Ogni mattina milioni di italiani si svegliano e come prima cosa aprono il frigo, prendono la bottiglia del latte e la mettono in tavola per la colazione. Anche nelle famiglie statunitensi si ripetono gli stessi gesti, anche se il latte viene versato sui cereali. Ma tra neppure un anno una parte del latte americano potrebbe non essere prodotto da mucche, come è accaduto per millenni, ma da lieviti.

La rivoluzione arriva da una azienda della Silicon Valley, Perfect day, che ha modificato geneticamente un ceppo di lievito aggiungendo delle sequenze provenienti dal Dna di un bovino da latte. Il risultato? Questo microrganismo produce le proteine del latte vaccino (la caseina, la lattoglobulina e la lattoalbumina). A questa base vengono poi aggiunti zuccheri, grassi vegetali e altri microelementi per ottenere un prodotto che, a detta dei fondatori (Ryan Pandya e Perumal Gandhi) non è distinguibile dal latte vaccino.
 

I fondatori di Perfect day: Ryan Pandya e Perumal Gandhi


"E' tutto pronto, stiamo solo mettendo a punto la rete di distribuzione e la campagna di comunicazione", spiega ad AgroNotizie Tim Geistlinger, chief technology officer di Perfect day, durante il Future-food tech innovation summit che si è tenuto a San Francisco a fine marzo. Il problema principale è l'autorizzazione da parte dell'Fda (Food and drug administration) della denominazione 'latte' in etichetta. Può infatti chiamarsi latte qualcosa che non è prodotto da una mucca?

Dal punto di vista economico e ambientale produrre latte coi lieviti è molto interessante. Oggi bisogna allevare la vacca fino all'età fertile, farla accoppiare e partorire, solo dopo inizia ad essere produttiva. Ma per avere un litro di latte l'agricoltore deve affrontare costi elevati e anche l'ambiente ne risente. I lieviti sono molto più efficienti, 'digeriscono' materiale vegetale e producono latte. Senza contare che questo prodotto non contiene lattosio, per la felicità degli intolleranti.

"In futuro saremo anche in grado di produrre latte senza quelle proteine che oggi causano le allergie", racconta Geistlinger. "La cosa interessante è che con il nostro latte si possono produrre anche formaggi e yogurt. Il problema più rilevante che vediamo davanti è quello dell'accettazione sociale".

Già, perché chiunque sapendo che un bicchiere di latte è stato prodotto da un lievito e non da una mucca rimarrebbe disgustato. Eppure se è sano e nutriente perché non consumarlo? Per i vegani che si battono contro gli allevamenti potrebbe essere una alternativa eticamente accettabile. Nessun maltrattamento (o presunto tale) di animali, un consumo di suolo molto ridotto e nessun problema di inquinamento dovuto alle deiezioni (meno 65% di energia, meno 84% di emissioni di gas serra e meno 98% di acqua utilizzata rispetto agli allevamenti).

"E' una questione di accettazione sociale", ammette Melissa Kinch di Ketchum, una delle più grandi società di comunicazione al mondo. "I consumatori sono spaventati dall'utilizzo delle nuove tecnologie applicate all'agroalimentare. Anche se poi hanno poca consapevolezza di quanta chimica ci sia in quello che mangiano. L'errore che non dobbiamo fare è rinunciare a comunicare. Certo non dobbiamo pretendere che la casalinga capisca come vengono sfruttate le biotecnologie, ma dobbiamo spiegarle perché sono buone per lei e per i suoi figli".

Eppure, raccontano i fondatori della startup, ogni giorno milioni di persone diabetiche si iniettano insulina che viene prodotta dall'Escherichia coli, un batterio presente nel nostro intestino, geneticamente modificato per produrre questo ormone. Nessuno se ne stupisce, anche se in passato veniva estratta dai maiali.

In Europa tuttavia la rivoluzione del latte senza mucche forse non arriverà mai. Il fatto che si utilizzino microrganismi geneticamente modificati contrasta infatti con la legislazione europea, anche se poi nei nostri allevamenti le mucche sono alimentate con mangimi in gran parte geneticamente modificati.

 
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