A metà novembre, l’agenzia Agris Sardegna ha presentato nell’azienda sperimentale San Michele di Ussana, in provincia di Cagliari, gli ultimi frutti della propria attività di miglioramento genetico del grano duro: le varietà Nuraghe e Shardana, da poco iscritte al Registro nazionale varietale.
In questo settore l’agenzia vanta una lunga tradizione, risalente addirittura al 1931 quando, sotto la guida di Nazareno Strampelli, l’azienda San Michele divenne la prima stazione fitotecnica dell’Istituto nazionale di genetica per la cerealicoltura istituita in Italia al di fuori della sede originaria di Rieti. Nel corso degli anni, l’agenzia ha iscritto al Registro nazionale varietale diverse varietà di grano duro tra cui Karel, una delle varietà più coltivate in Italia nella prima metà degli anni ’80, e Karalis, attualmente la varietà di grano duro più diffusa in Sardegna. AgroNotizie ha sentito il ricercatore di Agris Marco Dettori, che illustra questa importante ricerca per la cerealicoltura sarda.

Da quali varietà originarie o altre cultivar sono state derivate per miglioramento genetico Nuraghe e Shardana?
"Le ultime due varietà iscritte, denominate con i nomi identitari di Nuraghe e Shardana, sono state selezionate attingendo alla ricca base genetica dell’agenzia alla quale contribuiscono genotipi provenienti dai principali centri di ricerca operanti nel mondo come il Cimmyt in Messico e l’Icarda in Marocco, varietà di grano duro selezionate in Italia e in tutta Europa, e linee avanzate selezionate a partire dai numerosi incroci eseguiti annualmente presso l’azienda San Michele. Proprio dall’incrocio tra queste linee avanzate e materiali provenienti dal Cimmyt sono state selezionate le due varietà, con lo scopo di combinare il superiore potenziale produttivo dei materiali messi a punto in Messico con le peculiari caratteristiche ambientali della Sardegna".

Quali sono i vantaggi che le nuove cultivar ottenute presentano da un punto di vista agronomico in Sardegna? Resistono maggiormente alla siccità?
"L’isola si caratterizza per l’antichità del proprio substrato geologico, tra i più antichi d’Europa, e di conseguenza, per una estrema eterogeneità dei suoli. È infatti molto frequente incontrare vertisuoli profondi e ricchi di sostanza organica affiancati, a poche centinaia di metri quadrati di distanza, a terreni poco profondi di carattere sabbioso o sabbioso-argilloso.
A ciò si aggiunge la grande variabilità interannuale delle precipitazioni dove annate estremamente siccitose, con piovosità inferiore a 200 mm nel periodo ottobre-giugno, si alternano a stagioni molto piovose con cumulati superiori a 800 mm nello stesso periodo. Queste condizioni, nelle quali la probabilità di eventi siccitosi nel periodo tardo-primaverile, fase critica per la coltivazione del grano, è comunque molto alta, rendono molto difficile il reperimento di genotipi adatti ai vari areali di coltivazione dell’Isola, soprattutto quando si ricorra a grani selezionati in ambienti di coltivazione diversi da quelli sardi, e giustificano l’esistenza di un programma di miglioramento genetico operante in situ.
Le due varietà associano infatti un elevato potenziale produttivo in presenza di buone precipitazioni nel periodo primaverile, ma mostrano nel contempo una buona adattabilità a potenziali carenze idriche primaverili, cioè in fase di maturazione, grazie ad una spiccata precocità".


Mi diceva poco fa dell’eterogeneità dei suoli sardi, ma la selezione è stata condotta tenendo conto di quelli normalmente oggi investiti a grano duro?
"Sì, perché tali varietà sono state selezionate con particolare attenzione verso gli areali argillosi, profondi e di maggiore fertilità, dove si sta attualmente concentrando la coltivazione del grano duro, in Sardegna come in tutta Italia, per garantire una maggiore sostenibilità economica ed ambientale della coltura. Inoltre, entrambe le varietà mostrano ottima resistenza alle patologie fungine, divenute particolarmente aggressive in questi ultimi anni, con particolare riferimento al probabile sviluppo di nuove razze patogene, specialmente di ruggine gialla".    

Con queste nuove varietà così selezionate, quali sono le rese per ettaro?
"Data la grande variabilità delle produzioni, tipica degli areali mediterranei a causa della variabilità delle precipitazioni, e accentuata in Sardegna dall’eterogeneità dei suoli, è difficile offrire una dimensione esauriente delle rese per ettaro. Tuttavia, la sperimentazione ha evidenziato produzioni in linea o superiori a quelle delle varietà di grano duro maggiormente coltivate negli ambienti centro-meridionali italiani, almeno per quanto attiene alle condizioni di coltivazione dell’isola.
Il solo potenziale produttivo non è però sufficiente oggigiorno per garantire il successo di una nuova proposta varietale. L’industria di trasformazione pone infatti richieste precise e vincolanti per quanto concerne le caratteristiche merceologiche e tecnologiche della granella. Le prime infatti riguardano la forma e la dimensione del seme e rendono conto della resa e della qualità della macinazione. Le seconde riguardano invece l’attitudine alla trasformazione degli sfarinati per la produzione di pasta e di pani tipici. Anche da un punto di vista qualitativo, Nuraghe e Shardana hanno mostrato risultati molto soddisfacenti. I valori di peso ettolitrico e di 1000 semi, cioè delle più importanti caratteristiche merceologiche, sono ottimi per entrambe le varietà. Inoltre particolare cura è stata posta in fase di selezione per garantire una elevata resistenza alla bianconatura che, come è noto, incide in maniera fortemente negativa sulla qualità degli sfarinati e sulla successiva trasformazione".


Il tenore di proteine totali e la qualità del glutine per il grano duro sono fondamentali per l’apprezzamento del mercato e una buona base genetica aiuta il lavoro del cerealicoltore. Quali sono i risultati per Shardana e Nuraghe?
"Le proprietà tecnologiche, misurate sulla base del contenuto proteico percentuale e della tenacità del glutine, hanno dato ottimi risultati. In particolare, il contenuto in proteine risulta molto elevato in entrambe le varietà, ma soprattutto nel caso di Shardana, fatto questo particolarmente significativo se si considera che, in genere, tale parametro è correlato negativamente con la dimensione della cariosside misurata, come detto, dal peso ettolitrico e dal peso 1000 semi.
In relazione infine alla qualità del glutine e, in particolare, alla tenacità, entrambe le varietà mostrano valori molto elevati dell’indice di glutine a testimoniare una elevata attitudine alla pastificazione. Occorre però sottolineare che la Sardegna si caratterizza anche per una straordinaria tradizione nella panificazione del grano duro. L’esistenza di oltre ottocento differenti tipologie di pani di semola e semolato o semolato non trova infatti riscontri in tutto l’ambiente mediterraneo. A titolo di esempio, il pane Carasau ha ormai valicato i confini isolani e si sta stabilmente affermando come uno dei prodotti italiani da forno più noti in tutto il mondo.
Le caratteristiche del glutine per la panificazione sono ovviamente diverse da quelle della pastificazione. La necessità di fermentare e il rigonfiamento in cottura tipici del pane richiedono infatti un glutine meno tenace o quanto meno più estensibile rispetto a quanto richiesto per la pasta, per la quale è fondamentale la tenacità che conferisce la tenuta in cottura. Considerata quindi la grande importanza del settore della panificazione in Sardegna, una particolare attenzione è stata posta per un glutine che rappresenti un necessario compromesso tra tenacità ed estensibilità, senza però ledere l’idoneità alla produzione di pasta che rappresenta, anche in Sardegna, il comparto più importante per l’esitazione sui mercati della granella del grano duro".


Per finire, questa iscrizione al Registro nazionale di queste varietà quali effetti può avere in questa fase?
"Con l’iscrizione al Registro nazionale di queste varietà, l’agenzia Agris Sardegna si propone un utilizzo virtuoso dell’innovazione per contribuire ad arginare il momento molto difficile che sta attraversando la coltura del grano duro in termini di remuneratività, ma che continua a rappresentare uno dei cardini del comparto agroalimentare e dell’immagine dell’Italia nel mondo".