I semi che ogni anno gli agricoltori di tutto il mondo mettono a dimora nel terreno sono molto diversi da quelli che si utilizzavano cento anni fa, ma anche solo una generazione addietro. Fin dagli albori dell'agricoltura i contadini hanno sempre effettuato un lavoro di selezione delle specie e varietà interessanti sotto il profilo della produttività e della resistenza alle malattie.

Dalla semplice osservazione dei campi, fino ai principi dell'ereditarietà teorizzati da Gregor Mendel, l'umanità ha sempre investito nella ricerca di piante più performanti. E oggi che il progresso ha messo a disposizione conoscenze e tecnologie avanzate, la genetica agraria ha fatto passi da gigante. Tutto questo ha però un costo (in continua crescita), coperto dai centri di ricerca pubblici e dalle aziende sementiere attraverso gli investimenti in ricerca.

Le imprese investono ogni anno fino al 15-20% del fatturato annuale nella ricerca di nuove varietà che rispondano alle esigenze dei consumatori. Se fino a qualche anno fa ci si limitava ad avere come scopo l'aumento della produttività, la qualità tecnologica e la resistenza ad insetti e fitopatologie, oggi si sono aggiunti nuovi obiettivi: profilo nutrizionale, impatto ambientale e resistenza agli stress abiotici causati dai cambiamenti climatici.

Sia il settore pubblico che quello privato investono ingenti risorse nel miglioramento genetico e per garantire un ritorno economico sugli investimenti l'Unione europea e gli Stati membri hanno implementato sistemi di tutela della proprietà intellettuale sul materiale vegetale. Quale azienda investirebbe milioni di euro per mettere a punto una semente che poi chiunque potrebbe moltiplicare e rivendere?


Il brevetto di invenzione e la privativa per varietà vegetale

Oggi esistono due vie che assicurano la tutela della proprietà intellettuale: il brevetto di invenzione e la privativa per varietà vegetale. Il brevetto di invenzione può essere richiesto per proteggere una invenzione nuova, che implica una attività inventiva ed è suscettibile di avere una applicazione industriale.

Il brevetto può essere applicato ad esempio ad un gene: quel soggetto che isola e scopre le funzioni di una specifica porzione di genoma può chiedere la paternità dell'invenzione in modo che chiunque voglia sfruttarla dovrà chiedere il permesso e pagare, nel caso, delle royalties. Per ottenere un brevetto l'importante è che l'invenzione non sia fine a se stessa, ma abbia una applicazione industriale.

In ambito agrario è la privativa per varietà vegetale (Regolamento CE 2100/94 in Ue e decreto legislativo 10/02/2005, n. 30 in Italia) la forma di tutela della proprietà intellettuale più diffusa. La privativa si applica, come dice il nome, alle varietà vegetali, definite come la minore delle unità sistemiche del mondo vegetale. Non si può dunque proteggere una specie, ma la singola varietà.

La normativa prevede che una varietà sia suscettibile di privativa se ha i caratteri di:
  • Novità: non deve cioè essere in commercio da oltre un anno
  • Omogeneità: deve essere dunque uniforme nei caratteri
  • Distintività: quando si distingue da ogni altra varietà conosciuta
  • Stabilità: che sia capace cioè di riprodursi mantenendo i caratteri distintivi inalterati
 

Innovazione, si parte dalla tutela la proprietà intellettuale

Ogni azienda, ente pubblico o agricoltore può proteggere una nuova semente. L'Unione europea e gli Stati membri ne tutelano la proprietà intellettuale, obbligando chiunque voglia utilizzarla a chiedere il permesso al titolare della paternità e a corrispondere (se necessario) delle royalties. Questo è un principio che avvantaggia anche gli agricoltori, senza il quale non potrebbero disporre di sementi innovative, perché nessuna azienda investirebbe del denaro in una ricerca i cui frutti possono essere sfruttati da tutti indiscriminatamente.

Esiste però una eccezione, quando le varietà sono protette da privativa comunitaria, anche se con delle limitazioni in termini di specie e di quantità. Alle aziende agricole viene infatti concesso il 'privilegio' (così viene definito dalla Convenzione UPOV) di riutilizzare i semi di seconda generazione, quelli cioè frutto del raccolto, purché non vengano rivenduti a terzi. Non è prevista questa eccezione nel regime nazionale di privativa.

Altra eccezione è quella del costitutore. Esiste infatti una esenzione che permette a chi fa ricerca di utilizzare materiale genetico coperto da privativa o da brevetto per dare vita a nuove e migliori varietà. Un modo per non bloccare il progresso e assicurare agli agricoltori sempre nuove sementi.