"Lo sforzo organizzativo non è banale; ciascuno deve decidere, per il proprio appezzamento, se e quando avviare la coltivazione, ma sin da subito in un'ottica di collaborazione e di filiera". Sono queste le parole del vicedirettore di Confagricoltura Piacenza e responsabile dei servizi tecnici Giovanni Marchesi sull'avvio di una filiera corilicola piacentina.

Si è tenuto infatti lo scorso 6 novembre l'incontro organizzativo che ha visto almeno una settantina di agricoltori, associati all'organizzazione e a Cia Piacenza, partecipare con interesse alla giornata.

"La proposta di valutare la possibilità di implementare la coltivazione del nocciolo sul nostro territorio è nata dalla necessità di individuare nuovi indirizzi produttivi e coltivazioni, soprattutto per alcune zone in cui le colture tradizionali hanno ormai una redditività marginale" ha poi proseguito Marchesi.

Tra gli strumenti per affrontare gli investimenti iniziali necessari e in prospettiva per dotarsi delle attrezzature per la meccanizzazione c'è l'aggregazione.


Una collaborazione con l'università

Il gruppo, che vede l'azione congiunta delle due organizzazioni piacentine, si avvale della preziosa collaborazione scientifica di Sergio Tombesi, docente di arboricoltura dell'Università Cattolica di Piacenza, che ha tenuto un'ampia relazione partendo dalla descrizione della preparazione del terreno con l'aratura e la messa a dimora, proseguendo con la concimazione e la difesa fitosanitaria.

Tombesi ha successivamente spiegato le tecniche di potatura e raccolta conducendo un'analisi delle scelte varietali, per considerare infine la fondamentale fase d'impianto spiegando nei dettagli le tipologie di sesto d'impianto e altre nozioni tecniche da considerare quando si progetta un noccioleto, come la difesa delle piante dalla fauna selvatica con adeguate protezioni.

"Per i nuovi impianti vengono fondamentalmente raccomandate tre varietà: Tonda di Giffoni, Tonda Gentile Romana e Tonda Gentile delle Langhe (anche detta Tonda Gentile Trilobata) - afferma Tombesi - Nell'effettuare l'impianto è necessario basarsi su almeno due di queste in modo da garantire una buona impollinazione e per diversificare il rischio".

Per quanto riguarda la tecnica colturale invece uno dei fattori imprescindibili è l'irrigazione. "Nell'areale piacentino bisogna calcolare un apporto irriguo che va dai 200 mm all'anno in pianura ai 100 mm all'anno per gli areali collinari. Ulteriori accorgimenti riguardano la sistemazione idraulica del terreno che deve garantire l'assenza di fenomeni di ristagno idrico".
 

Nozioni tecniche per progettare un noccioleto

Per avviare un noccioleto prima di tutto occorre valutare l'idoneità pedoclimatica dell'appezzamento in cui si vuole impiantare.
"Per la regione Emilia Romagna è disponibile una carta di attitudine alla coltivazione del nocciolo consultabile sul sito" prosegue Tombesi.

Successivamente è necessario scegliere le varietà in termini di produttività, corrispondenza alle esigenze del mercato e adattabilità all'ambiente; il reperimento del materiale per l'impianto deve essere effettuato da vivaisti specializzati, "diffidando offerte di piante con prezzi eccessivamente bassi".

"Infine, è necessario adottare tutti quegli accorgimenti che facilitino la meccanizzazione delle operazioni colturali, che sostengano il rapido accrescimento della coltura nei primi anni improduttivi e che consentano di mantenere alta la produzione negli anni in impianti che, ricordiamo, hanno una longevità sicuramente superiore ai 30 anni. Un'accurata progettazione rappresenta quindi un elemento imprescindibile per il raggiungimento degli obiettivi economico-produttivi che fanno del nocciolo un'opportunità per i nostri areali" conclude il docente.
 

Per il futuro non solo noccioleti

"Vorremmo, in prospettiva - prosegue Marchesi - valutare anche le possibilità di coltivazione di noce e castagno, sempre contando sull'aiuto di Tombesi. Sono coltivazioni, queste, che tra l'altro andrebbero a completare l'areale produttivo del nostro territorio dal punto di vista altimetrico. Certo, l'interesse si confronta con i timori perché in nessun caso si parla di grandi estensioniIn collina e montagna c’è poi anche la preoccupazione che la fauna selvatica possa danneggiare i nuovi impianti".

"Ci auguriamo, con un po' di coraggio - conclude Marchesi - che questo percorso possa tramutarsi in un progetto concreto che sia utile alle aziende e di valore per il territorio".