Il nome corretto è Indivia o Cichorium endivia, ed è un ortaggio a foglia originario del Bacino del Mediterraneo. In alcune aree italiane è un tradizionale contorno usato cotto, stufato e ripassato, che affonda le proprie radici in un passato lontano. Mentre in altre aree è usato più che altro come elemento integrante per le insalate, visto la sua elevata croccantezza.

Due sono le tipologie: Cichorium endivia var. latifolium o Indivia scarola (comunemente detta scarola) e Cichorium endivia var. crispum o indivia riccia.
Queste due non devono essere confuse con l’indivia belga o cicoria Witloof, che in olandese significa foglia bianca. Quest'ultimo aspetto è infatti la sua caratteristica principale: foglie di colore bianco e compatte. Questa sua colorazione è però frutto non della genetica ma dell'applicazione di una tecnica particolare di coltivazione che fa crescere al buio, e cioè sottoterra, i germogli.
 
INDIVIA RICCIA E SCAROLA
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Le indivie appartengono al genere delle cicorie, e sono molto apprezzate per le proprietà toniche, diuretiche e lassative. Presentano un elevato contenuto d'acqua (93%), bassi valori calorici (10-20 cal/100gr di prodotto), un rilevante contenuto di vitamine (A, B, C e K), composti antiossidanti e buon contenuto di sali minerali (potassio, calcio e ferro in primis).

Tendenzialmente le indivie hanno un sapore amarognolo, che i romani indicavano con il termine "intybus". Da qui il nome che la cicoria comune originariamente aveva: Cichorium intybus. Questa caratteristica portava a ritenerle utili come pianta medicinale: dall'uso contro la cattiva digestione (o problemi al fegato) ai dolori intestinali, dalle infiammazioni renali alla stitichezza.
 
Caspi di Indivia riccia pronti per essere venduti
L'Italia è leader mondiale per la produzione di Indivia riccia e scarola
(Fonte foto: © TPF - Pixabay)
 

Alcuni dati sulla produzione

L'Italia è il primo produttore al mondo d'Indivia riccia e scarola. I primi dati ufficiali risalgono al 1964, quando la superfice coltivata era di circa 12mila ettari complessivi. I decenni successivi sono stati caratterizzati da un trend positivo, fino al Duemila circa, quando le superfici coltivate hanno visto un lento calo.
In base ai dati Istat nel 2017 la superficie coltivata ad indivia riccia e scarola in Italia è stata di 36.070 ettari complessi, divisi tra gli 8.899 ettari in coltura pieno campo e i 27.171 in coltura protetta. La produzione totale è stata di 2.115.164 quintali, suddivisi tra i 2.036.426 del pieno campo e i 78.738 della coltura protetta. Nel 2010 sono stati coltivati complessivamente 34.977 ettari, divisi tra i 10.249 ettari in pieno campo e i 24.728 ettari in coltura protetta, per una produzione di 2.472.407 quintali, divisi tra i 2.400.003 in pieno campo e i 72.404 della coltura protetta.

Diamo uno sguardo alle regioni: in pieno campo la leadership è della Puglia con 3.515 ettari coltivati per una produzione di 681.600 quintali mentre in coltura protetta al primo posto c'è la Campania con 8.570 ettari per una produzione di 25.362 quintali (Fonte dati Istat, 2018). Anche le singole regioni in questi anni sono state protagoniste di un diverso trend produttivo: alcune sono salite mentre altre sono scese. 
 
Fiore di cicoria in un prato con insetto
In Italia le Indivie vengono coltivate sia in pieno campo che in coltura protetta
(Fonte foto: © Michi Nordlicht  - Pixabay)

 

Come viene prodotta?

L'indivia riccia può essere coltivata sia in coltura protetta che in pieno campo: nel primo caso viene seminata o trapiantata tra l'inizio di febbraio e la metà di marzo per poi essere commercializzata tra aprile e maggio, mentre nel secondo caso viene seminata o trapiantata tra l'inizio di febbraio e la fine di agosto per poi essere commercializzata tra metà maggio e fine dicembre.
Anche l'indivia scarola può essere coltivata sia in coltura protetta che in pieno campo: nel primo caso viene seminata o trapiantata tra l'inizio di marzo e la metà di aprile per poi essere commercializzata tra aprile e maggio mentre nel secondo caso viene seminata o trapiantata tra l'inizio di febbraio e la fine di agosto per poi essere commercializzata tra metà maggio e fine dicembre.
In natura è una pianta a ciclo biennale, ma che diventa annuale per esigenze commerciali e di coltivazione visto che siamo interessati alla rosetta fogliare che viene prodotta alla fine del primo anno e non siamo interessati allo scapo fiorale che viene prodotta nella primavera del secondo anno. 

"La raccolta dei cespi di scarola - spiega un produttore marchigiano - avviene quando la pianta ha raggiunto il pieno accestimento e produce quello che noi definiamo 'il cuore'. A questo punto i cespi vengono recisi a mano a livello del colletto, ripuliti dalle foglie vecchie e rovinate e poi disposti negli appositi contenitori di trasporto. Da qui raggiungono il magazzin, dove sono presenti le apposite celle frigorifero. La produzione media è di circa 30-40 tonnellate ad ettaro. E' buona norma effettuare la raccolta con cespi asciutti, per evitare eventuali problematiche in fase di conservazione. É uno dei prodotti tradizionali delle Marche. La sua coltivazione prevede l’imbiancamento naturale, ottenuto grazie alla legatura manuale dei cespi effettuata alcuni giorni prima della raccolta".
 
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