In Italia sono sempre più numerose le aziende agricole che per produrre qualità scelgono materiale vivaistico garantito e certificato, perché da buone piante nascono buoni prodotti. In funzione di questo, da anni, diverse aziende utilizzano la micropropagazione per produrre una parte di questo materiale. Ma che cos'è?

La propagazione in vitro o micropropagazione è una tecnica di riproduzione che permette d'ottenere una pianta-clone partendo da una pianta-madre o da tessuti vegetali di essa.
Nello specifico la base di questa tecnica è la coltura in vitro e si effettua a partire da porzioni di pianta (ad esempio apici di germogli, gemme, meristemi, nodi) provenienti da piante madri controllate dal punto di vista genetico (per la corrispondenza varietale) e sanitario (esenti dai principali virus e batteri).

Questo materiale vegetale di partenza viene poi allevato in vasi di coltura (di vetro o di plastica) con substrato agarizzato, in condizioni di sterilità. In questo modo si possono produrre molte piante prive di malattie in poco tempo, in poco spazio e tutte uguali, sia per morfologia che per genetica.

Per fare il punto sulla situazione di questo settore strategico per il made in Italy agroalimentare il 20 giugno 2019 (per l'intera giornata) si terrà un workshop dal titolo "Micropropagazione: nuove opportunità per giovani imprenditori e ricercatori" presso la Fiera di Cesena (Fc). L'evento è organizzato dal Gruppo di lavoro Soi "Micropropagazione e tecnologie in vitro" e avrà come tema trainante un'analisi delle opportunità e delle problematiche che si presentano oggi ai giovani che hanno l'intenzione di dedicarsi alla micropropagazione o che già sono "imprenditori" del settore. Sul sito della Soi potete vedere l'intero programma e le specifiche per la registrazione.

 

Micropropagazione o coltura in vitro, da piccole porzioni di materiale vegetale a piante

Partendo, ad esempio, da apici di germogli o porzioni di questi, si ottengono vere e proprie piantine
(Fonte foto: © AgroNotizie)


La redazione di AgroNotizie, media partner dell'evento assieme a Plantgest.com, ha chiesto ai tre organizzatori dell'evento di anticiparci alcuni dei temi che verranno trattati in questo workshop.

Prof. Maurizio Lambardi quali sono i principali vantaggi della micropropagazione, rispetto alle altre tecniche di propagazione?
"E' indubbio che la micropropagazione - spiega Lambardi -, quando sviluppata su specie idonee e con protocolli ottimizzati, non ha rivali oggigiorno rispetto alle tecniche di propagazione clonale tradizionali (innesto, talea). L'elevato numero di piante che si possono produrre nel tempo è un 'fiore all'occhiello' di questa tecnica: basta un breve calcolo per rilevare che, anche partendo da un solo espianto (che produca un tasso di proliferazione di tre) si possono avere, al netto delle perdite, oltre 500mila piante dopo un solo anno di subcolture. Tale produzione è poi svincolata dalla stagionalità: infatti, mentre nella pratica della propagazione per innesto o per talea si può ragionevolmente contare su due o, al massimo, tre momenti di produzione di piante nell'arco della stagione vegetativa, la micropropagazione può garantire un ciclo produttivo che interessa, con poche limitazioni stagionali, tutto l'arco dell'anno".

"Ma è sul fattore 'qualità', genetica e sanitaria, delle piante prodotte che la micropropagazione mostra tutta la sua enorme potenzialità - continua Lambardi -. Attenzione: con questo non si vuole dire che la propagazione clonale tradizionale non sia altrettanto in grado di fornire piante di eccellente qualità. E' però noto che le tecniche tradizionali, per poter fornire numeri sufficienti di marze e talee, necessitano di un percorso articolato che va dalle piante madri geneticamente e sanitariamente controllate in screenhouse, alla realizzazione e gestione di campi di pre-moltiplicazione e moltiplicazione del materiale vegetale. Allo stesso risultato, però, si arriva con la micropropagazione partendo da poche piante madri (addirittura anche una sola!) in screenhouse, dalle quali si ottengono espianti che, una volta adattati alle condizioni di coltura in vitro, entrano velocemente in moltiplicazione. Vorrei ricordare, infine, che, in un mondo sempre più globalizzato dove lo scambio di materiale vegetale tra paesi e continenti richiede estrema cautela, con conseguente applicazione di procedure di quarantena lunghe e, non di rado, dannose per le piante, il trasferimento di materiale in proliferazione in contenitori di plastica, ermeticamente chiusi, rappresenta un'importante alternativa, capace di rendere molto meno restrittive le norme di quarantena".

 

Micropropagazione e coltura in vitro, tecnica per produrre materiale vivaistico certificato

Termine della fase di radicazione in serra delle plantule micropropagate, che risultano già pronte per essere vendute
(Fonte foto: © AgroNotizie)


Dott. Romano Roncasaglia quali sono le principali problematiche legate alla propagazione tramite micropropagazione?
"La micropropagazione è una tecnica vivaistica molto qualificata ed affermata nel mondo - spiega Roncasaglia -. Presenta però delle limitazioni e problematiche legate a vari fattori, sia di processo che specie-specifiche. Va detto che non tutte le piante d'interesse commerciale si riescono a produrre in vitro e che a volte non conviene sempre adottare questa tecnica. Una difficoltà che tutti i laboratori commerciali devono fronteggiare è la riuscita dell'introduzione in vitro (sterilizzazione degli espianti), operazione che non è affatto semplice e che dipende da molti fattori: ad esempio la specie con cui si opera, lo stato sanitario e l'età della pianta madre, l'epoca del prelievo. Difficoltà ulteriori nella messa a punto di un efficiente e valido protocollo di micropropagazione sono date talvolta dal rilascio di polifenoli nel mezzo di coltura (sostanze che determinano imbrunimento e possono limitare o impedire totalmente la crescita dei germogli), dalla necrosi degli apici, con conseguente disseccamento del materiale stesso, dall'insuccesso dell'introduzione in vitro per una determinata specie/varietà (certe specie purtroppo sono ancora oggi 'recalcitranti' alla coltura in vitro), dai fenomeni di contaminazione del materiale (ad opera di funghi e batteri) in ogni fase del processo di micropropagazione.

"Un altro problema che si presenta talvolta è la difficoltà o l'impossibilità di ottenere la radicazione del materiale in vitro e/o in vivo - aggiunge Roncasaglia -, fenomeno che viene associato ad un particolare genotipo, al protocollo adottato, al substrato di coltura, alla scelta degli ormoni utilizzati ed altro. La mancata radicazione del materiale in serra di ambientamento determina una perdita molto elevata del materiale prodotto in vitro e risulta penalizzante per il vivaista, con conseguente aumento dei costi di produzione. E' peraltro da rilevare che, su tutte queste problematiche, la ricerca pratica ed applicativa ha prodotto importanti avanzamenti in anni recenti, rendendo sempre più efficienti i protocolli di micropropagazione".

 

Micropropagazione o coltura in vitro: piante sane, piante certificate e cloni della pianta madre

In Italia si producono oltre 25 milioni di piantine grazie alla micropropagazione 
(Fonte foto: © Sinitar - Fotolia)



Prof. Maurizio Micheli quali sono i principali falsi miti o fake news sulla micropropagazione, anche in ottica delle nuove tecniche di propagazione e d'innovazione varietale?
"La diffusione e applicazione delle tecniche di coltura in vitro - spiega Micheli -, della micropropagazione in particolare, soprattutto in ambito commerciale, è stata preceduta e accompagnata negli anni da affermazioni più o meno realistiche in merito ai numerosi aspetti inerenti le diverse fasi in cui si articola. Utilizzando un linguaggio attuale, possiamo parlare di vere e proprie fake news sia nell'accezione negativa che positiva. In quest'ultimo caso possiamo definirli 'falsi miti', come quello sostenuto da tutti coloro che, con un eccesso di entusiasmo verso le potenzialità della tecnica, affermavano come le colture in vitro, se utilizzate nelle produzioni vivaistiche, avrebbero soppiantato del tutto le tradizionali tecniche di propagazione".

"Possiamo quindi immaginare e forse, in parte, giustificare la grande diffidenza che accompagnò la proposta di questa innovazione per la produzione di piante - continua Micheli -. L'equilibrio di molti ricercatori, con l'aiuto di numerosi e illuminati vivaisti, ha dimostrato negli anni come non 'tutto si possa micropropagare' (frase spesso formulata ad effetto da taluni 'esperti' della prima ora), ma che la complementarietà tra le varie tecniche di propagazione possa ancora dare grandi risultati in termini di produttività e qualità. Al contrario, la storia della micropropagazione è costellata di 'paladini dell'allarmismo': basti pensare alle questioni relative ai rischi d'instabilità genetica, alle mutazioni irreversibili o alla giovanilità delle piante vitro-derivate, che per anni hanno rappresentato un ostacolo alla diffusione delle colture in vitro. Oggi conosciamo meglio questi aspetti e disponiamo di conoscenze e tecnologie adeguate ad individuare le reali criticità, sulle quali il mondo della ricerca è costantemente impegnato a trovare le giuste soluzioni".

"La lista sarebbe ancora lunga - afferma Micheli -, ma la conclusione di queste riflessioni vuole richiamare anche un aspetto più 'pratico e operativo': quanti, nello snocciolare gli svantaggi (oltre ai vantaggi) della micropropagazione, hanno sempre indicato tra questi 'la necessità di formare (a costo elevato) una manodopera necessariamente specializzata'? I tanti studenti (universitari e non) che si avvicinano a queste tecniche durante il loro percorso formativo (tirocinanti, tesisti, stagisti, ecc.) imparano assai velocemente a lavorare sotto cappa, se ovviamente guidati da occhi e mani esperte. Certo, saranno poi la predisposizione personale e l'esperienza a fare di un apprendista un ottimo operatore di cappa".


Plantgest e AgroNotizie sono media partner dell'evento