Sqn, nuovo equilibrio nella governance dei consorzi di tutela e 20 milioni di euro, messi sul piatto dalla Regione Lombardia, per superare l’impasse della filiera suinicola. Magari rintuzzando i buoni protocolli d’intesa siglati agli apici delle fasi di stress del settore, nel 2008 e nel 2013, e portandoli finalmente a compimento.
Dopo la bocciatura del Gran Suino Padano, strategia apparecchiata negli anni scorsi da un’improvvisa e lucida sinergia della filiera suinicola, e respinta come marchio Dop da Bruxelles delle carni fresche, ora il ministero delle Politiche agricole dà la propria benedizione al Sistema di qualità nazionale.
Una sorta di variante meno nobile della Denominazione d’origine protetta, che sarebbe stata di nuovo cassata dall’Unione europea e che forse – stante la crisi dei consumi e le tasche vuote degli italiani – potrebbe rappresentare una valida alternativa per rimettere in carreggiata una filiera che da ormai 7 anni sta vivendo una crisi prolungata, alleviata da qualche periodo di tregua, ma sostanzialmente a cavallo di una linea di galleggiamento che solo nell’ultimo anno, nella Lombardia serbatoio della suinicoltura per i grandi salumi Dop, ha portato il numero di scrofe da 750mila a 500mila.
Con la conseguenza che altri allevamenti hanno chiuso, che l’import di suinetti dall’estero è aumentato, che la soccida ha conquistato ulteriore spazio e il numero di suini nati nel 2013 in Italia  si è fermato a 12,3 milioni il 3,5 per cento in meno rispetto all’anno precedente.

Nel frattempo, l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, ha annunciato al Tavolo di filiera della settimana scorsa in Sala Cavour, a Roma, la disponibilità a stanziare 20 milioni di euro. “Dall’analisi del bilancio della Lombardia possiamo stanziarli, considerata la situazione davvero preoccupante, ma a patto che il Governo ci metta in condizione di farlo, attraverso le opportune previsioni nell’accordo di partenariato”.
Già, perché con le regole che vincolano i rapporti fra Stato e Regioni, fra accordi di partenariato e obblighi al cofinanziamento, il rischio è che le risorse rimangano tali sulla carta.
“Dobbiamo aiutare la filiera a integrarsi in modo verticale, considerato che in passato l’integrazione della filiera è avvenuta in modo orizzontale e questo ha significato soltanto l’unione di molte debolezze, spostando la marginalità sempre più lontano dai produttori, verso la distribuzione – ha specificato l’assessore lombardo Fava -. Sostenendo, in primo luogo, gli allevatori e spingendo inoltre verso un patto tra gli operatori della filiera, dalla produzione alla distribuzione per evitare la morte del settore”.
Quello della Lombardia, che rappresenta il 55% dei suini destinati alle produzioni Dop, si può leggere forse come un obbligo morale, proprio per il fatto che nel triangolo fra Mantova, Brescia e Cremona si allevano circa 4,3 milioni di maiali. Ma, a onor del vero, la disponibilità di assicurare agli allevatori e alla filiera per il proprio rilancio 20 milioni di euro è anche l’unica proposta concreta e definita in termini di plafond.

Anche il ministero delle Politiche agricole, rappresentato dal ministro Maurizio Martina, ha comunque dettato la propria linea, lasciando a un momento successivo, più ristretto, i margini per entrare nel particolare.
L’incontro, immediatamente successivo al Tavolo di mercoledì mattina, è stato presieduto dal viceministro Andrea Olivero.
Il Mipaaf ha comunque reso noto che il Tavolo interprofessionale della filiera suinicola “ha messo a punto una strategia che, in tempi certi, possa raggiungere il duplice obiettivo di dare una chiara identità nazionale alla carne suina fresca al fine di incrementarne il consumo, e di valorizzare i tagli dei suini non destinati alla produzione dei prosciutti a denominazione di origine”.

Finalità la cui urgenza è sottolineata dagli ultimi dati del Crefis, il Centro per le ricerche sulle filiere suinicole, guidato dal professor Gabriele Canali dell’Università Cattolica di Piacenza. “A giugno – dice infatti Canali - è tornato ad ampliarsi il differenziale di redditività tra i prosciutti Dop e quelli non tipici, purtroppo a favore di questi ultimi; il gap è superiore all'11 per cento. Una situazione, questa, decisamente anomala e preoccupante, non solo per gli stagionatori, ma per tutta la filiera”.
A giugno, per il terzo mese consecutivo, è cresciuto l’indice di redditività dell'allevamento, che ha messo a segno una crescita del 4,5% rispetto al mese precedente. Allo stesso tempo, l’apprezzamento dei suini pesanti grava sulla redditività della fase di macellazione”.

Il ministro Martina ha assicurato che i tempi di intervento saranno rapidi. “Chiediamo a tutti uno sforzo per fare un salto di qualità, concentrando le nostre energie e costruendo un’iniziativa comune forte. Il nostro orientamento è di lavorare per far emergere gli elementi di unità – ha ribadito Martina -. Oggi lanciamo un progetto nazionale di valorizzazione delle carni suine nazionali, soprattutto in relazione a quella parte di prodotto non utilizzata nel circuito delle Dop”.
La proposta del Mipaaf è di un percorso che dia, innanzitutto, identità alle carni nazionali attraverso il Sistema di qualità alimentare nazionale (SQN), basato su un disciplinare (in parte già elaborato in collaborazione con la filiera e le Regioni) attraverso cui, ha spiegato il ministro Martina, “daremo alle Regioni la possibilità di utilizzare le risorse dei Psr per sostenere le aziende del settore”.

Il progetto prevede che il Mipaaf coordini l’elaborazione di questo disciplinare, concordandolo in un primo tempo con le Regioni e poi con gli attori della filiera, giungendo all’istituzione di un SQN che avrà una dicitura utilizzabile da tutti, lasciando agli operatori la possibilità di utilizzare propri marchi “commerciali”.
Il Mipaaf si è impegnato a sostenere finanziariamente la campagna promozionale di questo sistema di qualità.
Nel corso dell’incontro è stato inoltre deciso di dare attuazione operativa al Protocollo d’intesa dell’8 luglio 2013 di Mantova. L’obiettivo è quello di chiudere in fretta le procedure attuative inerenti il sistema di classificazione delle carcasse suine.
Linee di intervento sulle quali si era già espresso, alla vigilia del Tavolo di filiera, durante la tappa reggiana del Road Show organizzato da Eurocarne 2015 di Veronafiere, anche Lorenzo Fontanesi, presidente di Unapros.
Dal presidente dell’associazione di op che commercializza 1,5 milioni di suini, è giunto un forte appello alla diversificazione produttiva, anche attraverso il sistema di qualità nazionale, ma non solo.
“La qualità è un concetto dinamico, in continua evoluzione, e non può essere definita attraverso valori pietrificati”. Ma per invertire la rotta che vede la progressiva chiusura delle porcilaie e il passaggio epocale – e forse irreversibile – da imprenditori a soccidari, Fontanesi richiama anche un nuovo corso per i consorzi di tutela. “Bisogna rivedere la governance dei consorzi di tutela, per ripartire la rappresentanza della filiera in maniera più equilibrata – afferma Fontanesi -. E poi, ritengo che, pur senza abbandonare il sistema delle Dop, sia opportuno specializzare ulteriormente le produzioni”.
Una porta aperta dunque anche ad animali di peso intermedio, che possano costituire, con i 140 chilogrammi alla macellazione, una valida alternativa alla carne suina proveniente dal Centro-Nord Europa.