere raccordati con la banca dati dell'anagrafe zootecnica, che fa riferimento al ministero della Salute.
 

Enti selezionatori al via

Facile immaginare che con l'entrata in vigore della nuova normativa i primi enti selezionatori che si affacceranno sulla scena saranno le attuali associazioni nazionali (Ana) di specie o di razza, oggi afferenti ad Aia, eventualmente aggregate per settore di competenza, dai suini ai bovini (da carne e da latte), dagli ovicaprini a bufalini ed equidi.

Nulla vieta che altre associazioni possano aspirare a questo ruolo, aumentando il numero di enti che si occupano di selezione.

Ne risulterebbe una maggiore "offerta" di servizi di selezione e la competizione può offrire maggiori opportunità di crescita anche in questo campo.

Il rovescio della medaglia sta nella frammentazione degli sforzi selettivi, che rischiano così di perdere in efficacia.
Va poi evitato il rischio che questi nuovi enti divengano loro malgrado terreni di scontro fra le diverse anime sindacali.
A farne le spese sarebbero gli stessi allevatori. A loro il compito di vigilare affinché ciò non accada.
 

Pochi soldi, come prima

La nuova normativa si pone doverosamente il problema del finanziamento di queste attività, già ridotte all'osso, come AgroNotizie ha più volte approfondito.

Il problema resta, visto che la norma si premura di specificare che non possono derivarne maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Per rimediare alle carenze economiche si introducono regole per l'autofinanziamento degli Enti selezionatori, che potranno ampliare la gamma dei servizi che potranno offrire. E che gli allevatori, ovviamente, dovranno pagare di tasca propria. Tutti i proventi realizzati dovranno però essere impiegati nelle attività istituzionali.
 

I tempi

Ma quando avverrà questa "rivoluzione", della quale abbiamo toccato solo gli aspetti più importanti?

Dal momento della sua promulgazione ci saranno 18 mesi di tempo per passare alle disposizioni attuative.
Saranno anche previste norme transitorie per evitare discontinuità tra la situazione esistente e l'entrata in vigore del decreto legislativo.

Sembra esserci molto tempo a disposizione, ma non è così. La materia è molto articolata e la struttura da "smontare" (Aia e le sue consorelle) ha un'architettura complessa, dove gli aspetti tecnici si mescolano a quelli di carattere sociale.

Dovrà funzionare al meglio la selezione, ma senza sacrificare chi oggi lavora nelle attuali strutture associative, che già hanno pagato negli ultimi anni un importante tributo sul piano occupazionale.