Innovazione varietale, ma anche qualità made in Italy, tecniche di produzione ed esigenza di aggregazione.
Sono stati tanti i temi toccati dal Table grape meeting, l'incontro dedicato all'uva da tavola organizzato da Macfrut in collaborazione con Myfruit.it lo scorso 10 maggio.

Con una produzione annua di circa 1 milione di tonnellate su una superficie di 47mila ettari, l'Italia è il primo produttore europeo di uva da tavola. Da qui il tema della prima edizione del convegno "The future of grape is italian", che nella prima sessione ha visto confrontarsi alcuni dei principali attori della filiera.

Ad aprire i lavori è stato Giacomo Suglia, presidente di Apeo, Associazione di produttori ed esportatori per la tutela dell'uva da tavola della Regione Puglia, regione che rappresenta il 75% delle superfici coltivate in Italia. "Per far fronte a un mercato sempre più globalizzato, abbiamo bisogno di produzioni competitive, ottima qualità e ottima resa. Chiediamo al mondo scientifico - ha affermato - non solo nuove varietà, ma anche tecniche di produzione che ci consentono di avere qualità a costi contenuti".

"L'Italia è il primo paese in Europa e il terzo nel mondo. Dobbiamo partire da questo presupposto per lavorare al potenziamento della filiera agroalimentare e dell'uva da tavola", ha dichiarato nel suo intervento Valerio De Paolis, membro della segreteria tecnica, portando i saluti del ministero delle Politiche agricole.

Carlo Fideghelli ha portato l'esperienza della Rete Ivc, Italian variety club, che riunisce venti imprese agricole, lo spin-off Sinagri e il Centro di ricerca "Basile Caramia" di Locorotondo. Fideghelli ha raccontato le principali direttrici su cui si muove l'innovazione varietale: "Si cercano varietà totalmente apirene, senza alcun residuo di seme. È stato inoltre avviato un programma di miglioramento genetico per la resistenza alle crittogame come lo oidio e la peronospera. A livello di gusto, è sempre più ricercato il sapore moscato, particolarmente apprezzato dai consumatori".

Anche Maurizio Ventura, licensing manager Europe per SunWorld international, ha identificato importanti trend varietali per l'Italia e i paesi del Mediterraneo: "Le caratteristiche che attualmente ricerchiamo sono alta produttività, bassi costi di produzione e un sapore gradevole".

Sul tema è intervenuto anche Carlo Lingua, ad di Rk Growers e di Avi, agente unico europeo per le uve ARRA. "Ritengo - ha affermato - che nel futuro di tutta l'agricoltura italiana ci siano grandi opportunità, ma non sarà una sfida facile perché si stanno affacciando sul mercato paesi che fino a poco tempo fa non pensavano di produrre, come Marocco, Albania, Serbia, Bulgaria e Turchia. Per avere un prodotto di qualità, è necessario che i produttori rispettino i protocolli di produzione proposti dai breeder, cosa che in Italia a volte non succede".

Un progetto di innovazione varietale tutto italiano è quello del Gruppo Grape and grape. "Esiste un'offerta molto estesa per le uve apirene, ma in Italia la coltivazione raggiunge solo il 30%" ha dichiarato Alberto Mastrangelo, responsabile commerciale del Gruppo. "La realtà italiana è dominata da piccoli produttori e questo porta a una polverizzazione dell'offerta e un assortimento non continuativo che penalizza la fidelizzazione del consumatore verso una specifica varietà".

"La distintività può essere uno degli elementi che ci portano a far fronte allo scenario attuale" ha proseguito Mastrangelo. "Per questo offriamo la possibilità di avere un pacchetto varietale che valorizzi le specificità dell'area di coltivazione e sviluppi un legame tra varietà e territorio".

Un esempio di produzione territoriale è arrivato da Gianni Raniolo, presidente del Consorzio uva da tavola Mazzarrone Igp. "Il nostro progetto nasce dall'esigenza dei produttori di muoversi insieme, perché la competizione avviene sul mercato globale. Nel 2018 abbiamo superato i 3 milioni di chili di produzione e siamo presenti nelle principali catene italiane".

Un momento del convegno sull'uva da tavola
(Fonte foto: Macfrut)

Al termine della prima sessione si è avuta la tavola rotonda: speaker internazionali si sono confrontati con tre tematiche, innovazione varietale, uve senza semi ed export.

Debbie Lombaard, del team commerciale di Richard Hochfeld Ltd, ha portato il punto di vista del mercato del Regno Unito. "Il mercato inglese è quasi interamente senza semi, e predilige frutti dolci e croccanti. Non possiamo vendere uve dalla colorazione gialla perché il consumatore è abituato a quelle verdi il problema principale è la qualità costante, ci sono ancora molte differenze da un produttore all'altro, per cui è importante che i coltivatori sappiano come gestire queste nuove varietà". Ma l'Italia ha anche un vantaggio competitivo. "La produzione italiana ha una grande esperienza e una qualità riconosciuta, e l'Italia deve fare affidamento su questi punti di forza. A livello di esportazioni, potrebbe essere utile per l'Italia ampliare il mercato, anche al di fuori dell'Europa".

Anche la Germania ha grande considerazione dell'uva italiana, e ne è il primo importatore. Annabella Donnarumma, ad di Eurogroup Italia/Rewe, ha spiegato così l'evoluzione dei consumi nel paese: "Il 70-75% dell'uva oggi è senza semi, l'uva con semi diventerà sempre di più un prodotto di nicchia, ma dovrà essere di qualità premium. All'interno della Germania le preferenze cambiano: nel Sud si vende un'uva ancora gialla, ma più si va a Nord più piace l'uva verde". Annabella Donnarumma ha poi parlato di export: "Quello che manca è l'aggregazione, uno spirito di cooperativismo vero, per far fronte ai nuovi paesi che si stanno affacciando sul mercato globale mantenendo l'attuale vantaggio".

Dalla Spagna è arrivato il contributo di Joaquin Gomez Carrasco, presidente dell'associazione di produttori Apoexpa. "Da venti anni in Spagna abbiamo iniziato la ricerca su nuove varietà, tutte senza semi perché quella con i semi sta sparendo". Parlando di mercati internazionali, Carrasco ha aggiunto: "La grande preoccupazione è che l'aumento della produzione porti a fluttuazioni di prezzo, per cui servono sbocchi su nuovi mercati, ma spesso la crescita è un processo lento. Quindi si tratta di produrre non maggiori quantità, ma migliore qualità".

Infine Stefano Borracci, responsabile commerciale di Serroplast, ha portato la sua esperienza di collaborazione con i produttori di uva da tavola cileni. "Per affrontare mercati importanti come quello del Nord America, gli agricoltori hanno sentito l'esigenza di migliorare la qualità attraverso tecniche innovative".