Si chiamano superfood, e sono quei cibi che hanno talmente tante proprietà benefiche da essere considerati fuori dall'ordinario. Una fotografia interessante sulla situazione italiana l'ha scattata la Nielsen, nell'ambito di una ricerca condotta in tutto il mondo dal titolo 'Health/wellness: food and medicine': l'Italia è tra i più grandi estimatori di questi cibi. Soprattutto se restringiamo l’ottica all'Europa. Così la nostra dieta si rivela molto più salutare e 'moderna' di quella dei vicini francesi, tedeschi, inglesi e spagnoli.

Diamo un'occhiata alla ricerca, condotta su un campione di 30mila individui in 63 Paesi, tra i quali l'Italia, con lo scopo di analizzare l'evoluzione degli stili alimentari e cogliere in anticipo nuovi trend.
"Un italiano su tre (33%) - spiega Nielsen Italia in una nota stampa di aprile - considera i superfood, tutti quei cibi che garantiscono benefici al corpo, addirittura come possibili sostituti dei farmaci. Molto apprezzati i fagioli, il ed il salmone (consumati rispettivamente dal 47%, 46% e 45% degli intervistati). Sono yogurt e noci, però, gli alimenti salutari preferiti dalla maggioranza degli italiani, venendo consumati regolarmente dal 59% e 49% degli intervistati. La Penisola è prima tra i grandi Paesi europei per il consumo di bacche di Goji (16% degli intervistati contro meno del 6% in Germania, Gran Bretagna e Spagna). Il 27% consuma spesso anche un altro tipo di bacca, ovvero il mirtillo".

 
Mangiare è diventato anche un valore culturale ed etico
(Fonte foto: ©TesaPhotography - Pixabay)


Questi dati ci dicono una cosa su tutte: per gli italiani "cosa si mangia" non è più solo una necessità fisiologica ma bensì un vero e proprio stile di vita, come dichiara il 40% della popolazione.
"Il cibo - continua Nielsen - è un indiscutibile valore culturale ed etico. Le nostre preferenze in fatto di alimenti raccontano chi siamo ed i valori che ci rappresentano. Per i retailer è sempre più importante comunicare ai consumatori come includere cibi salutari nella dieta: il 42% di loro vorrebbe, infatti, ricevere maggiori informazioni in proposito.
I dati sono molto interessanti in prospettiva visto che tre intervistati su quattro (75%) sono convinti di voler apportare cambiamenti alla propria dieta, dato maggiore rispetto a Francia (65%), Gran Bretagna (64%) e Germania (61%)".


In tutto questo si percepisce la volontà di avere un prodotto italiano e più naturale possibile. Per questo motivo la produzione italiana si sta adattando a questa richiesta, visto anche la contemporanea necessità di trovare nuove opportunità di reddito in alternativa alle coltivazioni più tradizionali. Senza dimenticare che le mutate condizioni climatiche accelerano questa trasformazione.

Avocado, bacche di Goji, melograno, mirtillonoce. Ecco cinque superfood che rappresentano oggi una nuova ed insolita fotografia degli italiani a tavola. Ma c'è qualcuno che in Italia li coltiva? Cinque produttori raccontano la propria storia.

 
Andrea Passanisi, titolare dell'azienda Sicilia Avocado
(Fonte foto: ©Sicilia Avocado - Pagina Instagram di Sicilia Avocado)

 
 

L'avocado sbarca in Sicilia

"Vengo folgorato da questo frutto - spiega Andrea Passanisi, fondatore di Sicilia Avocado - durante un viaggio in Brasile. E così nel 2000 decido d'impiantare avocado in Sicilia. In realtà già negli anni ’60 alcuni agricoltori siciliani ne avevano sperimentato la coltivazione sull'isola, senza però trovare una reale evoluzione. Non dobbiamo dimenticare che il terreno ed il clima di San Leonardello sono ideali per far crescere questo frutto tipico del Centro America. E' ubicato tra le pendici dell’Etna e il mar Ionio, nel pieno cuore della provincia di Giarre. Un terreno vulcanico permeabile e ricco di nutrienti, con acqua purissima raccolta da un pozzo romano profondo 130 metri, e un micro-clima mite. Le varietà che coltiviamo sono la Bacon, che si raccoglie da ottobre a dicembre, e la Hass che si raccoglie da dicembre fino a luglio.
  
Oggi il marchio Sicilia Avocado produce circa 250mila Kg di prodotto di altissima qualità, coltivate su una superficie di oltre 60 ettari, destinato al mercato sia italiano che europeo. Tutto di altissima qualità e prodotto con metodi tradizionali, tanto da aver ottenuto una certificazione biologica. Il nostro avocado infatti presenta qualità organolettiche uniche: polpa burrosa e cremosa (non spugnosa), sapore dolce e delicato ricco di micronutrienti. Tutta un'altra cosa rispetto ai frutti che arrivano dall'altra parte dell'Oceano Atlantico. Questo è il nostro elemento distintivo: una forte identità geografica che si differenzia in un mercato di grandi volumi. Il trend italiano dell'avocado è in crescita costante, anche se minore rispetto ad altri Paesi". 


Dal novembre 2016 la distribuzione su territorio italiano di questo avocado è in esclusiva di Spreafico, gruppo di Lecco leader nazionale nella filiera ortofrutticola.
Prossimamente il marchio Sicilia Avodaco entrerà a far parte del Consorzio Si.Tropical, creato da un gruppo di produttori di frutti subtropicali ubicati nell'area compresa tra le pendici dell'Etna e la costa del mar Ionio.

 
Frutti di Goij su pianta, anche in Italia si producono 
(Fonte foto: ©Goji Capo-Instagram)
 

Bacche di Goji, superfood tra i superfood

Goji Capo e Oh Sole sono marchi italiani che vendono bacche fresche di Goji (Lycium Barbarum) coltivate in Italia e prodotte al 100% attraverso un'agricoltura sostenibile. Questo frutto è ricco di sostanze benefiche. Il potere antiossidante della bacca di Goji raggiunge, infatti, 25mila/30mila Orac-Oxygen radical absorbance capacity (unità di misura per determinare il contenuto antiossidante), che prende in considerazione la capacità degli alimenti di assorbire i radicali dell’ossigeno. Questi valori sono molto alti se guardiamo altri superfood: il melograno raggiunge il valore di 11mila, il mirtillo di 3.750, il cioccolato fondente di 13.200, il lampone nero di 7.700 e le arance di 1.475.

"Iniziamo a coltivare Goji nel 2013 - spiega Nicola Donola, direttore commerciale di Goji Capo - quando Nicola e Nicolò Rizzo, titolari con la famiglia dell’Azienda Agricola Favella di Corigliano Calabro (CS), ci coinvolgono in questo progetto. Abbiamo capito subito che l'opportunità era interessante ma volevamo fare qualche cosa di unico, innovativo e totalmente italiano. E ci siamo riusciti. Oggi ci sono 15 ettari coltivati a Goji e 35mila piante. Il metodo di produzione adottato è alternativo: l'Organic Forest di Michel Barbaud, che esclude l’utilizzo di qualsiasi prodotto chimico di sintesi e promuove il rispetto per gli ecosistemi naturali, le biodiversità genetiche e i cicli biologici in seno ai sistemi agrari. Qui siamo oltre il biologico tradizionale. Il sistema d'allevamento è la spalliera, mutuando quanto viene fatto per la vite. E' una pianta perenne che si adatta bene alle condizioni pedoclimatiche italiane. Il nostro prodotto fresco è unico e viene venduto in alcuni punti vendita della Gdo: Despar e Eatily. La confezione è studiata in modo particolare per raccontare al meglio la sua storia ed il suo valore. Il materiale usato è compostabile e biodegradabile. Vendiamo anche succo puro di Goji (94% Goji e 6% limone) e confetture extra senza l'aggiunta di conservanti. Quest'anno è stato il primo anno vero di produzione (il terzo dell'impianto) e la quantità raccolta, interamente a mano, è stata di 3,5 kg per pianta".

 
Vincenzo Vanni Calvello Mantegna, uno dei 42 soci di Pomel e produttore di melograno
(Fonte foto: ©Pomel)
 

Melograno, un nuovo oro rosso?

Nella primavera del 2015 Vincenzo Vanni Calvello Mantegna dei Principi di San Vincenzo, proprietario di un’azienda agricola di oltre 600 ettari nel Comune di Alia (nel centro della Sicilia), ha realizzato un impianto di melograno in collaborazione con Pomel srl, azienda siciliana tra le prime in Italia a dedicarsi alla coltivazione specializzata del melograno.
"Nell’azienda - spiega Vanni Calvello Mantegna - si coltivano principalmente viti, fichi d’India, olivi, seminativi. Una parte è dedicata a pascolo. Oggi però abbiamo 5 ettari coltivati a melograno. Questa scelta è nata per differenziare le produzioni, ma anche perché crediamo che possa darci un certo ritorno economico". Un settore di prospettiva come questo, infatti, può dare nel futuro nuove opportunità di lavoro, in un territorio dove la disoccupazione è molto alta.

"L’impianto di melograno - continua Vanni Calvello Mantegna - è stato realizzato con un nuovo sistema, messo a punto da Pomèl, che prevede un’intensità di piante doppia rispetto al metodo israeliano ed è stato realizzato utilizzando non piante radicate, bensì con talee legnose messe a dimora direttamente in sito.
Quest'anno abbiamo fatto il nostro primo raccolto: circa 5 kg per pianta. I primi due anni ci hanno permesso di preparare la pianta alla produzione. Ho in programma di ampliare la superficie. Certo gli investimenti che richiede il melograneto sono importanti, ma la soddisfazione di vedere lo sviluppo delle talee e la bellezza dei frutti di quest’anno mi hanno conquistato. Il prezzo medio realizzato da Pomèl negli ultimi anni è stato costante e se fosse mantenuto, unitamente all’entrata in piena produzione delle piante (dal quinto anno la resa arriva fino a 100 kg per pianta) garantirebbe un reddito soddisfacente nel futuro, specie se si riescono a ottenere frutti di buona qualità come quelli che hanno prodotto le mie piantine”. 
 
Marika Servadei, titolare dell'Az. Agr. Rio del Sol e produttrice anche di piccoli frutti e melograno
(Fonte foto: ©AgroNotizie)
 

Il Mirtillo di Romagna, il gusto ci guadagna

"Fino a qualche anno fa - spiega Marika Servadei, dell'azienda l'azienda Rio del Sol - producevo molti kiwi, coltura tipica dell'areale collinare tra Forlì e Faenza. I nostri impianti però sono stati colpiti dalla batteriosi (Pseudomonas syringae pv actinidiae) e così siamo stati costretti ad abbattere molte piante. Se volevamo andare avanti dovevamo riconvertirci. Ma la scelta non era facile. Durante un viaggio in Cile, secondo produttore mondiale di mirtillo dopo gli Usa (Fonte Fao), ho conosciuto il mirtillo americano e ne sono rimasta folgorata e così ho deciso nel 2011 di piantarne circa un ettaro presso le colline di Petrignone di Forlì. Visti poi i risultati ottenuti negli anni successivi ho piantato nel 2014 un altro ettaro".

"La positività della nostra esperienza è sicuramente dovuta all'idoneità del terreno di coltivazione ed alla corretta gestione imprenditoriale dell'azienda. Il mirtillo infatti è una specie estremamente esigente: predilige terreni leggeri, anche se tollera alti livelli di argilla, ricchi di sostanza organica (5-10% almeno) ma soprattutto privi di calcare ed a reazione molto acida (pH compreso fra 4 e 5,5). Ha necessità di frequenti irrigazioni. Concimiamo ed irrighiamo con sostanze tendenzialmente acide, allo scopo di dare al terreno il giusto livello di acidità. Abbiamo adagiato le piante su dei 'cuscini' di torba all'atto della loro deposizione in campo allo scopo di migliorare il drenaggio dell'acqua ed evitare pericolosi ristagni idrici e migliorare lo sviluppo dell'apparato radicale. Le varietà che abbiamo scelto sono Duke (la più precoce), Brigitta (l'intermedia) e Blue Crop (la più tardiva). Queste tre varietà ci permettono di coprire una finestra produttiva di circa cinque settimane che va mediamente da metà maggio alla fine giugno".


 
Alberto Valier produttore di noci da oltre 25 anni
(Fonte foto: ©Az. Agr. Valier - www.valier.it)
 

Noce, piace sempre di più

La noce è un piccolo gioiello della natura, una bontà ricca di preziose sostanze benefiche. Le alte concentrazioni di acidi grassi Omega-3, vitamina E e Arginina la rendono un alimento unico che può contribuire al nostro benessere. 
25 anni fa la famiglia Valier ha deciso d'investire nella coltivazione della noce. Alberto Valier ha dato il via a una tradizione che oggi Daniele, Bernardo e Giacomo stanno portando avanti. Oggi la storia della noce in Italia è legata a questa famiglia e la voglia di rinnovare ogni giorno questa tradizione non si esaurisce. "Preferisce ambienti eterogenei dal punto di vista climatico - spiega Alberto Valier, dell'azienda agricola Valier di Rovigo -, visto che necessita di un certo numero di ore di freddo e di caldo. Da evitare le zone litorali del sud Italia. Il suolo deve essere sano, ben aerato, con scarso ristagno idrico, con basso calcare attivo ed il pH non deve essere eccessivamente acido. E' da piantare in terreni fertili e non marginali".

"Tra gli aspetti di tecnica colturale più critici sono da evidenziare l’importanza dell’approvvigionamento idrico e della difesa fitosanitaria. La pratica dell’irrigazione è necessaria per mantenere elevati standard produttivi e qualitativi. Per creare un impianto medio servono 10-12mila euro all'ettaro (240 piante ad ettaro con sesto 7x6 metri), a cui vanno aggiunti altri 10-12mila euro/ettaro per allevare le piante fino al 5° anno. Dal 5° anno si inizia a guadagnare, con prospettive decisamente interessanti. A partire da 5° anno e fino al 25° anno (termine ipotetico di fine carriera) i costi di produzione sono circa 8-9 mila euro/ettaro, tra spese di ammortamento e di gestione vera e propria. La Plv stimata è di circa 17mila euro all'ettaro, ipotizzando un prezzo di vendita di 3,50 euro al chilo e una produzione di 50 quintali/ettaro. Visto i costi e le cure è necessario un investimento di almeno 10-15 ettari".


Recentemente Plantgest ha prodotto un breve video-documentario sul melograno per raccontarvi come può essere coltivato da Bolzano a Lampedusa. Guardalo!

 
 
Ecco il video-documentario sul melograno prodotto da Plantgest.com
(Fonte video: ©Plantgest)