Le proteine vegetali sono oggi sempre di più al centro della politica agraria comunitaria e nazionale. La Pac 2014-2020 ne è uno dei tanti esempi, visto che promuove l'uso delle leguminose per soddisfare il rispetto del greening (pratiche agricole benefiche per il clima, l'ambiente ed il suolo) da parte degli agricoltori al fine di poter accedere ai finanziamenti europei.

E' però vero che il trend positivo verso piante utili alla produzione di proteine vegetali è sostenuto da un mix di elementi. I principali sono l'incremento dei consumi di prodotti a base vegetale, la necessità di superare il divieto di utilizzare proteine di origine animale nei mangimi per gli animali come previsto dal regolamento CE n. 999/2001, la presa di coscienza che queste piante rappresentano un'importante opportunità di mercato (nell'Ue solo il 3% della superficie coltivabile è destinato alle colture proteiche mentre importa oltre il 75% del suo approvvigionamento da altri paesi) e la necessità di orientarsi verso la protezione dell'ambiente e del suolo (sono piante azotofissatrici che tra le altre cose permettono di ridurre l'uso dei fertilizzanti, riducono la produzione di gas serra e preservano il suolo).
 

IL PISELLO

 
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La soia è probabilmente la regina di queste piante ma il pisello (Pisum sativum) è sicuramente uno dei principali attori di questa filiera. Con una superficie coltivata di oltre 252mila ettari nell'Eame (Europa, Africa e Medio Oriente), e una produzione destinata per il 65% all'industria del surgelato e il 35% all'inscatolamento, il pisello si attesta come una coltura di primaria importanza nell'ambito delle orticole.
In base ai dati Istat nel 2017 sono stati prodotti 288.885 quintali di pisello proteico (destinazione zootecnica) su una superficie di 10.081 ettari, in calo rispetto al 2007 quando la produzione è stata di 332.098 quintali (la superfice però era di 9.840 ettari). Nel pisello da granella (destinazione mercato fresco e industria trasformazione) nel 2017 sono stati invece prodotti 201.953 quintali su una superficie di 6.965 ettari quando nel 2007 i quintali sono stati 89.340 (superfice di 89.340 ettari). Quest'ultimo dato è in linea con quanto indicato da recenti indagini che pongono l'Europa, in primis l'Italia, come il più grande mercato mondiale dei sostituti vegetali della carne, tanto che il 39% delle vendite attuali globali è proprio nel vecchio continente con tassi di crescita importanti. Si stima che il volume d'affari nel 2020 sarà di 5,2 miliardi di dollari (Report Rabobank, 2017).

Si segnala che il 17 aprile 2018 il Parlamento europeo ha approvato una strategia europea per promuovere le colture proteiche ed incoraggiarne la produzione (Risoluzione P8_TA-PROV2018/0095). Documento che segue la 'Dichiarazione europea sulla soia e sulle leguminose' firmata il 17 luglio 2017 dall'Italia e da altri 13 paesi europei allo scopo proprio d'incrementare la produzione di leguminose per alimentazione umana ed animale come contributo allo sviluppo di un sistema agricolo ed alimentare sostenibile e resiliente. L'Italia inoltre nel febbraio 2018, in una riunione presso il Mipaaft, ha espresso la volontà di sviluppare una strategia per lo sviluppo delle leguminose inserendosi proprio nella logica europea.
 
Primo piano di un baccello di pianta di pisello in piena produzione
Il consumo del pisello in Europa è in crescita, così come la sua coltivazione
(Fonte foto: © Qtree-Pixabay)

 

Un occhio all'ambiente ed al suolo

Il pisello da granella è, tra le leguminose, una delle piante che riesce a fissare maggiormente l'azoto atmosferico: 17-69 Kg all'anno di N/ha (Mahler et al. 1979). La soia rimane comunque la pianta da granella con il valore più alto con 60/170 kg all'anno di N/ha. Tra le piante da foraggio la leadership è per l'erba medica con 229-290 kg all'anno di N/ha (Collison e alt. 1983). Questo permette di autoprodurre l'azoto necessario alla propria attività biochimica (è un nutriente ad azione plastica che occupa una posizione unica tra gli elementi essenziali per la crescita), consentendo la riduzione dell'uso di concimi e l'aumento dei benefici ambientali. Questo processo è chiamato azotofissazione o fissazione dell'azoto atmosferico, che avviene tramite la nitrogenasi dell'azoto molecolare (N2) in azoto ammonico (NH3).

Il processo permette contemporaneamente di aumentare la disponibilità di azoto nel suolo e di ridurre l’azoto molecolare presente nell’atmosfera. Il tutto in modo naturale, apportando un vantaggio ecologico molto interessante. Diamo due dati: in Europa l'azotofissazione contribuisce solo per l'11% dell'intero flusso di azoto alle colture, mentre quasi il 50% dell'input d'azoto viene lisciviato nelle acque. E poi trasportare leguminose, soia in primis, da paesi lontani ha altri svantaggi: rischi d'insicurezza alimentare, elevati costi energetici di trasporto, deforestazione e costi ambientali e sociali che non sono più sostenibili. Inoltre le colture destinate alle proteine vegetali stimolano la rotazione tra colture depauperanti e colture da rinnovo, interrompendo la monosuccessione di cereali che negli ultimi anni sta creando gravi rischi di abbandono e/o depauperamento dei terreni.
 
Il pisello apporta una buona quantità di proteine vegetali
Il pisello e le leguminose sono al centro del greening della Pac 2015-2020
(Fonte foto: © Devanath-Pixabay)
 

Alcuni aspetti del greening

La nuova Pac, partita il 1° gennaio 2015, ha introdotto il greening, ovvero una serie di misure finalizzate ad interventi ambientali e paesaggistici. Un sistema di regole che molti agricoltori dovranno rispettare se vorranno accedere al cosiddetto 'pagamento verde': seconda componente in ordine d'importanza dopo il pagamento di base, con una percentuale fissa del 30% delle risorse finanziarie. Il 'pagamento verde' è previsto dagli art. 43-47 del Reg. 1307/2013.
Per quanto riguarda l'uso del pisello, e delle leguminose in genere, s'inserisce specificatamente nei punti legati alla differenziazione delle produzione e del rispetto dell'ambiente. Nel primo caso prevede la presenza di: almeno due colture nelle aziende la cui superficie a seminativo è compresa tra 10 e 30 ha (nessuna delle quali copra più del 75% della superficie a seminativo), almeno tre colture nelle aziende la cui superficie a seminativo è superiore a 30 ha (con la coltura principale che copre al massimo il 75% della superficie a seminativo e le due colture principali al massimo il 95%. Quindi la terza coltura deve coprire almeno il 5%). Esentate le aziende che hanno seminativo fino a 10 ettari.
Nel secondo caso obbliga gli agricoltori a destinare una quota del 5% dei seminativi dell’azienda ad aree di interesse ecologico (Efa-ecological focus area). Tale obbligo però è per le aziende con una superficie a seminativo superiore a 15 ettari, per almeno il 5% della superficie a seminativo dell’azienda. Le aziende di dimensione inferiore ai 15 ettari a seminativo sono esonerate dall’obbligo delle aree di interesse ecologico. Il 6 settembre 2017, oltre al noto divieto di effettuare trattamenti fitosanitari, il Mipaaft ha sancito che le colture azotofissatrici debbono compiere il loro naturale ciclo vegetativo, che va quindi dalla semina alla raccolta. Da evitare quindi l'attività del sovescio.
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