Evviva, la Cina ha tolto l'embargo alle importazioni di carni bovine provenienti dall'Italia.
C'è da esserne contenti, e da tutte le sedi arrivano lodi al lavoro del comitato governativo Italia Cina, presieduto dai ministri degli esteri dei due paesi, Angelino Alfano e Wang Yi.
Un buon risultato che non ha mancato di raccogliere il plauso di Coldiretti, Confagricoltura e Cia.
 

Mercato in affanno

A ben guardare la produzione di carne bovina in Italia non gode però di buona salute e non sarà questa apertura cinese a cambiarne le sorti.
Perché, anche volendo, carne dalle nostre stalle non può uscirne molta, non importa dove diretta.

Già oggi il nostro grado di approvvigionamento fatica a superare il 50% e chi dice sia superiore, dimentica di mettere in conto le importazioni di giovani animali vivi, il cui ciclo di ingrasso viene fatto concludere in Italia.
 

Bilancia commerciale negativa

A dispetto della scarsa produzione interna (circa 800mila tonnellate, Ismea 2016), che ci costringe a importare complessivamente circa 640mila tonnellate di carni bovine, riusciamo a immettere sui mercati internazionali circa il 20% della produzione totale (174mila tonnellate). Il disavanzo della bilancia commerciale è evidente.

Un "alleggerimento" della quantità di carni sul mercato interno che contribuisce a evitare un calo dei prezzi, altrimenti inevitabile a fronte della flessione dei consumi.
Dunque ben venga l'apertura del mercato cinese, pur sapendo che non potrà modificare in profondità lo scenario attuale.
 

Stop alle vacche

La Cina, ricordiamolo, aveva chiuso le frontiere alla carne bovina europea dopo gli episodi di Bse, conservando l'embargo anche dopo le evidenze scientifiche che davano per superata l'emergenza.
Tuttavia le autorità sanitarie cinesi ancora oggi non ne sembrano del tutto convinte. Non si spiega altrimenti il perché limitare le importazioni alle carni provenienti da animali di età inferiore ai 30 mesi.

Dunque via libera alle produzioni che provengono dai bovini da carne, ma stop a quella delle vacche da latte a fine carriera, dalle quali l'Italia ricava una quota significativa della propria produzione di carne, per lo più avviata ai circuiti della trasformazione e dei pronti a cuocere.
 

Opportunità per la genetica

Più che l'apertura cinese alla nostra carne, appare interessante il via libera alle importazioni di seme bovino, deciso nella stessa occasione.

Nella selezione genetica l'Italia vanta risultati di tutto rispetto, che la mettono ai primi posti nel mondo, soprattutto nelle razze da latte.

Se la Cina confermerà le sue politiche di sviluppo della produzione interna di latte, per il seme dei nostri tori miglioratori potrebbero aprirsi interessanti opportunità. Ma attenti alla concorrenza internazionale, assai forte in campo genetico.