Il noce è una di quelle colture che in Italia sta vivendo un trend positivo. Nella realizzazione di nuovi frutteti la tendenza è quella di utilizzare sesti di impianto fitti e mono-varietali. Uno dei grossi difetti di questo approccio riguarda la scarsa impollinazione e quindi una produttività bassa, soprattutto nei primi di anni.

Nella maggioranza delle varietà moderne infatti si assiste al fenomeno della proterandria e cioè lo sfasamento tra la fioritura maschile e femminile con quest'ultima che può avvenire anche due o tre settimane successivamente a quella maschile. In assenza di alberi impollinatori di varietà differenti, i fiori femminili rischiano di non essere fecondati creando un danno economico all'agricoltore. Questo è ancora più vero nei primi cinque anni di vita dell'impianto, quando la proterandria è molto accentuata.

Se fino ad oggi dunque per sopperire alla mancata sincronizzazione di fioritura si procedeva all'inserimento di un albero di un'altra varietà ogni sei o sette piante, oggi in soccorso dell'agricoltore arriva il drone. Il Consorzio agrario dell'Emilia, insieme ad Aermatica3D e ad Eugenio Cozzolino, consulente agronomo, hanno infatti effettuato delle prove in campo utilizzando aeromobili senza pilota per l'impollinazione del noce.

Al momento della maturazione dei fiori maschili l'operatore entra in campo con una apparecchiatura in grado di aspirare e selezionare il polline. Questo viene poi congelato e conservato per circa quindici giorni fino al momento in cui i fiori femminili diventano recettivi. "A questo punto il polline viene miscelato con spore di Lycopodium, assolutamente innocue per la coltura, ma con caratteristiche fisiche simili a quelle del polline, che fungono da disperdente", spiega ad AgroNotizie Marco Zambelli, tecnico consulente del Consorzio agrario dell'Emilia che si è occupato delle prove in campo.
 

Occorrono infatti appena 25-50 grammi di polline per fecondare un ettaro di noceto. È dunque necessario utilizzare un disperdente per permettere al drone sviluppato da Aermatica3D di applicare il polline in modo uniforme su tutta la coltura.

E i risultati della sperimentazione hanno confermato l'efficacia del drone per l'impollinazione del noce. Nelle parcelle in cui si è utilizzata questa tecnica si è infatti avuto un incremento consistente della produzione che di fatto ha ripagato il costo, relativamente contenuto, per il volo del velivolo senza pilota.
 

Drone impollinatore, non solo per il noce

La proterandria appartiene anche ad altre colture, inoltre può capitare che a causa di un meteo avverso anche piante che normalmente non hanno problemi di impollinazione abbiano bisogno di un 'aiutino'. Può risultare dunque conveniente utilizzare il drone per la fecondazione, purché questa sia anemofila, veicolata cioè dal vento.

Ha avuto una certa rilevanza ad esempio l'interrogazione al Senato dei responsabili del progetto Olimpolli, finalizzato all'impollinazione dell'olivo, su cui stanno lavorando il Crea, il Cnr, l'Università di Siena, Aermatica3D, Coldiretti e diverse aziende agricole.

Durante l'interrogazione al Senato è stato spiegato come alcune cultivar di olivo abbiano produzioni basse e altalenanti negli anni dovute anche ad una limitata produzione di polline. Il progetto di ricerca ha come scopo quello di capire se attraverso una impollinazione mediata dal drone è possibile aumentare la produttività media degli oliveti e soprattutto incrementare quella degli anni di stanca.
 

Droni utili anche nella produzione di seme

Insomma, il drone può essere utile per un gran numero di colture. Ma un'altra applicazione riguarda la produzione di semi. Oggi le varietà più performanti di molte colture sono infatti ibridi che richiedono l'incrocio in campo di più linee varietali. Operazione alquanto complessa, che necessita talvolta il trapianto di piante portaseme. Gli agricoltori si devono inoltre confrontare con piante poco vigorose, ma interessanti per l'ottenimento di ibridi performanti, che producono quantità limitate di polline. Attraverso l'utilizzo dei droni è possibile facilitare il lavoro di incrocio, fecondando direttamente le piante con il polline.

Non tutte le colture tuttavia si prestano ad una impollinazione tramite drone. Nel caso del kiwi ad esempio la conformazione dei fiori ed il loro orientamento verso il basso rendono poco efficace l'utilizzo di velivoli senza pilota. Meglio dunque affidarsi ad impolveratori, come quelli utilizzati solitamente in vigneto per l'applicazione di prodotti a base di zolfo o rame, oppure ad atomizzatori nella cui cisterna viene introdotta una miscela a base di acqua e polline.