Piogge scarse, aumento del costo delle materie prime, diminuzione della produttività e concorrenza dall'estero: quest'anno anche il riso si è dovuto scontrare con queste problematiche.

Risultato: chiusura della raccolta in rosso in molte zone d'Italia.

 

Quest'anno infatti, secondo le stime, sono stati compromessi tra Piemonte e Lombardia 26mila ettari di risaie a causa della stringente siccità che ha portato una perdita economica per i risicoltori e meno prodotto commerciabile sul mercato.

Insomma, una situazione non di facile soluzione.

 

Ma il settore non molla la presa, anzi si allea con ricerca genetica e moderna tecnologia per garantire ai risicoltori italiani una più alta resa produttiva e un'elevata qualità della granella. Per continuare a portare sulle tavole degli italiani (e non solo) i risotti fiore all'occhiello del made in Italy e nelle tasche dei produttori il giusto reddito.

 

Tutte queste tematiche sono state affrontate durante il primo study trip in Lomellina (Pv) tenutosi in ottobre 2022, nel centro ricerche sul riso dell'Ente Nazionale Risi, nell'ambito del Progetto Sustainable EU Rice - Don't Think Twice.

 

Si tratta di un programma triennale promosso da Ente Nazionale Risi (Italia), Casa do Arroz - Associação Interprofissional do Arroz (Portogallo) e il Sindacato dei Risicoltori di Francia e Filiera (Francia).

Il Progetto ha lo scopo di diffondere la conoscenza sulla produzione risicola e sugli utilizzi in cucina del riso made in Europa e rafforzare la consapevolezza del valore della risicoltura in termini di sostenibilità e tutela delle risorse naturali.

 

Riso: l'importanza della ricerca genetica

Il riso (Oryza sativa) viene consumato nel nostro paese principalmente per la preparazione del famoso risotto.

Il segreto del successo di questo piatto è da ricercarsi nell'alta qualità della granella che deriva sia da un intenso lavoro di miglioramento genetico sia da una filiera di lavorazione molto controllata.

 

In Italia la produzione risicola si estende su circa 216mila ettari, concentrata soprattutto in Piemonte, Lombardia e Veneto e costituita da un ampio panorama varietale.

 

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Le due varietà principali sono Japonica ed Indica che costituiscono da sole il 50% della produzione; l'Italia è infatti è tra i principali produttori in Europa. Da queste derivano cultivar molto famose come per esempio il Vialone nano, l'Arborio e il Carnaroli.

 

La ricerca genetica sul riso si è basata e si basa tutt'ora su tre pilastri principali:

  • aumento delle rese produttive;
  • maggiore flessibilità genetica per poter coltivare in diverse aree e per poter contrastare sia le principali malattie, come per esempio il brusone (Pyricularia grisea), sia i cambiamenti climatici;
  • migliorare la qualità merceologica e nutrizionale della granella, come per esempio l'abbassamento dell'indice glicemico del chicco.

Per ottenere questi risultati e piante sempre più performanti bisogna cambiare di volta in volta, in base alle esigenze ambientali e di mercato, il modello di miglioramento e di selezione.

Un lavoro, perciò, che muta nel tempo e non immediatamente realizzabile nel breve periodo.

 

Per ottenere, nel minor tempo possibile, una nuova varietà di riso che rispecchi le esigenze agronomiche desiderate, i breeder devono quindi lavorare su varietà antiche: il cosiddetto "vecchio" germoplasma che si può trovare o in natura oppure in apposite strutture chiamate Banche del germoplasma.

 

Diversi tipi di ibridi in fase di studio in un campo sperimentale

Diversi tipi di ibridi in fase di studio in un campo sperimentale

Fonte foto: AgroNotizie

 

Come abbiamo già accennato tecnologia e ricerca sono due preziosi alleati per mantenere, se non migliorare, la resa produttiva e la qualità finale. Vediamo quindi assieme come queste due vengano applicate nel centro di ricerca dell'Ente Nazionale Risi, ente pubblico economico che si occupa della tutela della filiera del riso.

 

La Banca del germoplasma: una biblioteca viva

La Banca del germoplasma è un deposito dove viene conservato del materiale vivo, per esempio i semi, con lo scopo di preservare la diversità biologica e genetica per futuri scopi e studi.

Di fatto quindi senza la Banca non potrebbe iniziare nessun programma di miglioramento genetico.

 

Nella Banca dell'Ente Nazionale Risi è presente un'anticamera di stoccaggio che può essere usata per diversi scopi.

Filip Haxhari, dirigente del Dipartimento di Miglioramento Genetico dell'Ente ci spiega come funziona lo stoccaggio: "Questa anticamera viene utilizzata per conservare temporaneamente il materiale genetico utile per le semine in campo aperto per evitare che si rovini a seguito di condizioni atmosferiche sfavorevoli come pioggia, basse temperature e così via. Quando la selezione in campo è terminata metà dei semi raccolti viene trasferita all'interno della banca del germoplasma, l'altra metà viene invece destinata al consumo".

 

All'interno dell'anticamera si tiene una temperatura di 13-14 gradi e un'umidità del 50%.

 

Poi c'è la Banca del germoplasma vera e propria, una camera chiusa ermeticamente che contiene il materiale genetico ad una temperatura molto più bassa rispetto all'anticamera.

"Ad una temperatura di 4 gradi - continua a spiegare Haxhari - la germinabilità del seme può durare dai 6 ai 10 anni massimo, la conservazione quindi non è eterna. Questo perché il seme essendo vivo e seppur rallentato dalla bassa temperatura, continua a svolgere i suoi normali processi fisiologici che consumano le sostanze di riserva accumulate al suo interno. Una volta esaurite, il seme rischia di essere perso e con lui anche il suo genotipo".

 

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In foto campioni vivi di semi all'interno della Banca del germoplasma

Fonte foto: AgroNotizie

 

Ecco perché per evitare perdite di materiale genetico, ogni 5 anni le varietà conservate nella Banca del germoplasma vengono seminate in pieno campo e raccolte in modo da avere sempre del seme rigenerato e vivo.

 

All'interno della Banca dell'Ente Nazionale Risi sono conservate 1.650 varietà di riso vive, che vanno dal 1800 ad oggi, e che possono essere seminate in qualsiasi momento.

 

Una vera e propria biblioteca "viva" da cui è possibile attingere in ogni momento per creare nuovi ibridi sostenibili, produttivi e adatti alla risicoltura del momento.

 

Il clima in una cella: il fitotrone

Nella costituzione di una nuova varietà di riso è fondamentale capire se è adatta alle condizioni pedo climatiche del territorio di coltivazione. 

 

Una pianta non adattata all'ambiente circostante sarà una pianta che non produrrà granella.

 

Ma come si fa a capire se la varietà è adatta o si adatterà al terreno e al clima di coltivazione? La risposta è nel fitotrone.

 

Si tratta di un ambiente protetto in cui vengono inserite luce, temperatura, luminosità e umidità di una determinata zona di coltivazione. Lo scopo è quello di ricreare in questa cella, in maniera del tutto artificiale, un determinato clima e poter così studiare l'adattamento ad esso di una nuova varietà.

 

Il fitotrone dell'Ente Nazionale Risi può contenere fino a mille linee diverse di riso

Il fitotrone dell'Ente Nazionale Risi può contenere fino a mille linee diverse di riso

Fonte foto: AgroNotizie

 

L'utilizzo del fitotrone consente di accelerare il lavoro di selezione delle linee più performanti prima di proporle agli agricoltori, tagliando così i tempi di osservazione su una nuova cultivar.

 

Per esempio: all'interno del fitotrone si coltivano più linee diverse di riso e si ricreano artificialmente le stesse condizioni climatiche del luogo di coltivazione e del periodo di coltivazione (dalla primavera all'autunno) e nell'arco dell'anno si osserverà la linea che meglio si adatterà a tali condizioni.

Una volta stabilito qual è il gruppo di piante più adattabili si potranno seminare in risaia: lo stesso risultato ottenuto dentro il fitotrone il risicoltore lo potrà vedere in pieno campo.

 

L'affidabilità di questa tecnologia è elevatissima: secondo Haxhari, la corrispondenza tra quello che si osserva dentro il fitotrone e quello che si osserva in pieno campo è del 99%.

 

Un chicco molto controllato

Ma quindi una volta capito quale sia la varietà migliore e averla coltivata e raccolta, come finisce il riso sulle tavole? L'attenzione alla qualità grazie all'intervento della tecnologia inizia in risaia e continua anche nelle fasi post raccolta.

Il chicco deve passare infatti diversi controlli in laboratorio affinché venga ritenuto sicuro e idoneo ad essere consumato, il che garantisce la massima qualità del riso e dei prodotti da esso derivati.

 

I parametri che vengono tenuti in considerazione durante i controlli sono i difetti, il contenuto di amilosio e la parbolizzazione.

 

I difetti

Chicchi pigmentati e striati di rosso, spezzati, gessati (cioè non maturi), danneggiati dal calore o da patogeni: tutte queste varianti per legge non devono superare una determinata soglia all'interno di una partita di riso sia che si tratti di riso italiano sia che venga dall'estero.

 

Campione non idoneo di riso per la presenza di chicchi pigmentati e striati di rosso

Campione non idoneo di riso per la presenza di chicchi pigmentati e striati di rosso

Fonte foto: AgroNotizie

 

Oltre a queste varianti il laboratorio chimico merceologico dell'Ente Nazionale Risi segnala anche la presenza di materiali estranei commestibili o non commestibili. Devono essere in ogni caso materiali non tossici per il consumatore, come per esempio sassolini o scarti di lavorazione del riso.

Se all'interno di un campione gli operatori di laboratorio trovano un materiale estraneo non commestibile tossico, come per esempio plastica, il produttore principale viene segnalato agli enti competenti. Anche la soia, che è un allergene potenzialmente molto pericoloso per i consumatori allergici, viene segnalato.

 

Alcune partite di riso proveniente dall'estero vengono segnalate e bloccate a causa di una lavorazione chiamata oliatura che rende il chicco più lucido a causa del trattamento con olio. Diffusa in alcuni paesi esteri, dev'essere dichiarata nel momento in cui la partita di riso viene importata in Italia (e non sempre lo è).

Questi controlli vengono effettuati dagli operatori in maniera visiva utilizzando anche dei campioni standard come paragone.

 

Il contenuto in amilosio

Una delle analisi chimiche più importanti è quella del contenuto di amilosio all'interno dei chicchi, svolta con macchinari ad hoc.

 

La quantità di questo zucchero nel chicco determina il suo comportamento in cottura, ovvero la sua collosità e consistenza. Inoltre, è un parametro di riferimento per le varietà che seguono i disciplinari Dop e Igp.

 

Quest'analisi non solo permette di capire se una varietà di riso rispecchia o no il gusto del consumatore ma permette anche di indirizzare il miglioramento genetico in base alle annate produttive.

 

La parboilizzazione

Se mettessimo a confronto il risone, cioè un riso non ancora pulito, e un riso confezionato noteremmo che sono molto diversi sia come forma che come colore.

Questo perché nel post raccolta il risone viene pulito da tutti i tegumenti esterni che lo compongono, trasformandolo nel tipico riso bianco e lucente che giunge ai consumatori.

 

Se da un lato la lavorazione post raccolta fa diventare il chicco visibilmente più apprezzabile, dall'altro lato però gli toglie delle sostanze nutritive essenziali presenti appunto nei tegumenti più esterni.

 

Per risolvere questo problema il risone viene sottoposto a una tecnica chiamata parboiled: cioè una pre cottura con vapore acqueo ad alta pressione che spinge le vitamine e i sali minerali dal tegumento più esterno a quello più interno.

In questo modo le sostanze nutritive rimangono bloccate all'interno del chicco che assume un colore giallognolo e una forma diversa dal risone iniziale.

 

Differenze di forma e di colore tra varietà sottoposte alla tecnica parboiled

Differenze di forma e di colore tra varietà sottoposte alla tecnica parboiled

Fonte foto: AgroNotizie

 

Il risultato della parbolizzazione è diverso da varietà a varietà. Ecco perché nella filiera risicola si prevedono dei controlli in laboratorio per determinare quali risi si prestano meglio a questa tecnica e creare programmi di miglioramento genetico a creare piante sempre più in linea con i gusti del consumatore.

 

Il procedimento in laboratorio prevede diverse fasi. Riassumendo in maniera generale: il trattamento inizia con la macerazione del risone a un'umidità al 30% e una pressione a 105-110 gradi. Si crea così una gelatinizzazione, ovvero una trasformazione dell'amido in gelatina. I granuli di amido con questo trattamento aumentano di dimensione per poi essere bloccati modificando i parametri di umidità e pressione e terminando così la parbolizzazione.

 

La ricerca guarda al futuro

Nessuno nasconde che nei prossimi anni la risicoltura italiana dovrà affrontare la sempre più scarsa disponibilità di acqua, difficili condizioni di mercato e la possibilità - ma speriamo di sbagliarci- di nuove patologie dovute alle mutate condizioni climatiche.

 

L'esperienza presso l'Ente Nazionale Risi dimostra come la tecnologia e la ricerca applicate lungo tutta la filiera permettano di tenere il passo con i cambiamenti climatici, mantenere se non aumentare le rese produttive e i guadagni, e continuare a commercializzare il prodotto di elevatissima qualità per cui è noto il made in Italy.

 

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Study trip in Lomellina