Le proteste dei pastori per il crollo del prezzo del latte sono terminate nei primi giorni di novembre. C'è voluta una lunga trattativa che ha visto protagonisti il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci e il leader del Movimento dei pastori, Felice Floris. Nove ore di confronto per trovare una via di uscita ai problemi dell'allevamento ovino, per arrivare finalmente, alle quattro del mattino, a siglare un accordo in grado di dare una risposta alle richieste degli allevatori. Un accordo i cui pilastri sono la garanzia di un prezzo minimo del latte, gli aiuti diretti ai singoli allevatori, lo smaltimento delle eccedenze di prodotto. Vediamoli singolarmente.

 

I punti chiave

Per il prezzo del latte viene fissata una soglia minima di 75 centesimi al litro che può salire sino a 85 centesimi quando la commercializzazione del latte transita attraverso formule associative. Ma non saranno le aziende di trasformazione ad aprire il portafoglio, ma la Regione che alle industrie corrisponderà incentivi per almeno 10 milioni di euro. Per gli aiuti diretti, i “de minimis” per i quali gli allevatori chiedevano il massimo concesso dalla Ue, cioè 15mila euro per azienda (ma i soldi sono quelli dello Stato e non di Bruxelles), ci si accontenterà di “soli” 2500 euro. Infine la “stanza di compensazione” che sarà attutata attraverso il Consorzio latte di Macomer, che avrà il compito, certo non semplice, di gestire le eccedenze di magazzino e di “governare” la produzione futura, indirizzandola anche verso tipologie di prodotto diverse da quelle tradizionali, promuovendo il consumo di prodotti freschi o a più breve stagionatura. Una strategia quest'ultima da tempo invocata dal presidente del Consorzio del Pecorino Romano, Toto Meloni, nell'intento di trovare nuovi impieghi al latte ovino dopo la caduta delle esportazioni del pecorino a marchio Dop e alla conseguente caduta del prezzo del latte che ha portato alla crisi degli allevamenti ovini.Per portare a conclusione le iniziative previste dall'accordo, la dotazione finanziaria messa sul tavolo dalla Regione è stata aumentata a quasi 144 milioni di euro, soldi destinatati però a soccorrere anche altri settori in difficoltà, come quello suino e cerealicolo.

 

Ancora divisioni

Tutto bene, dunque? Ovviamente no. L'accordo vede le firme dei pastori guidati da Floris, quella di Confagricoltura e quella di Copagri. Ma Coldiretti e Cia hanno preso le distanze, esprimendo forti critiche sui contenuti dell'accordo. Marco Scalas, presidente della Coldiretti della Sardegna, ha bollato l'accordo come un “il bluff di Cappellacci con cui prende in giro i pastori”. Un giudizio severo, motivato dalla convinzione che la Regione non disponga dei fondi sufficienti a mantenere le promesse fatte agli allevatori.
Di parere contrario è invece il presidente del Consorzio del Pecorino romano, che ha definito l'accordo come “la base di partenza per uscire da questa crisi strutturale e per il rilancio del comparto ovi-caprino.” Sulla vicenda si è espressa anche Confeuro, che pur non entrando nel merito delle diverse opinioni sui punti dell'accordo, ha stigmatizzato le difficoltà conseguenti all'abbandono del tavolo della trattativa da parte delle due organizzazioni professionali. Dal Governatore della Sardegna, intanto, è partito l'invito rivolto a Coldiretti e Cia di riprendere il dialogo. “Le motivazioni che richiedono la massima coesione possibile sono alte – ha detto Cappellacci - e certamente non sfuggiranno ai rappresentanti della categoria.”
Ora la partita passa alla discussione del Consiglio regionale al quale spetta il compito di trasformare le proposte in un atto legislativo con il quale dare attuazione agli impegni presi con il mondo della pastorizia. E quello sarà il banco di prova sul quale le organizzazioni professionali potranno dimostrare se sono in grado di superare steccati e divisioni.