Il nostro racconto parte dalle stime previste, e recentemente riviste, del Wapa, l'associazione mondiale della mela e della pera, che indica in 12,5 milioni di tonnellate il raccolto di mele in Europa. Precedentemente il valore era di 12,7 milioni. Un dato che tiene in considerazione le gelate primaverili, le alte temperature estive, la scarsità di precipitazioni piovose in generale, la grandine e le bombe d'acqua che hanno caratterizzato l'estate europea del 2018. Dunque un recupero rispetto alla drammatica stagione 2017 ed un aumento del 3% rispetto alla media del triennio 2014-2016. Ma questa offerta sarà in grado di garantire stabilità al mercato melicolo e permetterne una giusta prospettiva futura?

Il mondo della mela, come in realtà quasi tutta l'ortofrutta, vive su equilibri sottili e su dinamiche in continua evoluzione. Quest'anno ad esempio in Europa la Polonia (terzo produttore mondiale) vive una sovrapproduzione senza precedenti grazie ad un andamento climatico locale particolarmente favorevole. Questo elemento sicuramente rappresenta un'incognita che però determinerà gli equilibri commerciali melicoli dei prossimi mesi.  
 

MELO

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Quanto si produce al mondo? 

Per poter capire al meglio le complesse e globali dinamiche del mercato è necessario dare uno sguardo alla produzione mondiale (Fonte dati Wapa): 61.465 milioni di tonnellate di prodotto rispetto a 69.721 milioni di tonnellate nel 2017. Il primo produttore è la Cina con 31.500 milioni di tonnellate rispetto alle 43.800 milioni di tonnellate del 2017 (-26% rispetto alla media 2014-2016). Seguono poi gli Usa con 4.737 milioni di tonnellate rispetto alle 4.914 milioni di tonnellate del 2017 (-1%rispetto alla media 2014-2016), Polonia con 4.480 (+14%), Turchia con 2.505 (+1%), Italia con 2.200 (-6%), Cile con 1.758 milioni (+5%), Francia con 1.502 milioni (-3%), Russia con 1.300 milioni (-23%), Brasile con 1.185 milioni (+13%) e Ucraina con 1.108 milioni (-2%). Le altre nazioni produrranno 9.013 milioni di tonnellate, in linea con le annate precedenti.
 

Quali varietà in Europa?

Guardiamo quale sarà la situazione produttiva delle singole varietà, scendendo dal primo al decimo posto. In pole position ci sono le Golden Delicious con 2.347 milioni di tonnellate nel 2018, rispetto al 1.911 milioni di tonnellate nel 2017 (-8% rispetto alla media 2014-2016). Seguono poi le Gala con 1.457 milioni di tonnellate rispetto alle 1.271 milioni di tonnellate nel 2017 (+9%), Idared* con 1.148 milioni (+5%), le Red Delicious con 692mila (+6%), Shamplon* con 571mila (+12%), Jonagored* con 545mila (+6%), Jonagold* con 539mila (-12%), Granny Smith con 381mila (-2%), Red Jonaprice* con 353mila (+196%) e Ligol* con 350mila (+14%). Queste varietà rappresentano circa il 70% dell'intero panorama varietale europeo.
Nel restante 30% appaiono diverse varietà che invece rappresentano una fetta consistente delle mele prodotte e commercializzate in Italia: Fuji, Braeburn, Cripps Pink* Pink Lady®, Pinova*, Renette, Imperatore, Annurca e Stayman.

 
Mele su pianta in un meleto nella provincia di Ferrara
Produzione 2018 nella norma ma i consumi di mele sono in calo
(Fonte foto: © AgroNotizie.it)
  
E in Italia quale produzione e consumi?
Situazione in Italia simile a quella europea ma non esattamente uguale. Si prevede infatti un raccolto di 2,2 milioni di tonnellate, in ripresa rispetto al 2017 ma in calo rispetto alla media 2014-2016.
Ecco alcuni dati sulle varietà e sulla loro produzione in Italia. La Golden Delicious è la principale varietà italiana con le sue 816mila tonnellate previste per il 2018, -16% rispetto alla media 2014-2016.
Seguono Gala con 339mila tonnellate (+3% rispetto alla media 2014-2016), Red Delicious con 250mila tonnellate (-3%), Fuji con 173mila (-6%), Granny Smith con 161mila (-5%), Cripps Pink* Pink Lady® con 102mila (+2%), Braeburn con 69mila (-19%), Imperatore con 59mila (+5%), Annurca con 40mila (+9%), Pinova* con 30mila (+40%), Renette con 29mila (-6%), Stayman con 7mila (-50%) e Jonagold* con 5mila (-38%). Le altre varietà rappresentano 120mila tonnellate e con un +55% di prodotto rispetto alla media 2014-2016.
Da segnalare che quasi tutte le varietà hanno una produzione maggiore per il 2018, ma in percentuale differente, rispetto al 2017: trend inverso solo per le Stayman dove si prevede una produzione odierna di circa 7mila tonnellate rispetto alle circa 8mila effettivamente raccolte l'anno scorso.

Da questi dati però si evince un elemento che quasi certamente influenza (e influenzerà nel futuro) l'aspetto commerciale. Molte delle varietà di mele presentano caratteristiche organolettiche non del tutto appetibili dal mercato odierno, soprattutto se si guarda in termini di prospettiva futura. Oggi infatti il consumatore in generale sta andando verso frutti a buccia rossa (l'occhio vuole la sua parte) e polpa succosa, croccante e dolce.
E' anche vero che rimangono consumatori che preferiscono sapori ed aspetti diversi, che devono essere soddisfatti. La parola d'ordine è così differenziazione ed unicità.
Tale situazione ha portato gli italiani a consumare meno mele, nonostante negli ultimi anni sia calato il prezzo/mix. Già l'anno scorso il Monitor ortofrutta di Agroter aveva individuato questo trend, confermato anche quest'anno dal Report consumi alimentari di Ismea che ipotizza una contrazione del 10% circa nell'ultimo quinquennio. 
 
Mele su pianta in un meleto nella provincia di Ravenna
Il settore melicolo italiana ha bisogno di innovazione e comunicazione per crescere
(Fonte foto: © Geoplant Vivai)
 

Dove vanno le mele italiane?

A causa del drastico calo produttivo del 2017 l'Italia ha potuto usufruire di meno prodotto per l'esportazione. Per questo motivo l'export ha subito una contrazione. L'inizio della stagione commerciale 2018-2019 è infatti risultato totalmente libero da mele della stagione precedente. Portando anche gli operatori del mercato a privilegiare il consumo interno ed alcuni tradizionali paesi importatori delle mele made in Italy. Secondo i dati Istat la stagione commerciale melicola 2016-2017 si è conclusa con 1.042 milioni di tonnellate di mele esportate mentre la stagione 2017-2018 il valore è stato di 741.268 tonnellate: la differenza è stata del 29%. I dati da agosto 2017 a febbraio 2018 indicano 512.274 tonnellate, mentre nello stesso periodo della stagione 2016-2017 il dato era di 525.845 tonnellate (Fonte dati Istat ed elaborazione Assomela/Cso servizi).
Guardiamo le principali destinazioni. L'export verso i paesi dell’Unione ha riguardato 682.974 tonnellate, in base a dati Eurostat elaborati da Assomela. La Germania rimane la nostra principale destinazione con 248.116 tonnellate, seguita da Spagna con 108.408 tonnellate, dal Regno Unito con 38.355 tonnellate e dall'Austria con 35.301 tonnellate. L’export verso i paesi extra Ue ha coinvolto 334.846 tonnellate di mele. Tra i principali paesi protagonisti abbiamo l'Egitto con 62.731 tonnellate, l'Arabia Saudita con 58.981 tonnellate, gli Emirati Arabi Uniti con 27.309 tonnellate ed il Brasile con 32.474 tonnellate. Oltre all'aspetto produttivo sull'export hanno influito elementi legati alla qualità, alle esigenze del mercato ed alle problematiche socio-politiche. Tra queste ultime possiamo ricordare l'embargo russo, i dazi imposti dagli Usa, nuove politiche commerciali di importanti paesi mondiali.
 

Cosa serve per il futuro?

In tutto questo contesto comunque la stagione commerciale 2018-2019 si preannuncia positiva. La qualità, pur anche se andrà verificata nelle prossime settimane, si prospetta buona e con calibri interessanti. Quello che probabilmente potrà dare una spinta importante per la crescita del settore è rappresentato dall'innovazione varietale e tecnica, da una crescita del sistema dell'export e da una migliore comunicazione del prodotto e del loro valore.
Un'ulteriore considerazione va fatta sull'export: il sistema produttivo melicolo deve orientare maggiore energia verso questa azione ma per ottenere il massimo risultato è indispensabile un vero approccio di sistema, partendo da una chiara scelta politica di base. Due su tutte: negoziazione fitosanitaria bilaterale ed accordi commerciali (es. dazi) per l'apertura d'importanti mercati strategici che oggi sono preclusi. Milioni e milioni di consumatori che noi non possiamo raggiungere e che invece ne possono usufruire i nostri competitor. Al momento sono in atto tentativi d'accordo per esportare mele in Taiwan, Vietnam e Thailandia: tre mercati ritenuti strategici per aumentare le opportunità di vendita, così come il Sud-Est asiatico in genere ed il Medio Oriente.
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