C'è un basilico che cresce sotto il mare e che per molti aspetti è anche meglio di quello che cresce sulla terraferma.

Detta così sembra una cosa piuttosto bislacca, invece è una realtà interessante, sia dal punto di vista tecnologico che scientifico.

Una realtà legata al progetto Orto di Nemo, lanciato nel 2012  da Mestel Safety del gruppo Ocean Reef, una società che si occupa di strumentazioni subacquee, con l'obiettivo di realizzare un sistema alternativo di agricoltura per aree in cui le condizioni economiche o ambientali sono difficili.

Così nel mare difronte a Noli, in provincia di Savona, sono state realizzate delle biosfere in materiale plastico riempito di aria e ancorate al fondale a una profondità tra i 10 e i 6 metri dove vengono coltivate varie tipologie di piante, tra cui il basilico.

E proprio sul basilico l'Università di Pisa, partner ufficiale del progetto assieme al Crea e all'Università di Milano, ha effettuato delle analisi per valutare le differenze con il basilico di terraferma.

Le analisi sono state condotte nei laboratori dei dipartimenti di Farmacia e di Scienze agrarie, alimentari e agroambientali, dalla professoressa Luisa Pistelli assieme a Guido Flamini, Roberta Ascrizzi, Laura Pistelli.

E le differenze ci sono. Il basilico dell'Orto di Nemo infatti, pur non essendo diverso per forma e dimensioni (nemmeno ad osservazioni fatte con il microscopio) da un qualsiasi basilico coltivato in terra, è risultato più ricco di sostanze antiossidanti e di pigmenti fotosintetici, clorofille e carotenoidi, per catturare meglio la minor luce che riceve.

Il basilico sottomarino inoltre è più ricco anche di metileugenolo, l'aroma volatile caratteristico del basilico genovese, rispetto a quello tradizionale che cresce sulla terraferma.

In queste biosfere infatti le piante hanno un ciclo di vita particolare, diverso da quello che hanno in superficie. Ad esempio il ritmo di accrescimento è accelerato, il basilico in quelle condizioni germoglia in 48 ore invece che in una settimana come avviene sulla terra.

Differenze dovute principalmente alle diverse condizioni di luce, pressione e umidità, che influiscono anche sulla composizione e la concentrazione dei metaboliti primari e secondari delle piante, come ha spiegato Luisa Pistelli.

Risultati che fanno aumentare l'interesse per questo progetto che non nasconde le sue aspirazioni di diventare un modello pilota per cercare futuri nuovi spazi e condizioni per produrre cibo.

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