Bologna, Ferrara, Modena e Ravenna. Nelle province che compongono il "quadrilatero d'oro" della pericoltura italiana, ovvero dove si raccoglie circa il 73% della produzione nazionale, c'è un po' di preoccupazione.

Infatti, seppure la qualità si preannuncia ottima, sarà difficile raggiungere i quantitativi di produzione destinati al consumo fresco, stimati in crescita del 3% per il 2018, rispetto al raccolto dello scorso anno che si è attestato complessivamente sui 5.299.151 quintali.

"Oltre ai timori sulla flessione della superficie regionale coltivata a pero – spiega Albano Bergami, dirigente di Confagricoltura e vice presidente dell'Organismo interprofessionale della pera - si aggiungono anche le crescenti difficoltà nei campi, che non possono essere risolte se non attraverso il ricorso alla scienza, per arrivare alla definizione di nuove e più efficaci molecole in grado di sconfiggere patologie aggressive sempre più diffuse sul territorio e scoprire varietà resistenti alle malattie".


Abbandonare il comparto

La campagna di raccolta non è ancora conclusa, eppure ci sono pericoltori che hanno già segnalato una perdita fino al 70% del raccolto, in particolare per le varietà Kaiser e Abate. È andata meglio per le cultivar precoci, dalla Santa Maria alla William, perché non sono sensibili alle malattie fungine quali marciume calicino e alternaria.

In molti pensano quindi di abbandonare il settore. Le rese medie sono troppo basse e si fermano a 28 tonnellate/ha mentre i competitor europei, Olanda e Belgio, sfiorano le 40 tonnellate/ha.

Confagricoltura Emilia Romagna lancia un appello alle istituzioni, a sostegno della ricerca scientifica e verso il miglioramento varietale.
"Non è più possibile mettere in campo adeguate strategie di difesa della pianta con gli strumenti a disposizione oggi nella pericoltura – afferma la presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Eugenia Bergamaschi - L'intero comparto si concentra, quasi esclusivamente, in Emilia Romagna ed è da questa regione che deve partire un segnale forte e un'apertura all'utilizzo delle moderne tecniche di modificazione genetica, al fine di migliorare, ad esempio, la varietà Abate e renderla più resistente, più sana e quindi più produttiva".