L'olio d'oliva italiano è una delle eccellenze del made in Italy e famoso in tutto il mondo per la sua qualità. Il settore olivicolo, negli ultimi anni, ha però evidenziato diverse problematiche che ne hanno minato la sua sopravvivenza e la sua sostenibilità. Da solo oggi vale oltre 3 miliardi di euro all'anno (pari al 3% dei ricavi dell'intero agroalimentare).

A portare a questa crisi di sistema sono state soprattutto la produttività non all'altezza e le limitazioni strutturali: due concetti presenti nell'olivicoltura tradizionale, spesso multifunzionale, con forti limiti orografici e con aziende di limitata dimensione. Questo non consente di effettuare economie di scala e di applicare una piena meccanizzazione delle operazioni colturali. C'è necessità di rinnovamento e di un cambio di passo.

Nel 2019 l'Italia, nella produzione di olive, si è posizionata al secondo posto al mondo con 2.194.110 tonnellate su una superficie 1.139.470 ettari in base ai dati Faostat. E' stata preceduta dalla sola Spagna con 5.965.080 tonnellate. Nel 2020 la realizzazione di olio d'oliva extravergine è stata di poco più di 235mila tonnellate, un -36% rispetto al 2019 quando le tonnellate erano state 366mila. Dopo la Puglia, la seconda regione più produttiva è stata la Sicilia (-17% rispetto allo scorso anno) seguita dalla Calabria (-45%). Cali produttivi si sono registrati anche in altre importanti regioni olivicole: Campania (-12%), Basilicata (-20%), Molise (-20%), Sardegna (-26%) e Abruzzo (-33%).
 

OLIVO DA OLIO

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Per vincere queste sfide, e soddisfare le nuove esigenze, nasce l'olivicoltura intensiva e superintensiva. Due diverse modalità che hanno diversi requisiti, durata, risultati, gestione e costi.

L'oliveto intensivo è adatto sia per terreni pianeggianti che in pendenza (fino a 20-25%), presenta 200-400 piante/ha di olivo, bassa suscettibilità a danni da freddo e siccità, si possono usare quasi tutte le varietà comprese le autoctone, con sistema di allevamento a vaso, con costi d'impianto medi (circa 3.000-4.500 euro/ettaro), arrivo in piena produzione al settimo-decimo anno, vita economica di 30-40 anni ed una produzione media nella fase di piena produzione tra 6.000-12.000 chilogrammi/ettaro.

L'oliveto superintensivo è adatto a terreni pianeggianti o con limitata pendenza (massimo 15%), presenta 1.100-2.500 piante/ettaro di olivo, elevata suscettibilità a danni da freddo e siccità, si possono usare solo varietà a medio-bassa vigoria e struttura compatta, sistema di allevamento ad asse centrale, costi d'impianto alti (circa 8.000-10.000 euro/ettaro), entra in piena produzione al terzo-quinto anno, vita economica di 15-20 anni ed una produzione media nella fase di piena produzione tra 8.000-12.000 chilogrammi/ettaro. Inoltre i due impianti necessitano di una superficie minima per garantire una sostenibilità economica: 5-7 ettari per l'intensiva ed oltre 15 ettari per il superintensivo.

Per approfondire meglio il tema della coltivazione di piante d'olivo, e per cercare di entrare meglio nei dettagli dell'aspetto varietale ed agronomico della nuova olivicoltura (temi fondamentali per l'evoluzione del settore olivicolo), abbiamo intervistato Riccardo Gucci, professore di Coltivazioni arboree presso l'Università di Pisa, presidente dell'Accademia nazionale dell'olivo e dell'olio, socio ordinario dell'Accademia dei Georgofili e coordinatore Gruppo Soi olivo e olio.

Si segnala che il 10 giugno 2021 si terrà un webinar organizzato dal Gruppo di lavoro Soi olivo e olio dal titolo "Olivicoltura di precisione: strategie moderne per un albero antico". Per maggiori informazioni e per potersi iscrivere guardate sul web site della Soi. Questo webinar, come tutti gli altri in programma per il 2021, sarà gratuito per tutti i soci Soi che hanno confermato l'iscrizione per l'anno 2021 mentre per i non soci Soi sarà a pagamento al costo di 30 (trenta) euro più Iva.
 
Olivo monumentale coltivato in Puglia
Ecco un esempio di olivicoltura tradizionale e monumentale
(Fonte foto: © Adamico - Fotolia)

Quali sono i punti salienti delle scelte varietali oggi in olivicoltura?
"La gran parte dell'olivicoltura italiana - spiega Gucci - è costituita da oliveti tradizionali e difficilmente sostituibili per le particolari condizioni orografiche in cui si trovano, oltre che per le funzioni ambientali e paesaggistiche che svolgono. Questo rende difficile una riprogettazione del settore. L'aspetto della giusta scelta varietale nei nuovi impianti è di fondamentale importanza, in modo tale da poter ottenere il miglior reddito. Dal punto di vista del mantenimento della tipicità delle produzioni, che è basilare per oli e olive da mensa certificate Dop o Igp, bisogna utilizzare varietà autoctone italiane. Ce ne sono decine per ogni regione e quindi la possibilità di scelta è ampia, sebbene molte di queste siano poco conosciute in tutti i loro aspetti. Le varietà prescelte, oltre a produrre abbondanti produzioni di alta qualità, devono dare la possibilità di poter meccanizzare il più possibile le operazioni colturali (requisito imprescindibile nei nuovi impianti)".

Ecco alcune varietà di olivo da olio tra le più diffuse ed apprezzate dai consumatori: Frantoio, Nativa della Toscana, Leccino, Coratina, Ogliarola barese, Ogliarola del Gargano, Nocellara del Belice, Moraiolo.

Per maggiori informazioni sulle varietà di olive da olio e da mensa è possibile consultare la pubblicazione "Il germoplasma olivicolo del campo collezione del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria" realizzato nel 2017 dal Crea-Oli di Rende, visibile sul web site della Soi. Si suggerisce anche di consultare il Catalogo mondiale delle varietà di olivo del Consiglio oleicolo internazionale.

E per quanto riguarda gli oliveti ad altissima densità?
"L'altissima densità inizia a diffondersi anche in Italia per gli evidenti vantaggi nella raccolta meccanica in continuo eseguita con macchine scavallatrici. Vi sono varietà di origine estera che sono collaudate da oltre 25 anni e rappresentano ormai una realtà consolidata. In aggiunta vi sono varietà ottenute per incrocio (con un genitore autoctono italiano) che si adattano bene a tali sistemi d'impianto e sono molto interessanti per conciliare esigenze di tipicità del prodotto con quelle di produttività. Infine una serie di sperimentazioni recenti ha mostrato che vi sono anche alcune varietà autoctone che sono adattabili per dimensioni e precocità di entrata in produzione all'altissima densità, pur non raggiungendo le prestazioni di quelle spagnole. La gran parte però delle varietà italiane ed estere non si adatta a tale modello d'impianto per l'eccessivo vigore".
 
Olivo superintensivo o ad alta densità coltivato in Basilicata
Ecco un esempio di olivo ad alta densità o superintensivo
(Fonte foto: © Vito Vitelli)

Quali sono i vincoli per le scelte varietali nelle aree infestate dalla xylella?
"Ad oggi sappiamo che la Leccino e la Favolosa® FS 17* hanno un buon grado di tolleranza al temibile batterio. Nell'ultimo anno sono stati divulgati alcuni risultati che mostrano che altre cinque varietà presentano una certa tolleranza, sebbene inferiore a quella delle prime due. In ogni caso non sappiamo quanto duri la tolleranza di tutte queste varietà soggetta ad alta pressione da xylella nel lungo termine".

Quali le varietà più adatte?
"Per il modello di olivicoltura superintensiva le cultivar più adatte sono le spagnole Arbosana (sicuramente la migliore) e Arbequina; mentre la greca Koroneiki, prima ritenuta ugualmente adatta, presenta diversi limiti. Tra le varietà italiane ricordiamo Nociara e Fs 17* Favolosa®, entrambe caratterizzate da vigoria media".

Queste varietà sono state indicate da Salvatore Camposeo, docente di Arboricoltura generale e presso il Disaat, dipartimento di Scienze agro-ambientali e territoriali dell'Università di Bari, durante la "12ma giornata dimostrativa di raccolta meccanica in continuo" organizzata nel Centro didattico-sperimentale P. Martucci di Valenzano (Ba) che si è tenuta il 10 novembre 2017. L'argomento dell'olivicoltura superintensiva e della sua scelta varietale era stato trattato anche su Plantgest nel 2018 con l'approfondimento "Olivo, il futuro è oggi".

Questo approfondimento è stato realizzato grazie al contributo della Soi, Società ortoflorofrutticola italiana, di cui Riccardo Gucci è socio. Sin dalla sua fondazione nel 1953, la Soi (già Società orticola italiana) si adopera per sviluppare la cooperazione scientifica e tecnica tra il mondo della ricerca, gli imprenditori ed i professionisti del settore ortoflorofrutticolo, interessando con le sue azioni ed attività un ampio settore dell'agricoltura che include le colture arboree da frutto e da legno, le piante ortive, le colture floricole, le piante ornamentali, il vivaismo, i tappeti erbosi e la gestione del paesaggio e la tutela degli spazi a verde, con il fine ultimo di favorirne il progresso e la diffusione. La Soi promuove studi, ricerche, convegni, mostre attività editoriali ed altre iniziative attraverso le attività delle sue sezioni e dei gruppi di lavoro. Nel 2021 la Soi renderà disponibili su piattaforma Zoom dei webinar (guarda il programma), gratuiti per i soci Soi ed a pagamento per i non soci Soi.
 
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