L’emergenza latte questa volta va oltre il prezzo. Le previsioni di mercato non dicono nulla di buono e, anzi, gli ultimi listini alla Borsa merci di Lodi per il latte spot indicano un valore di 25,50 euro/100 kg e addirittura di 22,50 euro/100 kg sulla piazza di Verona, nelle sedute rispettivamente del 14 e del 21 marzo.

Il tema che però ha scavalcato l’ordine di preoccupazione dei produttori riguarda il ritiro della materia prima. Il rischio, molto concreto, è che dal prossimo 1° aprile, avvio della nuova annata lattiero casearia (2016-2017), alcuni produttori non si vedano ritirare il latte dall’industria. Esubero produttivo? Speculazione? Entrambe le cose, con ogni probabilità.
A conti fatti, per ora parziali, i problemi legati al mancato ritiro del latte potrebbero riguardare circa 100 stalle, concentrate per lo più nel quadrilatero fra Bergamo, Cremona, Pavia e Lodi.

Ieri pomeriggio l’assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia, Gianni Fava, ha convocato un Tavolo Latte a Mantova, una delle principali province per produzione di latte con circa 850mila tonnellate annue, raggiungendo un risultato che lui stesso definisce “moderatamente soddisfacente”.
Tutta la filiera era presente, con una rappresentanza larga del mondo sindacale agricolo, della cooperazione, delle Op, di Assolatte, ma anche dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna e del servizio Veterinario di Regione Lombardia, per gli aspetti legati alle aflatossine nel latte.

Sul piatto sono stati messi alcuni punti fermi, in realtà, non di poco conto. A partire dai controlli sul latte in entrata, grazie a un progetto-spia che sarà discusso nella giunta di Palazzo Lombardia mercoledì prossimo. È la prima volta che si accendono i riflettori sul latte importato dall’estero.
Nessun riferimento è stato fatto ieri sul prezzo. “Su questo tema dovrebbe esistere un Tavolo nazionale gestito dal ministero delle Politiche agricole – ha ricordato Fava -. Mi risulta essere un fallimento colossale”. Un’affermazione forte, alla quale è seguita la richiesta, da parte di alcuni operatori, di riportare il Tavolo a Milano.

Nuova riunione a fine mese
Il Tavolo Latte è stato aggiornato al prossimo 30 marzo a Mantova, per permettere alla filiera di operare una mappatura più precisa sui flussi produttivi di materia prima e su eventuali esuberi, da quantificare sulla base dei dati, compresi i contratti che in questi giorni l’industria di trasformazione sta inviando agli allevatori conferenti.

Già da domani (oggi per chi legge, ndr) affluiranno i dati di tutte le situazioni contrattualistiche sospese per quantificare il problema e affrontare soluzioni il prossimo 30 marzo – ha detto Fava -. I dati ministeriali indicano un aumento della produzione lattiera lombarda pari al 2,5%, ma la percezione che abbiamo è che l’incremento sia stato maggiore. Il mio auspicio è che per qualche mese l’import di latte dall’estero venga sostituito dal latte lombardo e nazionale, per evitare che le nostre stalle debbano gettare il latte”.
Qualora dovesse essere chiuso o ridotto il quantitativo di latte proveniente oltre confine, inevitabilmente verrebbe garantito l’acquisto di prodotto nazionale. Una scelta innanzitutto etica, anche per evitare – affermazione dei produttori – che le stalle chiudano i battenti definitivamente.

Alcuni operatori del settore hanno notato una certa discrepanza fra i dati comunicati da Agea e dal ministero delle Politiche agricole e quanto effettivamente sembrano essere le produzioni reali. Quantomeno – secondo alcuni trasformatori – questa è l’impressione, cioè che una volta i dati ministeriali fossero più precisi.
Dall’assessore è arrivato un commento sulla politica comunitaria di gestione della crisi lattiero casearia. “Sono contrario a modalità strambe come l’abbattimento dei capi, perché noi produciamo il 70% del nostro fabbisogno – ha valutato -. Lo facciano eventualmente altri Paesi, come l’Irlanda, che produce il 140% del fabbisogno interno”.

Il Piano straordinario sulle aflatossine
Per gestire la questione aflatossine, ha annunciato l’assessore Fava, mercoledì prossimo la giunta lombarda si esprimerà su una delibera legata al Piano straordinario per le aflatossine.
Prevediamo oltre 6.000 sopralluoghi, che coinvolgerà la quasi totalità degli allevamenti lombardi, per avere in circa 45 giorni un’analisi dettagliata della situazione e quantificare il fenomeno – ha illustrato Fava -. Avremo anche un’importante novità, che riguarderà il controllo, e non solo sulle aflatossine, del latte importato, per rassicurare i produttori, la trasformazione e soprattutto i consumatori”.

I bandi sull’agroindustria
In questi giorni ho banalizzato il concetto affermando che non avremmo dato i soldi alle industrie che trasformano latte francese o tedesco o materia prima importata – ha riassunto Fava -. È così, in effetti, e nella misura legata all’innovazione nell’agroindustria elaboreremo una serie di parametri di accesso e specifici punteggi per poter fare politica agricola-industriale. Si tratta di misure finanziarie e dunque con un iter più complesso, ma per la prima volta prevederemo paletti differenziati in modo netto, che vanno dalla contrattualistica alla provenienza della materia prima, dall’esistenza di contratti al fatto che chi accederà dovrà fare sviluppo”.
Alle imprese che accederanno alla misura, dunque, “Regione Lombardia chiederà un piano quinquennale e deve essere effettivamente una pianificazione positiva di sviluppo, non di diminuzione della trasformazione. Non siamo appassionati di decrescita felice e non siamo intenzionati a finanziare chi non investe e non favorisce concretamente lo sviluppo rurale e la crescita delle filiere lombarde”.