Fino agli anni '70 l'Italia era un paese produttore di arachidi sia da guscio che da olio. Col tempo tuttavia gli agricoltori hanno abbandonato questa coltura e oggi il nostro paese importa i baccelli e l'olio da Nord Africa e Stati Uniti.

Dall'anno appena trascorso tuttavia la filiera italiana dell'arachide ha ripreso vita grazie ad una iniziativa di Sis (Società italiana sementi), Bonifiche Ferraresi, Coldiretti e Noberasco, con quest'ultima che ha firmato un contratto di filiera con alcuni agricoltori e che ha intenzione di conquistare una fetta di mercato grazie all'arachide made in Italy.
 
Chiave di volta di quest'operazione è la Società italiana sementi che ha selezionato due varietà adatte ai nostri areali e ha messo a punto il protocollo di coltivazione. Per avere un quadro di questa coltura abbiamo incontrato Mauro Tonello, presidente di Sis, nonché coltivatore di arachidi. "A dire il vero già mio padre coltivava arachidi nella nostra azienda agricola fino a quando nel 1974 non ha smesso. È con un certo orgoglio che torno a coltivare arachidi e ad assaporare con piacere i sapori di quando ero piccolo".

Partiamo dal principio: il seme. Quali varietà avete iniziato a coltivare?
"Abbiamo testato molte varietà diverse provenienti dai maggiori paesi produttori ma alla fine abbiamo selezionato una varietà bulgara e una vecchia varietà italiana, il Tripolino. Quest'ultima l'abbiamo scovata da un anziano agricoltore della zona che la coltivava per autoconsumo. Nonostante qualche riluttanza ci ha dato una decina di semi che con grande fatica abbiamo fatto crescere e moltiplicato negli anni fino ad aver seminato 4 ettari nel 2020".

Quali caratteristiche hanno le varietà selezionate?
"Ci siamo focalizzati su due punti. Da un lato la velocità di crescita: avevamo bisogno di una pianta che fosse possibile raccogliere prima delle piogge autunnali. Il secondo elemento era il gusto, che soprattutto nella varietà Tripolino mi ricorda quello unico delle arachidi coltivate in Italia una volta, molto distante dalle noccioline americane".

Quando si seminano e raccolgono le arachidi?
"La semina avviene tra aprile e maggio, quando la temperatura del terreno è di 14°C. La raccolta invece avviene nella seconda metà di settembre, ma dipende molto dall'areale e dall'andamento climatico".

Che tipo di pianta è l'arachide?
"È una pianta piuttosto rustica, che a differenza di quanto si possa pensare non è seccagna, ma apprezza molto la disponibilità di acqua, soprattutto nelle fasi iniziali di crescita. Fortunatamente nei quattro anni di esperienza, seppur limitata, non abbiamo mai avuto problemi di insetti o di funghi".

Le arachidi di importazione sono sottoposte a test per rilevare la presenza di micotossine. Non avete avuto questo problema?
"No, abbiamo fatto le analisi perché sappiamo essere una criticità. Tuttavia il nostro prodotto è esente da micotossine. Crediamo che sia dovuto ad un mix tra genetica, approccio agronomico e trattamento post raccolta. Abbiamo fatto nostre le precauzioni tipiche del mais, un'altra coltura che risente della presenza di micotossine".

Ci sono altre criticità dal punto di vista fitosanitario?
"L'arachide è una coltura soggetta all'attacco di nematodi. Problema che si risolve però facilmente attraverso ampie rotazioni. Negli Stati Uniti si alterna col frumento mentre noi preferiamo rotazioni quadriennali".

A livello nutritivo ha qualche esigenza particolare?
"Non direi. Ci siamo limitati ad una concimazione con 20-30 chilogrammi di nitrato ammonico ad ettaro e basta".

Per il diserbo come fate?
"Sfortunatamente non ci sono prodotti registrati su arachide e quindi il diserbo viene fatto tutto a mano. Da questo punto di vista l'arachide in Italia sconta il fatto di essere stata assente per lunghi anni e dunque nessuna azienda ha registrato agrofarmaci per la sua difesa. Ci aspettiamo che con l'aumentare dell'estensione arrivino dei prodotti specifici o che grazie alle superfici limitate, sotto i 5mila ettari, ci possano essere delle autorizzazioni in deroga".

Immagino che anche dal punto di vista della meccanica non ci siano soluzioni pronte all'uso...
"Esatto. Per la semina abbiamo utilizzato una seminatrice da mais modificata, mentre per la raccolta abbiamo impiegato una raccoglitrice da fagiolino adattata alle nostre esigenze. Non si tratta tuttavia di attrezzature ottimali. Per questo siamo stiamo lavorando con Maschio Gaspardo al fine di realizzare delle macchine ad hoc".

Che lavorazioni del terreno sono necessarie per la semina dell'arachide?
"Servono lavorazioni leggere e un rispetto maniacale del suolo, soprattutto se questo è torboso. L'arachide risente molto del compattamento del terreno e infatti ha le maggiori produzioni nei terreni sabbiosi, anche se in quelli più ricchi di sostanza organica riesce ad esprimere un sapore migliore".

Parliamo un po' di denaro. È redditizia la coltura dell'arachide?
"Le do qualche numero, facendo però la premessa che siamo ancora all'inizio della produzione e quindi ci sono ampi margini di miglioramento. Partiamo dalla resa, che per essere considerata buona si deve attestare sui 20 qt ettaro di baccelli. L'accordo con Noberasco li quota 250 euro al quintale, essiccati, selezionati e consegnati da loro in azienda in Liguria. Per un totale di circa 5mila euro ad ettaro".

E i costi?
"Dobbiamo considerare circa mille euro di lavorazione dopo la raccolta visto che il prodotto deve essere consegnato essiccato e cernito. Ci sono poi altri mille euro per il diserbo, che deve essere fatto tutto a mano. 600 euro se ne vanno per la semente, che ancora scarseggia. Ci sono poi le lavorazioni del terreno e la gestione agronomica. Considerando tutto quanto alla fine guadagno 5-600 euro che però dovrebbero progressivamente aumentare nel tempo quando avremo i macchinari giusti, gli agrofarmaci, le sementi e il know how per ottenere il massimo dalla coltura".

L'esperienza di filiera 100% italiana dell'arachide nasce da un'iniziativa vostra, di Noberasco, Coldiretti e di Bonifiche Ferraresi. Siete aperti ad altre collaborazioni?
"Assolutamente sì, siamo alla ricerca di agricoltori interessati ad iniziare questa coltivazione poiché il progetto prevede la coltivazione di 3mila ettari di arachidi made in Italy. Per ora i vincoli che abbiamo sono due. Uno è la scarsità di seme, visto che per la riproduzione abbiamo iniziato davvero da una manciata di arachidi. Il secondo è la logistica: le macchine per la semina e la raccolta si trovano in provincia di Bologna e dunque cerchiamo agricoltori della zona. Bisogna poi considerare che il prodotto deve essere lavorato e spedito fino in Liguria e questo incide sui costi".