L'aglio rosso, chiamato così per il colore delle tuniche che rivestono i suoi bulbi, è particolarmente rinomato per le sue caratteristiche officinali e  gastronomiche. Recentemente è aumentato l'interesse verso questo prodotto sia per le sue qualità organolettiche, sia per qeulle nutraceutiche in particolare per le attività antiossidanti e antinfiammatorie.

E nel Lazio l'aglio rosso vanta una storia di coltivazione di uso che affonda le sue radici nell'antichità e che è legata soprattutto a due piccole comunità, una in provincia di Viterbo e una in provincia di Frosinone.

Si tratta dei comuni di Proceno (Vt) e di Castelliri (Fr) che danno il nome a due varietà locali, appunto l'aglio rosso di Proceno e l'aglio rosso di Castelliri. Varietà, che grazie al lavoro dell'Arsial sono comprese tra i  Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) e nel Registro volontario regionale delle risorse genetiche autoctone a rischio di erosione, previsto dalla legge regionale 15/2000 sulla tutela della biodiversità agraria.

La coltivazione di queste due varietà di aglio rosso ha influito profondamente nella storia delle piccole comunità locali in cui si è radicata, influenzando una parte importante delle loro economie. E ora l'obiettivo è quello di valorizzazione di queste due varietà per trasformarle in risorse su cui costruire progetti di sviluppo sostenibile.

Vediamo nel dettaglio la storia e le caratteristiche di queste due varietà.
 

Aglio rosso di Proceno

Secondo la tradizione orale, la coltura dell'aglio rosso era radicata in zona già in epoca etrusca, ma i primi documenti ufficiali nel quale compare sono del '400 e del '500. Si tratta di uno statuto degli ortolani della Val di Lago e di un altro documento, nel quale la citazione è accompagnata dal disegno della 'resta', la treccia fatta con le foglie secche della pianta con cui vengono conservati i bulbi. In epoca moderna i documenti che lo ricordano sono numerosi, a partire dalle memorie storiche di Proceno pubblicate da Cesare Nutarelli nel 1932.

L’aglio rosso di Proceno è un elemento tipico dell'enogastronomia viterbese, caratterizzato da un sapore delicatamente piccante e da un profumo intenso e persistente.

L'aglio rosso di Proceno si coltiva nei comuni di Proceno e Acquapendente, nel Viterbese, su terreni argillosi, molto tenaci, tipici delle colline della zona. La semina avviene tra novembre e gennaio, mentre la raccolta si esegue manualmente tra la fine di giugno e l'inizio di luglio.

Una volta ottenuto il raccolto, il prodotto viene essiccato per circa due mesi in ambienti ben ventilati e poi riunito in mazzi o trecce. Nel mese di maggio si esegue la starlatura, che consiste nell'eliminazione manuale dello scapo fiorale, detto 'tarlo' o 'tallo', per rallentare lo sviluppo vegetativo della pianta e favorire l'ingrossamento del bulbo.

I 'talli', vengono poi consumati freschi oppure bolliti e conservati sott'olio o in agrodolce. Dalla lavorazione del tarlo si ottiene un altro prodotto agroalimentare tradizionale, forse meno conosciuto di quanto meriterebbe: il Tallo sott'olio dell'aglio rosso di Proceno, che ha un gusto meno deciso dell'aglio, ma conserva le stesse proprietà officinali.
 

Aglio rosso di Castelliri

In questo piccolo borgo della Ciociaria, nei dintorni di Sora, l'aglio rosso si coltiva sin dai tempi antichi. Nei racconti orali e nelle immagini storiche riguardanti la vita della comunità, la coltivazione dell'aglio rosso è una presenza ricorrente, tanto da risultare consistente già ai tempi del regno di Napoli, a cui il borgo apparteneva. In una statistica del 1811, dedicata allo stato dell'agricoltura nell'intera provincia Terra di Lavoro, che comprende anche l'attuale Ciociaria, l'aglio rosso è già citato tra le produzioni più diffuse e apprezzate della zona.

Dal punto di vista organolettico l'aglio rosso di Castelliri si caratterizza per il sapore acre, l'aroma pungente e la piccantezza.

La zona di produzione è nei comuni di Castelliri e di Isola del Liri, in provincia di Frosinone. La semina del prodotto avviene da dicembre a febbraio, ma in casi eccezionali anche nei mesi di marzo e aprile. La raccolta avviene tra la fine di giugno e l'inizio di luglio. In genere, dopo l'estirpazione le piante vengono lasciate sul terreno per quattro o cinque giorni e appese in ambienti asciutti per terminare l'asciugatura.

Le fasi che scandiscono la lavorazione del prodotto, anche dopo la raccolta, sono ancora tendenzialmente quelle previste dalla tradizione. Conclusa l'asciugatura, le foglie delle piante vengono lasciate a mollo in acqua per un'intera nottata, all'interno di piccoli tini in legno, per poi essere intrecciate a mano.