Fino a pochi anni fa nelle cucine italiane il coriandolo era un prodotto quasi inesistente. Erano pochi i ristoranti e le massaie che lo utilizzavano nelle loro preparazioni. Oggi i consumi interni sono in aumento, complice anche la ricerca di gusti nuovi. In pochi però sanno che l'Italia è leader a livello globale nella produzione di seme di coriandolo.

Nel 2016 sono stati infatti dedicati a questa spezia ben 23.348 ettari (dati Assosementi) utilizzati per moltiplicare il seme. Un dato enorme se si pensa che nello stesso periodo alla cipolla ne sono stati dedicati appena 980, al pomodoro 100 e al ravanello, secondo in classifica, 2.019 ettari. Rispetto al 2016 il 2015 ha registrato una superficie dedicata alla moltiplicazione del seme di coriandolo pari a 13.002 ettari, mentre nel 2014 sono stati 'appena' 4.749. Numero in linea con quello registrato nel 2017, dove la superficie è stata pari a 4.859.

Come mai l'Italia registra delle superfici così ampie? E dove va a finire tutto il seme prodotto? "Dai paesi asiatici vengono in Italia a chiederci di moltiplicare il seme di coriandolo perché siamo i migliori a farlo", spiega ad AgroNotizie Mauro Urbini, presidente di Anseme, una delle ditte sementiere leader del settore. "Il nostro territorio è ideale per questa attività e le aziende agricole con cui lavoriamo si sono specializzate negli anni nella moltiplicazione, offrendo prodotti di alta qualità".

Dalla Cina al Pakistan, passando per India e Bangladesh, le ditte sementiere locali volano nel nostro paese per commissionare la moltiplicazione del seme. In Asia infatti la stagione monsonica non mette gli agricoltori locali nelle condizioni di avere sementi di qualità. E qui entra in gioco l'Italia, che grazie al suo clima e alle competenze acquisite è riuscita a diventare leader di mercato.

"Nel 2016 c'è stato un aumento straordinario delle superfici dedicate alla moltiplicazione del seme di coriandolo perché le scorte a livello globale si stavano esaurendo e quindi c'è stato uno sforzo corale per aumentare le produzioni", spiega Urbini. "L'ettaraggio si è poi contratto, ma io credo che come mercato potenziale dovremmo attestarci sui 10mila ettari all'anno". Dunque il seme di coriandolo prodotto in Italia non rimane nel nostro paese, se non in minima parte.
 
Tabella Totale superfici coltivate per sementi da orto in Italia (in ettari)
(Fonte foto: Assosementi)

Il coriandolo (Coriandrum sativum) è una pianta erbacea annuale, della stessa famiglia del cumino e del finocchio. Viene seminato da febbraio a marzo e il raccolto è possibile dal 15 luglio al 15 agosto. Solitamente viene fatto un diserbo in pre-semina e poi un trattamento antifungino, che tuttavia in aree ventilate risulta superfluo. La bassa Romagna e le Marche sono le aree di storica produzione, mentre la Puglia e il Molise stanno guadagnando terreno perché grazie al clima locale riescono a produrre semi di colore chiaro, apprezzati dal mercato.

Per gli agricoltori che volessero cimentarsi in questa attività gli spazi sono tuttavia limitati. "Abbiamo una rete di aziende agricole con le quali collaboriamo che nel corso degli anni hanno acquisito il giusto know-how per produrre seme di qualità secondo i nostri standard. Un certo turnover c'è sempre, ma è ridotto", spiega Urbini.
 

Curiosità: il gusto del coriandolo? Una questione genetica

Il coriandolo, chiamato anche cilantro o prezzemolo cinese, ha un gran numero di estimatori e un'altrettanta folta pletora di denigratori. C'è chi lo odia e chi lo ama. E il segreto di questa dicotomia andrebbe ricercato nei geni. Secondo uno studio condotto da Charles Wysocki, del Monell chemical senses Center di Philadelphia, la differente percezione dell'aroma e del gusto del coriandolo sarebbe dovuta ad alcuni geni.

Lo studio, effettuato sui gemelli, ha infatti evidenziato che gemelli omozigoti (che condividono lo stesso patrimonio genetico) sono sempre in accordo nel giudicare il gusto del coriandolo. Mentre quelli eterozigoti (con patrimoni genetici differenti) sono in disaccordo nel 50% dei casi.