L'Italia sta perdendo la sfida della competitività dell'olio d'oliva. Il Belpaese ha prodotto nel 2018, annus horribilis per gli agricoltori italiani, neppure 200mila tonnellate (-57% sul 2017) di olio. Mentre la Spagna ha prodotto 1,8 milioni di tonnellate. A peggiorare la situazione c'è il batterio Xylella fastidiosa che ha falcidiato le produzioni in Salento e la concorrenza estera che abbatte i prezzi di mercato.

Per riguadagnare competitività all'Italia serve cambiare modello di produzione e il super-intensivo potrebbe essere la risposta. "È un sistema colturale innovativo che prevede la scomparsa del concetto di albero singolo e l'introduzione del concetto di parete produttiva", spiega ad AgroNotizie Salvatore Camposeo, professore di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree presso l'Università degli studi di Bari e profondo conoscitore di questa tecnica. "Gli impianti prevedono almeno 1.200 alberi ad ettaro a gestione meccanica integrale, sia della raccolta delle olive che della potatura. In questo modo si abbattono drasticamente i costi di produzione".

Salvatore Camposeo, quali sono i pregi di questo tipo di coltivazione?
"Prima di tutto l'abbattimento dei costi di produzione, grazie alla meccanizzazione di tutte le fasi colturali. Oggi, con la versione 2.0 è possibile meccanizzare anche la potatura di allevamento che fino a pochi anni fa nel super-intensivo di prima generazione doveva essere fatta a mano. Inoltre, questo sistema colturale è ad altissima efficienza sia nell'uso della luce e del suolo che in quello dei mezzi agronomici, come fertilizzanti, agrofarmaci e acqua".

Tuttavia in Italia gli ettari gestiti con questo metodo sono ancora pochi, circa 4.500. Come se lo spiega?
"Primo ostacolo è stato rappresentato dalla forte resistenza all'innovazione che affligge l'olivicoltura italiana. Si tratta di una questione essenzialmente culturale: per progettare, impiantare e gestire un oliveto super-intensivo sono indispensabili spirito imprenditoriale, mentalità frutticola ed assistenza tecnica specializzata. Caratteristiche queste che non frequentemente si trovano sommate in una sola persona".

Ci può spiegare meglio?
"Gli impianti super-intensivi permettono di avere produzioni alte e poco alternanti a costi bassi ma richiedono che l'agricoltore si ponga in un'ottica imprenditoriale, che valuta i tempi di ritorno dei capitali investiti, mettendo in campo tempo e tecnologie per arrivare all'obiettivo, come in una qualsiasi attività economica".
 
Impianto super-intensivo

Che cosa intende con approccio frutticolo?
"Significa gestire l'olivo con l'attenzione che si ha oggi per le altre specie arboree da frutto. Significa anche considerare la longevità economica dell'oliveto non nell'ordine dei secoli, ma di pochi decenni. Questo approccio evidentemente non è per gli olivicoltori da 'giardinaggio' ma per quelli da 'agricoltura' e richiede impegno, determinazione ed assistenza di tecnici specializzati".

Si trovano i tecnici con le competenze giuste?
"Gli agronomi formati dall'Università di Bari hanno tutte le competenze per gestire impianti super-intensivi. Inoltre organizziamo corsi specifici e incontri divulgativi in campo per diffondere le conoscenze acquisite in oltre quindici anni di sperimentazione".

In questi impianti è possibile impiegare cultivar tradizionali italiane?
"No, perché le cultivar italiane finora testate hanno tutte presentato media-alta vigoria e invece per i nuovi impianti servono cultivar a bassa vigoria. Oggi è possibile utilizzare cultivar di origine spagnola, come Arbosana e Oliana. Abbiamo anche lavorato come Università Bari per selezionare nuove varietà a bassa vigoria partendo da cultivar nostrane. Abbiamo così registrato Lecciana, nata dall'incrocio di Leccino e Arbosana".

I contoterzisti sono attrezzati per le operazioni colturali che sono richieste in un impianto super-intensivo?
"Assolutamente sì. In Puglia abbiamo un numero sufficiente di contoterzisti che possiedono le macchine adatte alla gestione di potatura e di raccolta in continuo".

Quali sono i livelli produttivi degli impianti?
"Un oliveto super-intensivo arriva anche a superare 15-18 tonnellate di olive ad ettaro. Ma la cosa interessante sono i costi di produzione. A parità di olive prodotte il super-intensivo ha dei costi che sono del 50% inferiori all'intensivo. Questo rende l'olio italiano competitivo sul mercato internazionale. La scommessa non è solo produrre di più ma anche produrre con costi minori l'olio extravergine made in Italy".

C'è mercato per l'olio proveniente dagli impianti super-intensivi?
"A livello qualitativo l'olio prodotto è di altissima qualità. Per la maggior parte dei grossisti non è affatto un problema acquistare l'olio proveniente dalle cultivar adatte al super-intensivo. Per altri, che ragionano in maniera ideologica, invece c'è un rifiuto. Finché non si cambierà la mentalità degli operatori del settore e la legislazione vigente, l'olivicoltura italiana sarà destinata ad estinguersi".

Quando parla di legislazione si riferisce a qualcosa di particolare?
"La legislazione italiana non incentiva l'innovazione in generale. Basti pensare che è ancora in vigore un decreto luogotenenziale del 1945 che non lascia libero l'agricoltore di estirpare un qualsiasi oliveto. Prima di farlo deve chiedere l'autorizzazione all'ufficio provinciale competente che dovrebbe dare il via libera solo a certe condizioni".

Qual è il costo di un nuovo oliveto super-intensivo?
"Il costo si aggira attorno a 5-6mila euro ad ettaro e l'oliveto diventa produttivo anche a partire dal secondo anno dall'impianto".

Richiede particolari attenzioni sotto il profilo idrico e sanitario?
"Dal punto di vista della difesa non ci sono particolari criticità. Va gestito come un comune oliveto seguendo i disciplinari di difesa integrata. Dal punto di vista invece della concimazione e dell'irrigazione è facile applicare negli impianti super-intensivi gli strumenti dell'agricoltura di precisione, fornendo agli alberi esattamente la quantità di acqua o di fertilizzante di cui hanno bisogno, al momento giusto. Questo permette una razionalizzazione delle risorse naturali non rinnovabile e, come dicevo, necessita di un approccio professionale e di assistenza tecnica adeguata. Questi nuovi oliveti più che super-intensivi sono super-sostenibili".